Come una piuma, un soffio soave mi porta alla nave sul fiume Po. Sognare non so, mi sento leggera, ma non è primavera sulle rive bagnate e ancora gelate del nostro fiume. Come le piume di timidi uccelli, varco i cancelli di parchi e giardini, salgo i gradini davanti alla nave e un soffio soave mi spinge da te.
Perle di vento, parole d'argento, anelli di fiori, dorati colori, collane di stelle, le spille più belle baciate dal sole. Sono tra quelli e migliori gioielli che tu mi hai donato.
Vibranti corde del cuore or sono le sole a scriver la vita con gesto di matita. Chiudere gli occhi e sentire attraverso le note di un verso apparire l'istante del bacio mancante del vento a levante. Disegnare l'essenza di quella parvenza di luci felici, di rintocchi interrotti di campane lucenti. Se scrivi le senti le corde del cuore, vibrare talvolta da sole e matita ti dice che sarai ancor felice.
Tu pensi non vere le nostre atmosfere sospese nel vuoto. Tu credi che nuoto in un mare in tempesta e che non sarà sempre festa nel lungo cammino. Poi passa la gioia, tu dici e irte pendici ci tocca scalare se si vuol sempre amare. Se sarem buoni amici, tu pensi tu credi tu dici, non soffriremo e terremo saldo quel remo nel navigare per cielo, per terra, per mare. Se mi stessi ad ascoltare lo sapresti tu che fare e sarebbero più vere queste splendide atmosfere.
Non essere insieme nel viver comune, ma sentirsi vicini al chiarore di un lume: può essere un sogno. Sentirsi non soli insieme al destino, sentirsi migliori tra gioie e dolori: è sempre un mistero. Non è cosi strano sentire il calore in mezzo al vapore, fermare l'istante vicino e vibrante, avere una luce che il tempo non spegne. Il sentirsi non soli è seguire una stella e la vita ci appare comunque più bella.
Umido vapore scende sul vetro, appanna il tepore e guardo là dietro: non s'ode rumore, né luce del sole trapassa il momento. Né sogno d'argento produce sorrisi, né l'idea disegnata, lasciata, passata, può ancora apparire e far arrossire. Umido dentro, col gelido pianto non impedisce a quel seme che unisce di creare colore e il bel ciclamino con note di sole, ci insegna il cammino.
Salti nel nulla o forse ancor sulla fantastica attesa di una nota sorpresa. Vertigini grigie: salendo, scendendo con grosse valige ricolme di sogni, da monti, da colli, da pensieri un po' folli. Vertigini al suono di un campanello: mi giro, non vedo ciò che sogno e in cui credo. Afferro l'idea che la vertigine crea, continuo il cammino, tra la nebbia al mattino.
Sbiaditi colori di rose ed odori persi nel tempo, coperti e celati dal freddo arrivato. Ancora rosato è il celere lento di un sentimento che dietro a quel velo non accenna a sbiadire. Non sai più che dire al sole coperto: non scalda non scotta ma tutte le tocca le note del cuore, di baci di abbracci di belle avventure, di frasi future rinchiuse là fuori in sbiaditi colori.
Col naso rosso cammino e non posso seguire le rime che saltano e vanno dove non sanno. Inventano fuoco solo per gioco, sfidano il gelo e cercano il pelo di pecore e agnelli. Rime e ritornelli del freddo arrivato, il naso è gelato e i ricordi del sole scaldano più di rime e parole.
Di ghiacci e ghiaccioli un gran carosello che prende al cervello, iberna la mente e questo presente vestito di bianco e così trasparente. Coprirsi non serve, lo senti lo stesso quel freddo pungente che penetra dentro e ragioni non sente. La sciarpa di lana avvolge i pensieri, ma non scalda e risana il cuore che batte; è più lento, lo sento qua dentro, tra respiri soffiati su vetri appannati.