Mare insondabile! Le cui onde sono anni, Oceano del tempo, le cui acque di profonda pena sono salmastre per il sale delle lacrime degli umani. Tu diluvio inarginabile, che nel tuo flusso e riflusso cingi i limiti di ciò che è mortale e nauseato di prede eppure gridi per una ancora e vomiti i tuoi relitti sulla sponda inospitale, infido nella bonaccia, e terribile nella tempesta chi metterà gemme su di te Mare insondabile?
Camminavo sulla sabbia. Bassa marea. E giù, oltre, la curva, scrissi un verso sulla sabbia. E in quel verso scrissi quel che la mia mente pensava e ciò che la mia anima desiderava. E quando la marea fu alta, ritornai, ancora, su quel lido, e di ciò che avevo scritto nulla trovai. trovai solo i segni del bastone di uno che aveva lì camminato da cieco
Antico, sono ubriacato dalla voce ch'esce dalle tue bocche quando si schiudono come verdi campane e si ributtano indietro e si disciolgono. La casa delle mie estati lontane, t'era accanto, lo sai, là nel paese dove il sole cuoce e annuvolano l'aria le zanzare. Come allora oggi in tua presenza impietro, mare, ma non più degno mi credo del solenne ammonimento del tuo respiro. Tu m'hai detto primo che il piccino fermento del mio cuore non era che un momento del tuo; che mi era in fondo la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso e insieme fisso: e svuotarmi così d'ogni lordura come tu fai che sbatti sulle sponde tra sugheri alghe asterie le inutili macerie del tuo abisso.
Ondeggia, Oceano nella tua cupa e azzurra immensità. A migliaia le navi ti percorrono invano; L'uomo traccia sulla terra i confini, apportatori di sventure, Ma il suo potere ha termine sulle coste, Sulla distesa marina I naufragi sono tutti opera tua, è l'uomo da te vinto, Simile ad una goccia di pioggia, S'inabissa con un gorgoglio lamentoso, Senza tomba, senza bara, senza rintocco funebre, ignoto. Sui tuoi lidi sorsero imperi, contesi da tutti a te solo indifferenti Che cosa resta di Assiria, Grecia, Roma, Cartagine? Bagnavi le loro terre quando erano libere e potenti. Poi vennero parecchi tiranni stranieri, La loro rovina ridusse i regni in deserti; Non così avvenne, per te, immortale e mutevole solo nel gioco selvaggio delle onde; Il tempo non lascia traccia sulla tua fronte azzurra. Come ti ha visto l'alba della Creazione, così continui a essere mosso dal vento. E io ti ho amato, Oceano, e la gioia dei miei svaghi giovanili, era di farmi trasportare dalle onde come la tua schiuma; fin da ragazzo mi sbizzarrivo con i tuoi flutti, una vera delizia per me. E se il mare freddo faceva paura agli altri, a me dava gioia, Perché ero come un figlio suo, E mi fidavo delle sue onde, lontane e vicine, E giuravo sul suo nome, come ora...
Che puro gioco di lampi sottili consuma ogni diamante d'impalpabile schiuma, e quanta pace che sia nata sembra; quando sopra l'abisso un sole posa, opere schiette d'una causa eterna, scintilla il tempo e il sogno è conoscenza.
Uomo libero, tu amerai sempre il mare! Il mare è il tuo specchio; contempli la tua anima Nello svolgersi infinito della sua onda, E il tuo spirito non è un abisso meno amaro. Ti piace tuffarti nel seno della tua immagine; L'accarezzi con gli occhi e con le braccia e il tuo cuore Si distrae a volte dal suo battito Al rumore di questa distesa indomita e selvaggia. Siete entrambi tenebrosi e discreti: Uomo, nulla ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi, O mare, nulla conosce le tue intime ricchezze Tanto siete gelosi di conservare i vostri segreti! E tuttavia ecco che da innumerevoli secoli Vi combattete senza pietà né rimorsi, Talmente amate la carneficina e la morte, O eterni rivali, o fratelli implacabili!
O graziosa luna, io mi rammento che, or volge l'anno, sovra questo colle io venia pien d'angoscia a rimirarti: e tu pendevi allor su questa selva siccome or fai, che tutta la rischiari. Ma nebuloso e tremulo dal pianto che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci il tuo volto apparia, ché travagliosa era mia vita: ed è, né cangia stile, o mia diletta luna. E pur mi giova la ricordanza, e il noverar l'etate del mio dolore. Oh come grato occorre nel tempo giovanil, quando ancor lungo la speme e breve ha la memoria il corso, il rimembrar delle passate cose, ancor che triste, e che l'affanno duri!
Nel mondo rotondo a volte confondo presente e passato. Azioni riflesse a volte complesse, figure convesse al tutto connesse, si muovono insieme come conviene al mondo che gira. Torna il passato, passa il presente, ancora si ascolta ciò che una volta creava emozioni. Le stesse canzoni sul cuore confuso, che colgo e non uso, perché so che confondo i giri del mondo.