Ogni mattina allo spuntare del giorno, all'apparire dell'attesa aurora sorgesse il sole o spirasse bora * o ch'estate fosse o piovoso inverno
senz'alcun'indugio al campicello sperando mettere qualcosa nel paniere t'incamminavi per la ricerca giornaliera, con chissà qual'altri pensieri nel cervello:
Quante volte, però' fu la ricerca vana, quante volte il ritorno fu triste e deluso che vuota fu la cerca quotidiana e altro giorno in fame s'è concluso.
Nel desolato teterrimo abituro, sfumata la speranza del mattino tutt'intorno t'appariva ancor più scuro ma la speranza non avea confino.
In quegl'anni di epidemica carestia puranco d'affetti, nonna, fosti scarsa. Povera in tutto, o nonna, io nol capia perciò lo cuore me lo stringe morsa.
Grande, se solo poco avessi riflettuto t'avrei qualche sospiro, forse, lenito. Nol feci, più nulla or posso, t'ho perduto! Il rimorso mi rode all'infinito.
D'Epifania, d'incerto sole, in tiepida giornata, giunge la prima Gemma tant'amata. Brillano i suoi occhi per bontà ed amore, di tenerezza mi riempie il cuore. Suo lamento è dolce nota, bel carattere denota.
La seconda, ch'è seconda in tempo, di luce brilla più del firmamento; lunghi capelli, grand'occhi, luminoso viso a giugno mi perviene all'improvviso. Tutto piglia, tira, strilla, tutt'intorno ad ella brilla.
In un febbraio tetro, freddo e gelo la terza, poi, calata m'è dal cielo; di gioia sussultar fa l'alma mia mentre m'appresto a dir l'Ave Maria. Occhio piccolo, lucente, sguardo fermo, intelligente.
Nell'odoroso di fiori e biancospino maggio mi giunge all'improvviso il grand'omaggio di quarta Gemma splendida, lucente che tra le Gemme è Gemma delle Gemme. Tosto pare assai carino, un tantino birichino.
A capodanno la quinta mi compare venuta all'improvviso a illuminare la nera notte di fulmini percossa, di vento e tuoni forti molto scossa. Di furbizia mente fina lesto offre lo spuntino. *
Cinque di Gemme splendide ho nel cuore, ognuna d'inestimabile valore. La vita che pur tanto m'ha deluso in fin sì grandi beni m'ha profuso.
In tempo sì volgare e traffichino Ove d'imperio regna corruzione pare non vero trovare uomo sì buono che qui m'appresto a dare descrizione: Età apparente sulla quarantina, altezza un metro e una settantina; di peso pare poco più di norma, tronco ben fatto, d'elegante forma.
Animo incline, lesto alla bisogna La costumanza sua nessuno lagna. Ben educato, colmo di franchezza Nessuno lamenta sua castigatezza. D'Ippocrate difficil via ha intrapreso E ad ogni male dà il giusto peso, con grande lena a mo d'uccel rapace esegue il suo lavoro, ascolta e tace.
Spiccata perspicacia in mente alberga Onde in certezza sua ricetta verga; il suo intelletto non resta mistero ché nel diagnosticare è sempre vero. Di sì gran dote l'ha fornito Iddio Alfin che poco badi al proprio io Ma dell'altrui sventura Ne fia propria premura.
Quando ch'ancora il latte mi donava persi l'aggrappo a lauta mammella di quella nobile figura dolce e bella che sopra al core suo mi dondolava. Un dì per smisurata malasorte in fretta si partì per luminosa via lasciandomi di nettare desiosa alfin di Dio venire a maestose Porte.
Inver con me voleva ella restare ma divin Forza al ciel la fa carpire e a nulla valser lo suo reagire né le suppliche mie per fer voltare. Troppo piccina per attaccarmi a Te, Madre Divina, che se possanza avessi avuto per'amore Tuo, e gl'eccessi pianti, per caritade, mi sarei gaudente.
Qual uccelletto io ancora implume restar volevo nel mio caldo nido ma lo destino tristo quant'infido non volle lì mettessi le mie piume. Pregarti, allora, Madonna, non potevo ché ancor lo cervel mio non connetteva né la mia lingua verbo ancor diceva né di mie gambe passo alcun movevo.
Ma ora che lo cervello s'è ingrandito e lo cuor mio per malor si è spanso e molto a ragionar riesco e penso a questa preghiera l'ascolto Tuo invito: Se darmi non vuoi ancor l'amata mamma perché poss'io toccarla e abbracciarla, se in Cielo vuoi Tu ancora trattenerla privandomi ognora della mia fiamma
fa ch'io giunga almeno ai Tuoi piè santi, fa che alla scala dell'empireo approdi, lascia almeno lì che la mia mamma godi e di sospiri la copri e di miei pianti.
Ricchezza di cose, case e palazzi, abbondanza di roba e di denaro da sempre questo gli uomini cercaro; per questo furo eternamente pazzi.
Per essi cedono affetti, bimbi, ragazzi, calpestano sovente la coscienza, ripudiano la propria figliolanza. Son porci rozzi, luridi e pur sozzi.
Questo e ben altro è la vil ricchezza che in vero è solo squallida miseria in quanto al male volta e a cattiveria; assai lontana d'Egli, àncora di salvezza.
Vera ricchezza è quella che in cuore si tiene, che di spirito è, non materia e all'animo più apporta miglioria e sa donare con ardore amore.
Quest'ultima tu abbia d'abbondanza e a uso dell'altrui mettila in atto, per gli altri l'amor tuo sia loro motto, non sia timor, se in altri discrepanza.
Quell'altra lascia l'abbiano gli avari, miscredenti, ipocriti, triviali. Destino loro è sol bocconi amari ché di lor cattiveria traboccano gli annali.
Tu sei gioiello d'altissimo splendore; restati bella nel tuo bel candore, non offuscare, mai, per l'altrui l'amore, lasciati guidare dal nobile tuo cuore.
Come il tempo che va e lesto fluisce, come fiume che in mare presto finisce, come l'erba che nasce e tosto appassisce, come una pianta di rosa che fiorisce e in vita poco resta, indi perisce così è la gioventù: Presto svanisce.