Ogni mattina allo spuntare del giorno, all'apparire dell'attesa aurora sorgesse il sole o spirasse bora * o ch'estate fosse o piovoso inverno
senz'alcun'indugio al campicello sperando mettere qualcosa nel paniere t'incamminavi per la ricerca giornaliera, con chissà qual'altri pensieri nel cervello:
Quante volte, però' fu la ricerca vana, quante volte il ritorno fu triste e deluso che vuota fu la cerca quotidiana e altro giorno in fame s'è concluso.
Nel desolato teterrimo abituro, sfumata la speranza del mattino tutt'intorno t'appariva ancor più scuro ma la speranza non avea confino.
In quegl'anni di epidemica carestia puranco d'affetti, nonna, fosti scarsa. Povera in tutto, o nonna, io nol capia perciò lo cuore me lo stringe morsa.
Grande, se solo poco avessi riflettuto t'avrei qualche sospiro, forse, lenito. Nol feci, più nulla or posso, t'ho perduto! Il rimorso mi rode all'infinito.
La serenità non è roba palpabile tanto che cosa non è manco visibile, nemmanco è qualcosa d'acquistabile possederla, però, è anche possibile.
Di quel che si ha bast'essere contento; ti basti il dieci, non cercare il cento, non t'irritar se forte soffia il vento mentre la pioggia speravi qual'evento.
Non pensar quel che potea ma che non fu pensa, invece, piuttosto a quel ch'hai tu, non desiare di scala andar sempre più su fermati! Guarda quant'altri a te son giù.
Indi, restando immoto di serenità l'animo t'è pervaso ché sazietà ha per quel che il Ciel gli ha dato e l'essere n'è tutto inebriato.
Ah! Se potessi essere non io e al par di Dante mi facesse Iddio dell'Esercito branca tant'onesta con diligenza canterei le gesta. Con mano lesta stilerei lo scritto e, di Te, Grande, narrerei l'editto.
Se, poi, di Giotto avessi mente esperta Tua storia pingerei con mano certa; l'illustrerei su tela ricamata come nessuna mai fu disegnata. A Dio che innalza e abbassa pregherei Onde uguagliare altra mai potrei.
Se del musico Verdi avessi l'estro le lodi canterei da gran maestro: Le canterei al suon di cornamusa e in ciel l'innalzerei, storia diffusa. Dolce all'orecchio il suono giungerebbe Tal che manco melodia d'Angeli terrebbe.
Povero sono, però, in mente e arte perciò ogni velleità metto da parte; il sangue forte pulsa nelle vene sferzando nel cervello forti pene. In minuetto mi muovo in queste righe come formica nel trascinar le spighe. M'accosto, con timore, tremolante a narrare di Te, Uomo importante.
Degno di fede e di vetusto onore il bene altrui alberghi dentro al cuore, da sempre per l'altrui la vita doni: Fedele più dei cani ai lor padroni. Quella divisa nera a strisce rosse vanta conquiste di molte riscosse: La porti con l'orgoglio del gran Fante d'importante battaglia reduce zelante...
Ti volle Emanuele Primo di Sardegna quale tutore d'ordine e di legge; presente sempre dove il male affligge resti al tuo posto fino alla consegna: Rivedo la battaglia di Pastrengo, della Sforzesca e quella di Novara, per questo dentro al cuore mio Ti tengo e la Figura Tua m'è dolce e cara.
In Aspromonte e sul silano monte hai combattuto lotte da valente, avverso i disonesti, per l'ostaggio, reprimesti nel silenzio il brigantaggio. In Libia fosti a conquistar medaglie lasciandoti alle spalle molte Spoglie, nella campagna fosti a Senafè e combattesti in quel di Macallè.
Del sangue Tuo inondasti Podgora e quel Tuo sacrificio vale ancora, mostrandoti al dovere servo ligio rendesti alla Nazione gran servigio. Nei secoli fedele: Qesto il Tuo Motto fedele resti in tal mondo corrotto, lo fai per dedizione al Tuo dovere, degno sei d'ogni stima, carabiniere.
C'è un omino assai bellino che fa spesso il birichino; L'ho amato da piccino e lo penso ogni mattino. Lui con me tiene un segreto, di svelarlo abbiamo il veto. Se, però, non ubbidisce quest'intesa tosto svanisce.
D'Epifania, d'incerto sole, in tiepida giornata, giunge la prima Gemma tant'amata. Brillano i suoi occhi per bontà ed amore, di tenerezza mi riempie il cuore. Suo lamento è dolce nota, bel carattere denota.
La seconda, ch'è seconda in tempo, di luce brilla più del firmamento; lunghi capelli, grand'occhi, luminoso viso a giugno mi perviene all'improvviso. Tutto piglia, tira, strilla, tutt'intorno ad ella brilla.
In un febbraio tetro, freddo e gelo la terza, poi, calata m'è dal cielo; di gioia sussultar fa l'alma mia mentre m'appresto a dir l'Ave Maria. Occhio piccolo, lucente, sguardo fermo, intelligente.
Nell'odoroso di fiori e biancospino maggio mi giunge all'improvviso il grand'omaggio di quarta Gemma splendida, lucente che tra le Gemme è Gemma delle Gemme. Tosto pare assai carino, un tantino birichino.
A capodanno la quinta mi compare venuta all'improvviso a illuminare la nera notte di fulmini percossa, di vento e tuoni forti molto scossa. Di furbizia mente fina lesto offre lo spuntino. *
Cinque di Gemme splendide ho nel cuore, ognuna d'inestimabile valore. La vita che pur tanto m'ha deluso in fin sì grandi beni m'ha profuso.
In tempo sì volgare e traffichino Ove d'imperio regna corruzione pare non vero trovare uomo sì buono che qui m'appresto a dare descrizione: Età apparente sulla quarantina, altezza un metro e una settantina; di peso pare poco più di norma, tronco ben fatto, d'elegante forma.
Animo incline, lesto alla bisogna La costumanza sua nessuno lagna. Ben educato, colmo di franchezza Nessuno lamenta sua castigatezza. D'Ippocrate difficil via ha intrapreso E ad ogni male dà il giusto peso, con grande lena a mo d'uccel rapace esegue il suo lavoro, ascolta e tace.
Spiccata perspicacia in mente alberga Onde in certezza sua ricetta verga; il suo intelletto non resta mistero ché nel diagnosticare è sempre vero. Di sì gran dote l'ha fornito Iddio Alfin che poco badi al proprio io Ma dell'altrui sventura Ne fia propria premura.
Forgiata da Mastro che dei maestri è Mastro di nobili metalli in uno fusi cornice pende, di fiori ricamata. Non di minore pregio nastro la regge che, ad avorio appeso, più regal la rende.
Da sfondo, luminoso come sole, appare un cuore che a caratteri di fuoco ha inciso: Amore. Dal dio Vulcano indelebile la stampa è apposta che alle cure affidata l'ha della dea Vasta
che al focolar dei buoni è attenta e lesta. Nel mezzo, la cornice, un quadro la sovrasta ch'a le immagini di tre racchiuse in una da divinità bendata, detta Fortuna.
Una, grande e possente è la figura che alle altre due profonde dolce cura. Dal petto emette solo dolci suoni; dolce lo sguardo, occhi belli e buoni.
Gentile nel suo far, cortese in tutto grand'albero v'appar cui pende buon frutto, Il frutto coprodotto è dolce e fresco ch'anco il pianto per l'anima è rinfresco.
Altra dolce e buona figura l'accompagna ch'è degnamente degna sua compagna; reso felice ha lui col pregiato frutto, ella è felice mamma e moglie in tutto.
Assai più bello è il quadro quì descritto ma riportar su carta non m'è concesso ché ai soli Grandi ascritto è tal diritto: Sol loro, a cose belle, han riservato accesso.
Quando ch'ancora il latte mi donava persi l'aggrappo a lauta mammella di quella nobile figura dolce e bella che sopra al core suo mi dondolava. Un dì per smisurata malasorte in fretta si partì per luminosa via lasciandomi di nettare desiosa alfin di Dio venire a maestose Porte.
Inver con me voleva ella restare ma divin Forza al ciel la fa carpire e a nulla valser lo suo reagire né le suppliche mie per fer voltare. Troppo piccina per attaccarmi a Te, Madre Divina, che se possanza avessi avuto per'amore Tuo, e gl'eccessi pianti, per caritade, mi sarei gaudente.
Qual uccelletto io ancora implume restar volevo nel mio caldo nido ma lo destino tristo quant'infido non volle lì mettessi le mie piume. Pregarti, allora, Madonna, non potevo ché ancor lo cervel mio non connetteva né la mia lingua verbo ancor diceva né di mie gambe passo alcun movevo.
Ma ora che lo cervello s'è ingrandito e lo cuor mio per malor si è spanso e molto a ragionar riesco e penso a questa preghiera l'ascolto Tuo invito: Se darmi non vuoi ancor l'amata mamma perché poss'io toccarla e abbracciarla, se in Cielo vuoi Tu ancora trattenerla privandomi ognora della mia fiamma
fa ch'io giunga almeno ai Tuoi piè santi, fa che alla scala dell'empireo approdi, lascia almeno lì che la mia mamma godi e di sospiri la copri e di miei pianti.