Le migliori poesie di Giuseppe Freda

Nato a Napoli (Arabia Saudita)
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Scritta da: Giuseppe Freda

Palpito

Penso la luce triste
fioca sull'orizzonte,
ed una mano nera
che torturava cuori
di notte,
quando bambini buoni
volano tra le stelle
di calde fiabe bianche,
senza spiegare ali
nel buio.

Vedo la strada stanca
grigia di pietre mosse,
e l'angelo deluso
chino sopra cristalli
di vento
sparsi dentro le nubi:
ghiacci di fantasia;
torce di paradiso
scagliate verso ombre
di sole.

Sogno sorrisi dolci,
e occhi profumati
di lacrime pensose
su guance tempestate
di perle:
morbida come erba
sopra una roccia viva
di certezza che nasce,
prendimi per la mano,
speranza.
Giuseppe Freda
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    Scritta da: Giuseppe Freda

    Vuoto

    Sogni, lamenti,
    grida di gioia,
    smeraldi luccicanti
    stanotte ho udito
    vagare lenti
    nella radura.

    Poi ti ho veduto,
    e ho pianto.
    Parlare, no.
    Gridare, no.
    Pregare, piangere,
    morire, no.

    Resti qui muto,
    e guardi fisso
    dentro la mia anima,
    dentro i miei antichi
    nervi di marmo...
    perciò ti uccido,
    e canto.

    Canto alla Luna,
    e sogno un mondo nuovo,
    dove il vuoto sia falso,
    il vero vero,
    la vita, vita...
    e nel cielo sereno
    le stelle sappiano
    in silenzio brillare;
    o vivere, ed amare.
    Giuseppe Freda
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      Scritta da: Giuseppe Freda

      Pianto tenue

      Suona ancora
      quella chitarra lontana,
      e mi tormenta ogni sera,
      mi scortica vivo
      quel pianto tenue
      sospeso nel vento
      caldo d'estate,
      che mi accompagna
      nella nebbia fittissima
      che cela il tuo volto
      coperto di veli,
      tremendo
      in quel mescersi assurdo
      di gioia e di dolore,
      di luci e di ombre fuggenti,
      o fantasma indistinto
      che mi tormenti ogni sera
      e mi scortichi vivo
      ghignando
      nel pianto tenue
      del vento caldo d'estate.
      Giuseppe Freda
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        Scritta da: Giuseppe Freda

        Le scale

        Le scale:
        chi le scende, chi le sale,
        chi ne è sceso e le risale,
        chi le guarda e gli vien male,
        chi diventa un animale
        a vedere chi le sale
        con fatica minimale
        in virtù del nazionale
        calcio in culo sindacale,
        baronale, clericale,
        sessuale, episcopale...

        Ma...

        c'è chi vive un sostanziale
        equilibrio razionale
        tra l'affanno esistenziale
        e la lotta abituale
        di chi scende, chi risale,
        chi li guarda e gli vien male,
        chi diventa un animale
        a guardare chi le sale;
        e sta là, col cannocchiale,
        nella piana alluvionale,
        dove non ci sono scale.

        Non le scende, non le sale;
        e gli sembra innaturale,
        maniacale, demenziale,
        quella scala artificiale,
        quel furente carnevale,
        quella stramba cattedrale
        di miserie e capitale,
        quel groviglio colossale
        sindacale, baronale,
        sessuale, episcopale,
        comunale, provinciale,
        nazionale, universale...

        Non le scende, non le sale.
        E neanche gliene cale.
        Giuseppe Freda
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          Scritta da: Giuseppe Freda

          Perciò resto qui ad aspettare (canzone)

          Un uomo sedeva in silenzio,
          guardando una vetta lontana.
          Gli dissero: "Vieni, è finita".
          Ma lui rimase a scrutare
          le cime splendenti di neve,
          e ai prati deserti,
          ai fiori morenti,
          all'ultimo raggio di sole,
          all'ultima stilla divina
          rimasta a vedere la fine
          rispose:
          "Ho visto sbocciare una vita,
          ho visto sorridere un fiore,
          ho visto le stelle
          specchiarsi nel mare,
          ho udito il respiro profondo dell'onda
          baciare la riva bagnata di sole.
          Perciò resto qui, ad aspettare".
          Giuseppe Freda
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            Scritta da: Giuseppe Freda

            L'armatura di ghiaccio

            Un uomo si era coperto
            di una spessa armatura di ghiaccio,
            per difendersi contro se stesso,
            perché gli altri sapessero
            che era grande,
            grande più di loro,
            grande più dei loro grandi.
            Ma è spuntato il sole
            ed è rimasto nudo,
            esposto al loro ludibrio,
            alla loro pietà.

            "Calpestiamolo finché possiamo,
            prima che la luce del sole
            raggiunga anche noi".
            Giuseppe Freda
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