Trovo dubbi, nel mio consueto, senza cercarli, senza smuovere domanda alcuna. Li trovo mio malgrado nelle certezze, nei locali gombri di verità vera. Non mi lasciano, vivono di me sulle mie spalle, in ogni pensiero "malato", in ogni mio attimo di verità. Nell'attesa della piramide di indubbia ragione, di razionalità vera.
La dolcezza è l'espressione dell'emergenza che preferisco.
Ditemi voi cos'è il bello e cos'è la giustizia; cosa intendete per verità. Ditemi voi tutto, perch'io non so più che il nulla. Cara, non odo che i tuoi passi sinceri, nel nostro piccolo rifugio che ci accoglie, ogni qual volta che il mondo si fa triste e duro, ed io sono incapace di accettare e comprendere.
Ogni quel tanto, mi prendo gli utili/inutili spazi che la vita consente, oltre la sua disciplinata condotta che tutti conduce. Che orrenda la vita, ed io che godo del dono di non poco conto, il privilegio di non essere cibo.
Vi attendo al primo sole del mattino, nella stazione dell'ultima nebbia, ad ogni partenza del treno.
E quanta stranezza sopporto, per questa profonda empatia che mi intrattiene, per ogni vivente che sia, e che non sta bene.
Provate voi a combattere l'ingiustizia con la giustizia.
Se la vita fosse la malattia che guarisce con la morte?
Se non fossimo inghiottiti dal dubbio, proverei ad essere felice.
La stanchezza di andare avanti si scontra con l'impossibilità di fermarmi; spero in qualcosa oltre. Nel dopo che non esiste, l'inesistenza è l'unico dramma.