Scritta da: Avril Lavigne
A volte capita di trascinare il coraggio fino al punto in cui diventa pazzia.
dal libro "Twilight" di Stephenie Meyer
A volte capita di trascinare il coraggio fino al punto in cui diventa pazzia.
Ma cosa devo fare con te!? La prima volta che ti bacio, mi assali! La seconda, mi svieni tra le braccia!
All'improvviso mi lanciò uno sguardo penetrante. "Ma non vedrò mai nessun'altra Bella. Io vedo soltanto te. Anche quando chiudo gli occhi e provo a pensare a qualcos'altro."
Non sei una calamita che attira incidenti, è una classificazione troppo limitata. Tu attiri disgrazie. Se c'è qualcosa di pericoloso nel raggio di dieci chilometri, puoi scommettere che ti troverà.
Mi chiedevo perché nessuno avesse notato quanto stesse lontano, prima dello scatto repentino e impossibile che mi aveva salvato la vita. Un po' preoccupata mi resi conto del motivo: nessun altro si accorgeva come me della presenza di Edward. Nessuno lo guardava con occhi simili ai miei.
"Prima o poi capirò", lo avvertii.
"Meglio che non ci provi." Era tornato serio.
"Perché?"
"E se non fossi il supereroe? Se fossi il cattivo?" Sorrise.
Rabbrividii al suono che mi lasciavo alle spalle, mentre arrancavo lungo le scale. Il suono di un cuore morto costretto a pulsare.
Dopotutto, quante lacerazioni può opportare un cuore prima che smetta di battere? Nei giorni precedenti avevo incassato colpi mortali, e ciò non mi aveva rafforzzata. Anzi mi sentivo orribilmente fragile, come se bastasse una parola a sbriciolarmi.
Sbirciai di nuovo verso di lui, e me ne pentii. Mi stava di nuovo squadrando, con gli occhi neri pieni di disprezzo. Mentre mi ritraevo, stretta nella sedia, improvvisamente pensai a quel modo di dire: se gli sguardi potessero uccidere...
In quel momento la campana prese a squillare, io sobbalzai ed Edward Cullen si alzò dal suo posto con un movimento fluido - era molto più alto di quanto avessi immaginato - dandomi le spalle, e prima che chiunque altro avesse lasciato la sedia era già fuori dalla classe.
Io rimasi pietrificata al mio posto, incredula, a guardarlo. Che cattivo. Non era giusto. Iniziai a raccogliere le mie cose lentamente, cercando di arginare la rabbia che mi aveva presa, per non mettermi a piangere. Per qualche motivo, il mio umore e i miei occhi erano legati a doppio filo. Di solito, quando ero arrabbiata piangevo, una reazione umiliante.
Mentre mi fissava leggevo nei suoi occhi che le mie parole erano giunte troppo, troppo tardi. Aveva già deciso.
Mentre lo osservavo i suoi occhi di ghiaccio si sciolsero. L'oro tornò liquido, fuso, e bruciò nei miei con un'intensità travolgente.