La sua espressione era inqiuetante: sembrava lacerato, quasi dolorante, di una bellezza tanto fiera da farmi sentire il desiderio di toccarlo con la stessa violenza di poco prima.
"Seriamente, Edward" sentii un brivido quando pronunciai il suo nome e non ne fui contenta, "non riesco a seguirti. Pensavo che non volessi essermi amico" "Ho detto che sarebbe meglio se non diventassimo amici, non che non voglio"
Jacob: è come una droga per te bella, ormai l'ho capito. Ma io sarei stato qualcosa di più sano: l'aria, il sole. Bella: anche io ne ero certa, eri come il mio sole personale! Il rimedio migliore alle nuvole. Jacob: alle nuvole posso farcela. Ma a un'eclissi... no!
Feci un sospiro di sollievo. La rabbia era ciò che desideravo sentire: la prova falsa e prefabbricata che era preoccupato per me, un regalo ambiguo del mio subconscio.
Io ed Edward non ci eravamo scambiati un'ultima scena tragica di addio, e non era nei miei programmi. Pronunciare quella parola equivaleva a renderla definitiva. Sarebbe stato come scrivere la parola fine sull'ultima pagina di un manoscritto.
Mentre mi fissava leggevo nei suoi occhi che le mie parole erano giunte troppo, troppo tardi. Aveva già deciso. Mentre lo osservavo i suoi occhi di ghiaccio si sciolsero. L'oro tornò liquido, fuso, e bruciò nei miei con un'intensità travolgente.