Poesie inserite da Silvana Stremiz

Questo utente ha inserito contributi anche in Frasi & Aforismi, in Indovinelli, in Frasi di Film, in Umorismo, in Racconti, in Leggi di Murphy, in Frasi per ogni occasione e in Proverbi.

Scritta da: Silvana Stremiz

La guerra

Vinsero gli anni: tu sperasti indarno
Gloria fiammante pel guerriero brando:
Vedila, langue di tuo nome in bando.
E il volto ha scarno.
     Odio chi ammira di Filippo il germe
Ch’ha morte al fianco devastando l'orbe,
Fossa di polve col possente assorbe.
Seco l'inerme.
     Tu cogli, amico, dal giardino umìle
Frutta, ristoro d'indigente brama;
Di gloria nostra degli eroi la fama
Sarà più vile.
     E al mormorante serpeggiar di linfa,
Al molle zirlo d'augellin su i rami
Versi cantiamo che ripeter ami
Tenera Ninfa.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz

    A Diana

    Bella ch'osservi degli amanti i scherzi,
    E sorridendo, quando tutto dorme,
    Gli albi corsieri del tuo carro sferzi,
    Diva triforme;
         Spandi nel seno dei cantor pudico
    Candido raggio svegliator di modi,
    Ch'ei te mirando sopra un colle aprico
    Dirà tue lodi.
         Splendi tu dolce nel mio sen qual splende
    Della mia Clori la beante faccia,
    Che delle Grazie le virginee bende
    Al petto allaccia.
         Più di Ciprigna venerabil sei
    A me, o possente nel ferir le belve,
    Ch'offri riposo del pensieri miei
    Nelle tuo selve.
         Possa io mirarti fra le selve care
    Quando passeggia con tue ninfe Aprile;
    Ch'io ti prometto sul tuo casto altare
    Cerva gentile.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Silvana Stremiz

      La rosa tarda

      Le bionde Grazie schiusero
      Al ghirlandato aprile
      Le verdi porte, e mancavi
      De' fiori il più gentile?
           Con le sue mani ambrosie
      L'innamorata Aurora
      Dal Cielo umor freschissimo
      Per lui non sparse ancora?
           Tu, fior splendente e semplice
      Come la mia vezzosa,
      Tu fra le spine floride
      Ancor non spunti, o Rosa.
           Mentre vedeati sorgere
      Il gajo Anacreonte
      Inni t'ergea cingendosi
      Di te la calva fronte.
           E in mezzo a danze e giubilo
      L'altrui chiamava aita
      Onde cantar tua morbida
      Foglia agli Iddii gradita.
           Tu sei trofeo di tenere
      Grazie, sei giuoco, o Rosa,
      D'amor nei giorni floridi
      A Citerea scherzosa.
           E che fia mai d'amabile
      Senza il bel fiore? infine
      Le Ninfe han braccia rosee,
      L'Alba le dita e il crine.
           Così cantava il vecchio
      Tejo poeta; Amore
      Dettava i carmi, memore
      Di te suo caro fiore.
           E a noi sei caro: immagine
      Tu delle guance sei
      Di Lei che tien l'imperio
      Su tutti gli atti miei.
           Di Lei che bella e fulgida
      In sua bellezza or viene,
      Che con un sguardo sforzami
      Baciar le mie catene.
           Ma sorgi ormai, purpuree
      Bel fiorellino, sorgi;
      Tu alla mia dolce vergine
      Gaja ghirlanda porgi.
           Su le sue chiome d'auro
      Tanto sarà più vaga
      Quanto vicino al latteo
      Seno che gli occhi impiaga.
           Deh! sorgi, o fior! l'armonico
      Plettro ch'Amor risuona
      Da tuo fragranti foglie
      Gentile avrà corona.
           E a questo sen medesimo
      Io ti porrò, bel fiore,
      Come verace effigie
      D'un innocente core.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Silvana Stremiz

        L'addio

        Or tra i romiti boschi
        Men vo, ma porto scolto
        Il tuo vezzoso volto
        In mezzo a questo sen.
        Fida ti serba: addio,
        Tenera Cloe, ben mio,
        Ah! D'un fedele amante,
        Cara, rammenta almen.
        Gorgheggeran gli augelli
        Fra l'inquïete frondi;
        O cara, ove t'ascondi?
        Io griderotti allor.
        Ah! mi parrà ogni cosa
        L'amica mia vezzosa,
        Ma tu rammenta almeno
        Il più fedele amor.
        Verrassi un venticello,
        E con pietosi giri
        Dirammi: Son sospiri
        Questi del fido ben.
        Ma fuggirà l'inganno,
        Sospiri non saranno;
        Chè forse non rammenti
        Il nome mio nemmen.
        Pastori e forosette
        Verran con faccia lieta,
        E al primo lor poeta
        Diran: Deh! Canta amor!
        Io mescerò frattanto
        À mesti versi il pianto,
        Ma tu rammenta almeno
        Un infelice ardor.
        Se nol rammenti, ah! Cloe,
        Rammentati ch'Amore
        È meco a tutte l'ore,
        E squarciami ogni vel;
        Dirà se tu sè amante,
        Dirà se sè incostante,
        E dir saprà se ognora
        Tu mi sarai fedel.
        Ma di te, dolce amica,
        Stolto, diffido invano,
        Chè benché in suol lontano
        Mi serberai nel sen.
        Cos'io ti serbo. Addio,
        Tenera Cloe, ben mio:
        Ah! Del più fido amante,
        O Cloe, rammenta almen.
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Silvana Stremiz

          La sorpresa

          Odi de' versi miei,
          O pastorella, il suono,
          E ti prometto in dono
          Un nastro porporin.
          Venne fra' boschi tuoi
          A soggiornar la bella?
          E lei, se a lei saltella
          Vicino un agnellin.
               Conoscer tu la puoi
          Dalle sue biondo chiome...
          Ma dir vorresti: E come
          Vestita qui sen va?
          Odi: qual te s'ammanta
          D'un gonnellin leggiero,
          Chè lascia il fasto altero
          All'invida città.
               Ha leggiadretto il labbro,
          Neri e focosi i lumi,
          Ha placidi i costumi
          E gli atti al par di te.
          Già la conosci: or vanno
          A lei correndo, e dille:
          Fille, vezzosa Fille,
          Elpin ti chiama a sè.
               Elpin? dirà... Sì Elpino,
          Tu le rispondi, e ascoso
          Là fra quel bosco ombroso
          Te sola attende Elpin.
          Vanne: già udisti quanto,
          O pastorella, aspetto,
          E in dono ti prometto
          Un nastro porporin.
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Silvana Stremiz

            L'inchiesta

            Il Fratellin vezzoso,
            Sempre tu piangi, ei dice;
            Tenera età felice
            Che non conosco amor!
                 Ma ben verran quegli anni,
            Che il Fratellin vezzoso
            Non troverà riposo
            Nel passionato cor.
                 Quel roseo volto, i guardi
            Sì vivi e sì innocenti
            Li mirerò dolenti
            In atto di pietà.
                 Allor dirò: i miei pianti,
            Quand'eri pargoletto,
            Eran d'amore effetto,
            Effetto di beltà.
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: Silvana Stremiz

              La coltura

              Non de' cantati secoli
              Invidio i giorni aurati:
              Purché tu il voglia, vivere
              Potremo i dì beati.
                   Tu m'ami, io t'amo; un docile
              Legame ambo ci annoda;
              Tu me non credi instabile,
              Da te non temo io froda.
                   Così gioia con Melide
              Il Pastorello un giorno
              Clio per sentiero incognito
              La trasse a rio soggiorno.
                   Ma deh! ch'il puoi, l'immagini
              Lascia di moda, e ognora
              Sol di piacer desidera
              A chi solo t'adora.
                   Bella tu sei, più candida
              Non fin che tu sia mai,
              S'anco ti desse Cinzio
              I fulgidi suoi rai.
                   D'Amor, di Fe, di Venere
              Antica è pur la face,
              Ma nuova è ancor che amabile,
              E nuovo è ciò che piace.
                   Mentre, il cantor di Cintia
              Seco ad amar l'invita,
              Le dice.- Amor è semplice,
              Odia beltà mentita.
                   Negletta è ver, ma lucida
              La chioma è di Nerea;
              Tu incolta sembri Pallade,
              Colta non sembri Dea.
                   Cresce la rosa, e innostrasi
              Fresca da sè soltanto;
              Più dolce è senza artefice
              Degli augellini il canto.
                   Pari alla Dive olimpie
              Elena ergea la chiome,
              Ma ognor fra gli uomin d'Elena
              Vive esecrato il nome.
                   Non perch'io tema o tenera
              Amica, di tua fede:
              In sì bel volto ingenuo
              La purità risiede.
                   Risiede sì; ma candida
              Di fregio altro non cura;
              Ed ha ragion, ché vendica
              I dritti suoi natura.
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: Silvana Stremiz

                All'amica incerta

                Ferma, che fai? l'incauto
                Piede ritira, e ascolto
                Porgi ad un labbro ingenuo
                Fino ch'il giogo hai sciolto.
                     Non fremi ancor? Ahi misera!
                Il precipizio è aperto;
                Mira lo scritto ferreo:
                Alto infortunio e certo
                     Già semi-spenta lampada
                Luce all'orror funèbre,
                E mostra assai più orribili
                L'orribili tenèbre.
                     Romito è il duol; le lagrime
                Grondano ognor dirotte,
                E sol fra veglie scorrono
                L'ombre d'odiata notte.
                     Di', che farai? Già echeggiano
                Le tombe, e i santi altari
                Sol di singulti flebili,
                Solo di voti amari.
                     Regna il digiuno; ei stringere
                Aspro flagel tu vedi;
                Pur disperato e languido
                Geme dell'are ai piedi.
                     Gemi tu pure; e il gemito
                Ch'a me su l'alma piomba,
                Ah! t'aprirà cinerea
                Troppo immatura tomba.
                     Se or non ti penti, ahi misera!
                Fia il pentimento tardo;
                Odi, tel dice squallida
                L'amica d'Abelardo.
                     Vedi Eloisa: assidesi
                Su scanno nero e scabro,
                E bevo le sue lagrime
                Collo sfiorito labro.
                     Abbi rispetto, o infausto
                Amor, abbi rispetto
                A quel tetro silenzio
                Che mi dilania il petto:
                     Ella sì grida; e tacita
                Prende la penna in mano,
                E alfine ardisce scrivere
                Ad amator profano.
                     Ah scrivi! ah scrivi! un barbaro
                Non è dell'alme Dio,
                Te involontaria vittima
                L'altrui barbarie offrio.
                     Sull'ara augusta e candida
                Arse l'incenso impuro;
                Tremàr i cerei e il tempio
                A quel tremendo giuro.
                     Ma tu, Eloisa tenera,
                No, non temer; conosco
                D'un cor sforzato a piangere
                Dio le proterve angosce.
                      Tema flagello vindice
                Chi sè spontaneo gli offre,
                E gli ermi dì funerei
                Con pago cor non soffre.
                     Ecco il tuo fato; in braccio
                Per sempre a lui ti getta,
                Ma di'? vedrai tu intrepida
                L'affanno che t'aspetta?
                     Riedi e ne godi: o il debile
                Tuo collo al giogo appresta;
                Ma trema; Iddio si vendica
                Del cor che lo calpesta
                Vota la poesia: Commenta
                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Il ritratto

                  O tu, cui gli anni rosei
                  Sono dai vezzi adorni,
                  Cui dell'etade arridono
                  I più beati giorni,
                  Desii veder l'immagine
                  Del tuo lontano amico?
                  Odi i miei versi ingenui,
                  Chè sempre il ver io dico.
                  A me, gentile, amabile
                  Volto non diè natura,
                  Ma diemmi invece un'anima
                  Tenera, fida e pura.
                  E diemmi invece un fervido
                  Cor, cui non sono ignoti
                  D'amore e d'amicizia
                  I più soavi moti.
                  E diemmi un estro rapido
                  Che carmi ai labbri inspira,
                  Per cui non è tra l'ultime
                  Quest'amorosa lira.
                  Ma a te, fanciulla ainabile,
                  Questo non basta, è vero,
                  Non basta ai guardi cupidi
                  L'animator pensiero.
                  Sì, bella amica, a pingermi
                  Destro verrà pittore,
                  Ma potrà far che ispirino
                  Dolce quest'occhi amore?
                  E le mie guance giovani
                  Da pelo ancor non tinte,
                  D'amore con l'ingenuo
                  Rossor saran distinte?
                  Saprà ritrar l'effigie
                  Viva del volto mio
                  Allor che il seno m'agita
                  Per te di Pafo il Dio?
                  E saprà far che dicano,
                  Tacendo, i labbri miei
                  Che tu mi piaci, e ch'unica
                  Dea del mio cor tu sei?
                  Ah no, nol può! La rodia
                  Arte à miei carmi cede;
                  Che amor l'agguaglia e supera
                  Ella medesma il vede.
                  Te pinsi, o bella; e il candido
                  Volto ognor stammi al fianco;
                  Nè mai, qual te, l'immagine
                  Mai di mirar son stanco.
                  Te pinsi; e i labbri, e i lucidi
                  Lumi, e le trecce bionde;
                  Lor parlo; e tosto il turgido
                  Bel labbro tuo risponde.
                  Di Tejo il vate pingere
                  Volle la bella amica,
                  Commise a industre artefice
                  Sì genïal fatica;
                  Ma che? Conobbe ei subito
                  Lei nel dipinto aspetto,
                  Ma udir non fu possibile
                  Dai finti labbri un detto.
                  Vota la poesia: Commenta
                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    A Venere

                    E te, leggiadra Venere,
                    Te canteremo ancora,
                    O Dea, più fresca e rosea
                    Della serena Aurora;
                    Te, cui le Grazie morbide
                    Sieguon coi biondi Amori,
                    Te, che tra Giuno e Pallade
                    Avesti i primi onori.
                    Ma non avrai di giubilo
                    Canti, vezzosa Dea;
                    Suoni giocosi ed ilari
                    La cetra un dì spargea;
                    Or già non più: ché scorsero
                    Què sì beati giorni,
                    Sacri ad amor purissimo,
                    Da mutua pace adorni.
                    Me di fanciulla instabile
                    Arde l'incerta fede;
                    Mal possono le lagrime
                    Di cui le bagno il piede.
                    A te ricorro io supplice,
                    O tra la belle bella;
                    Almen tu, piega l'anima
                    Della mia rea donzella.
                    Te di Neera il tenero
                    Cantor chiamar solea,
                    Quando fra voti flebili
                    All'are tue sedea;
                    E con fragranti aromati,
                    Con fiori al suol, dispersi
                    Su la gemente cetera
                    A te innalzava i versi.
                    L'aitasti, o Dea? Le lagrime
                    Tergesti a lui pietosa?
                    Tornò per te a quel misero
                    La ninfa sua ritrosa?
                    Ah no! Tu, Diva idalia,
                    Che in ogni dove imperi
                    Su l'infelice giovane
                    Giravi i lumi alteri.
                    Né Adon membrasti, e i gemiti,
                    E il ripercosso petto,
                    Allor che in sé porgeati
                    Dè mali suoi l'aspetto,
                    Te pure Amor con l'aureo
                    Dardo, te pur ferìo;
                    Lo sa il tuo cor medesimo
                    Quanto è tiran quel Dio.
                    Pianti d'amor sgorgarono
                    Dal tuo beante ciglio;
                    Eppur, ch'il crede? Piacquero
                    Quei pianti al crudo figlio
                    Pietà, gran Dea: d'un misero
                    aleggia i tristi affanni,
                    Che di sua, età più florida
                    Consacra a te i begli anni.
                    Pietà! - La mesta effigie
                    Del volto mio tu mostra,
                    Tra le sognate immagini
                    A la fanciulla nostra.
                    Fà che il suo cor le palpiti
                    Con moto non più inteso;
                    Fà che di fiamma ingenua
                    Sentasi il core acceso.
                    Ah! se da quel di porpora
                    Labbro suonar io sento,
                    T'amo, per me nettareo
                    Per me beato accento;
                    Sacerdotessa, o Venere,
                    Sempre farò che sia
                    Attenta ai tuoi misterii
                    Questa fanciulla mia.
                    Vota la poesia: Commenta