Non de' cantati secoli Invidio i giorni aurati: Purché tu il voglia, vivere Potremo i dì beati. Tu m'ami, io t'amo; un docile Legame ambo ci annoda; Tu me non credi instabile, Da te non temo io froda. Così gioia con Melide Il Pastorello un giorno Clio per sentiero incognito La trasse a rio soggiorno. Ma deh! ch'il puoi, l'immagini Lascia di moda, e ognora Sol di piacer desidera A chi solo t'adora. Bella tu sei, più candida Non fin che tu sia mai, S'anco ti desse Cinzio I fulgidi suoi rai. D'Amor, di Fe, di Venere Antica è pur la face, Ma nuova è ancor che amabile, E nuovo è ciò che piace. Mentre, il cantor di Cintia Seco ad amar l'invita, Le dice.- Amor è semplice, Odia beltà mentita. Negletta è ver, ma lucida La chioma è di Nerea; Tu incolta sembri Pallade, Colta non sembri Dea. Cresce la rosa, e innostrasi Fresca da sè soltanto; Più dolce è senza artefice Degli augellini il canto. Pari alla Dive olimpie Elena ergea la chiome, Ma ognor fra gli uomin d'Elena Vive esecrato il nome. Non perch'io tema o tenera Amica, di tua fede: In sì bel volto ingenuo La purità risiede. Risiede sì; ma candida Di fregio altro non cura; Ed ha ragion, ché vendica I dritti suoi natura.
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