Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

I. Alla bellezza.

O tu, cui dolce imperio
Sa i cor natura diede,
Bionda beltà, cui servono
Tenero Amore e Fede,
     De' versi miei spontanei
Accetta ingenuo dono,
Se a te i miei versi piacciono
Anch'io poeta or sono.
     D'un tuo sorriso roseo
Irraggia i canti miei,
Che i tuoi sorrisi beano
Fin su l'Olimpo i Dei.
     Tu di leggiadra vergine
Splendi negli occhi vaghi,
Donde con dardi amabili
Soavemente impiaghi;
     E tu sul labbro armonico,
O Dea, vi stai scolpita,
Che mentre accenti modula
A sospirare invita.
     Ancelle tue ti sieguono
Le linde Grazie, e stanno
TuttE su un braccio latteo
Con cui tu tessi inganno;
     Inganno tessi; e all'anima
D'un giovanetto amante
Rendi più dolce e tenero
Il vezzo più incostante.
     Ma, o bionda Dea, se furono
A te miei spirti avvinti,
Se i miei versi cantarono
Da' tuoi color dipinti;
     Pietà d'un Vate: al misero
Gli arde fanciulla il seno;
Fa' ch'ella sia più stabile,
O men vezzosa almeno.
     Vola ne' dì purpurei
Il garzoncel di Flora;
Vieni, ella dice, o Zefiro,
In braccio a chi t'adora;
      Vieni.... Ma sordo e celere
Ei fugge, e non l'ascolta;
Quando a lui piace è libero,
E la catena ha sciolta.
     Ahi che pur scioglie il laccio
Questa tiranna mia;
Ama; ma impune fuggesi
D'amor s'ella il desia.
     Lasso! ch'io pur desidero
Fuggir da' lacci suoi,
Ma tu, Beltade amabile,
Tu consentir non vuoi
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Principio del paradiso perduto

    Dell'uom la prima inobbedienza e il frutto
    Dell'arbore vietata, onde l'assaggio
    Diede noi tutti a morte e all'infinite
    Miserie, lungo dal perduto Edenne,
    Finché l'uomo divino alle beate
    Perdute sedi redentor ne assunse,
    Canta, o Musa celeste! E tu in Orebbo,
    E tu del Sinai sul secreto giro
    Già spiravi il pastori che...
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Il mio tempo

      ODE.

      Chi medita fra 'l tacito
      Saggio orrore di grotte,
      E di Giob su le pagine
      Tragge vigile nette,
      E chi in ribrezzo fugge
      Donde la colpa rugge?

           Guai guai! d'ira e giustizia
      Il Lione passeggia,
      Le zampe e i labbri insanguina
      Entro splendida reggia, 10
      E all'universo folle
      Un regicidio estolle.

           Tutto imperversa: ingemina
      Il nitrir de' cavalli,
      Mentre fra bronzi orrisoni
      Rimbombano i timballi,
      E infuriata guerra
      Cittadi sfianca e atterra

           Ma qual candida Vergine
      In puro ammanto ascosa
      Fra gli orrori dell'eremo
      In grembo a Dio riposa,
      E il volto ingenuo copre
      Rimpetto a orribil opre!

           Vien meco, o Eletta, a piangere
      Il soqquadrato mondo,
      Ch'ode gli eterei fulmini,
      E corre furibondo
      A trar suoi giorni eterni
      Ne' spalancati averni:

           Vieni; e stringendo in lagrime
      L'insanguinata Croce,
      A Dio manda fra 'l gemito
      Pietosa innocua voce,
      Mentr'io per l'erbe intanto
      Di terror spargo un canto.

           Vedilo! È Dio che l'aere
      Sol con un braccio occupa,
      Ed accigliato spazia
      Entro tuonante e cupa
      Carca di piaghe nube,
      Mentre ai fulmini jube.

           Forse avverrà che al flebile
      Suono di tue parole
      A noi s'apra più splendido
      Di sua pietade il sole,
      E dall'olimpio trono
      Spanda mite perdono.

           Già di sterminio l'Angelo
      Su Morte accavalcato
      Punìa dell'empia Ninive
      Il delitto ostinato;
      Già vibrava furente
      Su lei brando rovete;

           Ma al suol sparsa di cenere
      Penitenza prostrosse,
      E squallida di Jehova
      L'augusta ira rimosse,
      Ed arrestò la mano
      Al feritor sovrano.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Siamo composti con brani di morti
        uguali a città
        rifatte da macerie di secoli.

        Allora al comune bivacco eravamo
        tutti disperati e volevamo
        morire per sentirci più vivi.

        Non questo certo era l'augurio!
        La nuova parola è stata uccisa
        Dal piombo sulle bocche squarciate.

        Una mediazione invocavano morendo
        tra l'avvenimento grande e la sorte di ognuno,
        l'avvento attendevano dell'uomo umile.

        Ma noi rimpiangemmo le vecchie catene
        come il popolo ambiva nel deserto
        l'ossequio al re per le sicure ghiande:

        non vogliamo il rischio di essere liberi,
        il peso di dover decidere da noi
        e l'amore di farci poveri.

        Da sotterra urlano i morti
        e per le strade vanno
        come nell'ora dell'agonia di Cristo.

        Per le strade vagano i fratelli
        senza casa, liberi
        d'ogni ragione d'essere morti.

        La notte è simile al giorno
        Il bene al male s'eguaglia,
        spoglio quale una pianura d'inverno.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Dopo un lungo silenzio

          Parole dopo lungo silenzio; è giusto
          Ogni altro amante allontanato o morto,
          La luce ostile della lampada velata,
          Le tendine abbassate sopra la notte ostile,
          Giusto che discutiamo e discettiamo
          Sul tema supremo dell'Arte e del Canto:
          Decrepitezza del corpo è saggezza;
          Giovani ci amavamo e eravamo ignoranti.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Rovine

            Non è vero che hanno distrutto
            le case, non è vero:
            solo è vero in quel muro diruto
            l'avanzarsi del cielo

            a piene mani, a pieno petto,
            dove ignoti sognarono,
            o vivendo sognare credettero,
            quelli che son spariti…

            Ora aspetta all'ombra spezzata
            il gioco d'altri tempi,
            sopra i muri, nell'alba assolata,
            imitarne gli accenti….

            e nel vuoto, alla rondine, che passa.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Da L'Italia sepolta sotto la neve
              (Parte quarta, Le trenta miserie d'Italia)

              XII

              La miseria della misera Italia numero
              dodici
              la testa in fiamme la sterpaglia
              della festa dei pensieri paglia che
              avvampa brucia fra braci di fumo.
              Si consumano notizie mescolate al ricordo
              di vecchie età
              l'armamentario sul carro della vita
              in corsa
              è spazio di fresca primavera.
              Altrove polvere sollevata dall'auto nella
              strada di campagna
              odora di mele mentre il merlo s'allontana
              stride forte a filo dell'erba lungo il mare
              siepi siepi siepi di oleandri abbandonati e
              pini scavezzati dai venti secolari
              camminano a terra.
              Può la morte ordire il suo acuminato
              massacro
              ridurre in cenere il delfino
              il vascello in fuoco
              la sovrastante nuvola in ciclone e
              travolgere la vita?
              Il fervore trascinato in gorgo
              l'esistente in un attimo è scomparso
              giovinezza è il ricordo poi sull'occhio
              chiuso
              del cielo interminabile di tetti
              e alla fine dimenticare la tomba
              dei vecchi eroi?
              Quante primavere gli uomini fuggitivi
              abbandonano alle giovani ali che
              arrivano portate dal garbino?
              Si può considerare l'opportunità
              di non rassegnarsi
              bruciare il carro del vincitore
              anche le nostre bandiere.
              Per favore.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Soffitta

                Vieni, compiangiamoli quelli che stanno meglio di noi.
                Vieni, amica, e ricorda
                che i ricchi han maggiordomi e non amici,
                E noi abbiamo amici e non maggiordomi.
                Vieni, compiangiamo gli sposati e i non sposati.
                L'aurora entra a passettini
                come una dorata Pavlova,
                E io son presso al mio desiderio.
                Ne ha la vita in sé qualcosa di migliore
                Che quest'ora di chiara freschezza,
                l'ora di svegliarsi in amore.
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