Le migliori poesie inserite da Gianluca Cristadoro

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Scritta da: Gianluca Cristadoro

Accadrà, un giorno

E quando ti troverà,
quando lo troverai,
non ti terrò legata.

Quando ti rapirà gli occhi e il cuore
ti guarderò allontanarti
e se ti volterai,
con gli occhi lucidi di rimpianto,
stringendosi al ricordo dei tuoi giochi,
il mio sorriso ti abbraccerà.

Quando l'Amore ti guarderà
non ti mostrerò la strada.
Lo saprai seguire
riconoscendola fra mille.
Composta venerdì 21 dicembre 2018
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    Scritta da: Gianluca Cristadoro

    Ti ricorderai di me

    Quando di me non conserverai che ricordi sbiaditi,
    quando affiorerà il sottile dispiacere dell'incompiuto,
    di un amore irrisolto,
    del sostegno claudicante,
    allora, penserai alle canzoni cantate insieme a squarciagola,
    al goffo riscatto di quei rari spensierati momenti.
    Composta venerdì 3 marzo 2017
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      Scritta da: Gianluca Cristadoro

      Il vento

      Amore mio piccino,
      a te che sei bambino,
      il Vento ti presento,
      è il solo in mezzo a cento!

      È un tipo bricconcello,
      arriva sul più bello.
      Ti sferza un poco il viso,
      se piangi o sei hai il sorriso.
      Ti preme sulla faccia,
      che tu lo voglia o piaccia.

      È poco rispettoso,
      a volte dispettoso,
      ma doti ne ha più d'una.
      Puoi chiederlo alla luna.

      A Lui ben poco importa
      se la coperta hai corta,
      se ricco sei e potente
      o in mano stringi il niente!

      Se poi lo vuoi afferrare,
      passeggia in riva al mare...
      lo sentirai spirare,
      ma senza mai perire...
      tra il fare e ancor il dire.

      A casa te ne torni
      pensando a quei bei giorni
      in cui incontrasti il vento,
      il solo in mezzo a cento
      che d'improvviso tace
      e riempie il cuor di pace... "
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        Scritta da: Gianluca Cristadoro

        Sgozzati o strozzati?

        Stammatina me sentivo 'ntronato come 'na campana
        appena c' ha 'ntuzzato cor batacchio
        che 'n po' scorato peggio de' n'abbacchio
        m'aripenzavo ar sogno e a quella notte strana.

        Mo' va ricconto de' quer tale che me venne 'ncontro
        e che me disse co' na' vociaccia greve...
        "A sor coso... Ve la faccio breve...
        Me dovete da' li sordi sinno ve troverete contro

        nun solo er qui presente ma puro li briganti,
        le guardie der Papa, li burini e lì francesi
        che l'urtimi a resiste l'hanno appesi.
        Perciò fori l'argento, li scudi e lì brillanti.".

        Nel mentre che finiva sta poesia
        "n cortello se levo" dalla saccoccia
        e co' la punta me striscio' la faccia
        co' poco garbo e senza cortesia.

        A quer signore tanto riguardoso
        Co' 'no strano cilindro pe' capoccia
        Je stavo pe' risponne "Suvvia taccia!
        Riponga il suo far rude e ardimentoso!".

        Ma prima che da bbocca 'scisse 'n fiato,
        sentii la lama preme er gargarozzo...
        Me risvejai e me feci 'n ber ficozzo
        Sbattenno er capoccione mio sudato.

        M'arzai de scatto a rinfrescamme er viso
        a trova' pace e 'n cerca de 'n soriso.
        Girai er caffè dar drento de la tazza
        Penzanno... "N'artro po' quello m'ammazza!"

        Ma riggiranno l'occhi ar tavolino
        Nun vidi della luce la bolletta?
        "Du' mila Euri sorte che m'aspetta!".
        Cor fegheto già a pezzi dar matino.

        Me ribbuttai sur letto appiccicoso
        gridanno poi nel sonno "Aho! A Sor coso!
        E' mejo dar cortello esse ammazzato
        che dalli troppi debbiti strozzato!".

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        Traduzione

        Stamattina mi sentivo frastornato come una campana
        appena scontratasi con il battaglio
        mentre, avvertendo un forte scoramento,
        ripensavo al sogno fatto in quella notte strana.

        Ora vi racconto di quel tale che mi venne incontro
        rivolgendosi a me con una voce molto greve:
        "Senta... caro signore... ve la faccio breve...
        Mi dovete dare i vostri soldi altrimenti vi troverete contro

        non solo il sottoscritto ma anche i briganti,
        le guardie del Papa, la gente rozza e i francesi.
        Sappiate che gli ultimi ad aver opposto resistenza sono stati impiccati.
        Perciò datemi argento, monete e brillanti."

        Mentre finiva di dire queste parole
        estrasse un coltello dalla tasca
        passandomene di striscio la punta sul viso,
        senza garbo e cortesia.

        A quel signore tanto rispettoso della mia persona
        e con quello strano cilindro in testa,
        stavo per rispondere: "Suvvia taccia!
        Riponga il suo far rude e ardimentoso!".

        Ma ancor prima che potessi proferire una sola parola
        sentii la lama del coltello premere sotto la gola.
        Mi risvegliai e mi feci un bel bozzo
        sbattendo la testa tutta intrisa di sudore.

        Mi alzai di scatto andando a sciacquarmi il viso
        in cerca di pace e di un sorriso.
        Girai il caffè nella tazza
        pensando... "Ancora un po' e quel tale mi avrebbe ucciso"

        Ma volgendo lo sguardo verso il tavolino
        con mio grande stupore vidi la bolletta della luce.
        "Duemila Euro da pagare è quel che mi aspetta!",
        con il mio povero fegato già a pezzi dal primo mattino!

        Mi ributtai sul letto ormai sgualcito
        gridando, nel sonno, "Senta... Signore!
        Preferisco essere sgozzato dal vostro coltello
        che finire i miei giorni strozzato dai troppi debiti!".
        Composta martedì 26 novembre 2013
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          Scritta da: Gianluca Cristadoro

          Federica, la sognatrice

          Sogna amore, sogna ancora
          con gli occhioni tuoi incantati
          ché là fuori c'è l'aurora
          coi suoi giorni più fatati.

          Sogna e inventa giochi a mille,
          tratteggiando cuori e fiori,
          principesse e camomille,
          che berrai per i dolori
          che lo stress ti fa venire!

          Per favore! Non la dire
          la parola che non piace
          ch'è "ritardo" e non c'è pace,
          ché se invece, pian pianino,
          con la calma che ti è cara
          ti mettessi il pigiamino
          senza mamma che ti implora,
          tutto tornerebbe in sesto,
          come i giochi sparpagliati,
          che una volta ritrovati
          metterai di nuovo a posto!

          Gioca amore, tesoruccio,
          come il sole è il tuo sorriso,
          schiude il cuor, non mi corruccio
          ammirando il tuo bel viso.
          Leggi poi più di una storia,
          con un tono spensierato
          e poi imparala a memoria
          recitandola d'un fiato.

          E poi ama la tua mamma,
          i tuoi nonni e il tuo papà,
          e non farne certo un dramma
          se Alessandra ti darà
          qualche noia o dei fastidi,
          perché riderà se ridi.
          Tu le insegni tante cose
          e il suo cuor per te ha sol rose.
          Composta giovedì 20 dicembre 2012
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            Scritta da: Gianluca Cristadoro

            Ai miei compagni di viaggio

            Credenza un tempo fu, ma mica vera,
            che fosse scesa un dì dalla riviera,
            per incontrar laggiù loschi figuri
            che ben sarebber stati appesi ai muri,
            ché risa, beffe, lazzi e litanìe
            avrebber porto alla malcapitata
            di origine della Basilicata!

            Imperia è il nome suo, dico laconico,
            che di cognome chiamasi Latronico,
            dall'animo curioso e raffinato
            ed il parlar fremente ma educato.

            Tenace, rispettosa e assai paziente,
            è grande come amica e consulente.
            Che dir ancor se non ch'è femminile,
            e che chi non l'apprezza è stolto o vile?

            Che se una cosa in più vuoi dalla vita,
            ebbene non ti dico cosa strana,
            anche un ben noto spot la frase cita,
            Imperia oppur Maria, una Lucana!

            Veniam ordunque al nostro professore,
            all'umanista che riempie l'ore
            spargendo WBS a più non posso
            e a segnar gli error col blu o col rosso.

            Asciutta è la favella e regolare,
            non ama con la lingua mai strafare,
            cò una parola sola dice tutto,
            e di cultura questo è certo frutto.

            Esperto di PM da tanti anni,
            per noi il riferimento principale,
            punzecchia alla bisogna quel bel tale,
            che con la lingua ognor fa dei bei danni!

            Il tale ch'ho citato è un tipo forte,
            con la favella spesso apre le porte,
            all'amicizia e al cuor dell'altro sesso,
            che attrae, non sempre, ma abbastanza spesso.

            L'eloquio è affabulante ma sincero,
            sovente aiuta me da amico vero,
            e se tormento e mal talor l'affligge,
            le stesse pene agli altri non infligge.

            E fra detti incrociati e motti strani,
            ammiccamenti e verbi non nostrani,
            risate a crepapelle induce e infiamma,
            ma per fortuna Lui non ne fa un dramma.

            Giacchette e sciarpettine il complemento,
            e suoni ciò sincero complimento.
            Signor cui colpo inferto ognor s'ignora,
            sorride di sé stesso alla buon'ora.

            È questo il bel consesso in cui mi trovo,
            che le otto ore riempion com'un uovo,
            che spero mai si rompa e non s'incrini,
            sentendo loro sempre a me vicini.
            Composta giovedì 20 dicembre 2012
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              Scritta da: Gianluca Cristadoro

              Il Tango dell’Orango Frango

              Ho sognato un Orango,
              di nome Frango
              al quale piaceva ballare il Tango.

              Ma non di certo quello Argentino,
              non era poi un gran ballerino
              e non lo ballava con la sua amata,
              ancora quella non s'era lavata,...
              ché rotolata s'era nel fango,
              e non si sentiva di ballar un tango.

              Lo ballava abbracciato a una scopa
              sognando tournée per tutta l'Europa.
              Sognava applausi, lustrini e pajette
              e al casinò giocare a roulette,

              Pensava a una vita con tanto successo
              Piena di lussi e vestiti col gesso.

              Ma il rude guardiano lo risvegliò
              e tutt'a un tratto la scopa sfilò
              dalle sue mani e al posto di quella
              un frutto acerbo e una caramella
              diede in cambio al povero Orango,
              senza più scopa e senza più Tango.

              Ho sognato un Orango
              di nome Frango
              al quale piaceva ballare il Tango,
              ma nella sua gabbia rimase nel fango
              con la sua amata a mangiarsi il suo mango.
              Composta venerdì 20 settembre 2013
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