Poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia
Onde, come ossa che spumano rapide
di versi di una preghiera ancestrale –
in superficie e mai nel suo profondo! –
s'affollano nel lutto della notte
turbano la quiete ed il silenzio
disfanno le lenzuola senza avere
speranza alcuna che vi sia disteso
il compianto defunto seppellito
nelle abissalità di un'illusione –
già nel ricordo della vita fu
un essere dal solamente volto
ed un volto che si ridusse ad occhio –
e la luce era invece il suo incendiarsi –
arrivarono al niente della riva
come spose nell'aldilà del Tempo
sull'altare sabbioso della cenere
s'ergeva il buio, unico da contendere,
il troppo vasto buio fino a perdersi
oltre sé stesso, fin dentro altri luoghi.
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    Scritta da: Andrea De Candia
    Il lutto senza lacrime del sonno,
    la pelle sepolta nella memoria,
    la discesa di un velo tutto sopra
    l'anima ch'è defunta e più schiacciata
    le carezze abissali di un sussurro
    dove l'acque non trovano la sabbia
    dove il lenzuolo stesso è un indicare
    che la spuma è il nient'altro che si ha
    dell'onda – solo risvegliando il corpo
    il bacio del respiro di un gemello
    amante sopra di cui non saprò –
    l'insonne vede ben più di quel sogno
    che avrebbe avuto avesse fatto come
    gli altri dormienti – li scavalca uscendo
    – muri caduti senza andare in cocci –
    ha il suo lutto nell'anima che ha dentro
    sepolta agonizzante – ancora viva! –
    è l'empatia a permettere che pensi
    a quello più lontano sovrastante –
    il cielo perse il cuore del suo centro
    se lo vide strappare da un estraneo
    cadde ferito già nella sua tomba
    essa divenne sopra di lui un pianto
    e una preghiera in mormorii di onde –
    ed una Madre non potè far altro
    che vestire l'atmosfera in nero
    le stelle furono tutte le lacrime
    pensate senza che fossero piante –
    e la visione su cui gli ricadde
    con le sue nere pupille, ad un suolo
    alto, fu l'aldilà del sottosuolo
    che disilludeva sull'oltretomba,
    anzi la scoperchiava, riportando
    alla luce, la luce della Luna
    come il teschio del figlio che ebbe perso.
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      Scritta da: Andrea De Candia
      Il Tempo in lutto ha impedito il raduno,
      ha vestito il suo sonno di silenzio
      sulla bocca del suo foglio celeste,
      sulla soglia della pupilla appaiono –
      porta da quello a questo mondo – lacrime
      che quasi hanno paura di avanzare
      nella loro caduta, non soltanto
      più col riflesso. Il nottivago insonne
      si ritrova credente a sua insaputa
      in questa chiesa distrutta da troppo,
      aspetta che di eco in eco veda
      la luce che coi suoi sospiri implora
      pietà, ché esista in solitarie ceneri!
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        Scritta da: Andrea De Candia
        Ora già sorge il sogno dal cadavere
        del sonno, ancora dal corpo celeste
        dell'uomo dio traspare ch'è scomparso
        l'occhio defunto andato a seppellirsi
        nell'aldilà dell'anima al passato,
        palpebre unite per un passo indietro,
        ancora il ciglio e il lutto conseguente,
        ora in questo contrasto si rivela
        – resurrezione in ceneri di lacrime –
        il firmamento, che fu intera vita
        del Sole, unico mondo della luce.
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          Scritta da: Andrea De Candia

          La distrazione

          Cara signora Schubert, ha notato
          che il Tempo ultimamente è sempre più distratto?
          I matematici, pianisti dei numeri, dicono che abbia i giorni
          contati. Forse è proprio per questo che il Tempo, al funerale
          di un mio amico, per distrazione è andato a fare
          le condoglianze ad una morte sbalordita.
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            Scritta da: Andrea De Candia

            La storia

            Come si entra nella storia, cara signora Schubert?
            All'assalto, come i tiranni? Timidamente, come i poeti?
            Va applaudita, quando concede il bis su richiesta
            del pubblico? Di quale pubblico? Bisogna tacere,
            quando invia come spie il caso e il destino?
            Si può uscirne fuori? Un incendio esperto
            batte sulla fronte del fuoco.
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              Scritta da: Andrea De Candia

              Il venditore di vulcani

              Cara signora Schubert, ricorda a Città del Messico il venditore
              di vulcani che vomitava lava? Intorno a noi si addensava un
              pulviscolo di cenere, e io la perdevo di vista. Ci fondevamo
              con un viscoso crepuscolo di magma. Non ero io a chiamarla,
              a gridare erano le faville, difetti della nostra pronuncia. Un
              falò di cani abbaiava. La temperatura era scesa a quattro gradi
              sotto zero. In quel momento imparammo forse qualcosa di più
              su noi stessi? Questo non è scritto da nessuna parte, sebbene le
              parole siano già in cammino.
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                Scritta da: Andrea De Candia

                Re Edipo

                Cara signora Schubert, eppure re Edipo questo non l'aveva
                voluto... Ma c'era già stato l'oracolo. Perciò dovette uccidere
                suo padre e sua madre. Avrebbe potuto non lasciare
                Corinto, o non tornare a Tebe. Il fato arrogante sfoglia il
                giornale nel vicino caffè. Nelle notizie di cronaca tutto come al
                solito: i corpi sono stati rimossi dalla strada, il sangue è
                stato lavato. Sempre gli stessi maturandi del crimine, lo stesso
                sorgere del sole con un accento sul tramonto.
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                  Scritta da: Andrea De Candia

                  UE

                  Cara signora Schubert, ricorda ancora
                  l'Unione Europea? Il XXI secolo. Quanti anni sono trascorsi...
                  Ricorda il grano ecologico? La depressione del lusso?
                  E il nostro letto che sfrecciava sull'Autostrada del Sole? Era la nostra
                  giovinezza, cara signora Schubert, e per quanto gli orologi
                  persistano nella propria opinione, tengo questo tempo
                  ben stretto nel pugno.
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