Con gli occhi pestati ed uno spartito da e-seguire al buio. Notte-musica di latrati d'anima al cigolio delle giunture scricchiolare di ciglia friabili picchiettare estenuante di unghia come artigli come graffi di gatta fracassarsi di suoni di vagiti solitari spettro angelicato di mano diabolica nel volo ribelle, lo schianto.
Amo, in assoluto, che mi venga rivolta un solo tipo di domanda, e di questa ho disperato bisogno, fatta con il cipiglio di chi vuole invadere l'anima, assediandola, e voglia farla vibrare, come pelle finissima di tamburo sotto lo scalpitare dei palmi. Disarmarmi di difese e farmi aderire alle pareti della vergogna, del pudore e della remora. Tu sei la domanda.
Nella testa un'orgia di mille gusti. Spiami l'anima dalla serratura dell'ingordigia, ciglia come mani e cornee che s'allunghino ad unirsi al mucchio. E respiro piano per non ferirti le costole. Sono la visione di una melodia, assolo, affondi.
Sbilanciata sul precipizio al cospetto della vertigine del nulla e m'attendo e mi ritardo la caduta sazia d'avanzi d'ultime cene presunta sovrana dei tre mondi tra vampe e cieli in sospensione-limbo sconfitta nell'eremitaggio caustica e dissacrante cementata in nicchia come statua d'iridi roteanti a farmi d'ultima umanità offesa dallo stupro della spietatezza inneggio agli eserciti dei sentimenti neri di incedere ed uccidere.
Che tu sia la lama sospesa che crea terrore ancor prima di infliggersi e conficcarsi, ché un attimo prima del taglio io percepisca il dolore imminente.
È così che vieni.
Ti situo in aria con il ferro alzato e sgrano gli occhi per il colpo scuro. Rosso.
Oh, le mie passioni grottesche che mi fanno così tanto arrossire inorridire Quest'immaginario che mi trastulla con ogni violenza impensabile. Animali a guardarsi dritti negli occhi, noi. Chi abbassa, per primo, lo sguardo, perde. Chi lo sostiene senza prostrarlo, non vince. Se vorrai guardarmi da più vicino, lì, sarà la tua vittoria.
Il bianco si mistura al nero in una miscela perfetta, amalgama, ma dai contorni definiti, sull'anima a scacchi matti Regina senza cavallo ed alfieri diabolici.
Chiusa come le chiese, chiedimi dei chiodi dispersi nei chiostri antistanti le chiose. Chiari i pensieri del mio battesimo durato fino alla tua estrema unzione.
Trauma
Ago e memoria che passa per crune sottili. Rimozione, ma mai dimenticanza
Dreno i liquidi di fluide paure con Oppiacei umorali e Persecutorie forme Paranoidi Istrionica e teatrale Offesa dal passato
Artica
Mendico Estremo Tragico Amore
Con il nero dei capelli e lo sguardo celeste aperto sull'irrisolto, pelle diafana a contrastare l'anima. Con il nodo che incontra i denti del pettine. Con la coda di topo, come scalpo, in una tagliola. Come la mosca nella rete del ragno.
Malizia smaliziata con i profumi da puttana, spuria, sono davanti alla Santa Inquisizione a scegliere nella stanza delle torture ad espiare le mie eresie mentali e farne reliquia.
Furore e torpore. Sintetizzazione e overdose. Mi bolle dentro questa chimica che segna, ogni volta, la disfatta. Mi disfo. In mille pezzi. Non si capirebbe la mia forma iniziale (meglio) Quando sto così, non sto, non ci sono, non esisto, mi frantumo, mi piango, mi nauseo, mi castigo, mi evito, mi fustigo, mi inginocchio, mi ammalo (di più). Mi elimino, mi tradisco, mi lacero, mi strappo, mi dilanio, non mi perdono, non mi assolvo, mi danno.
Ho un plotone d'esecuzione. In me. A subire fucilazioni di petto, di schiena. Pena comminata dall'infamia del "reale" che mi legge la sentenza come fosse parabola. Un drappello misericordioso scende sempre a commutarmi la pena in agonia perenne. Mi dico, ogni volta, che concludere sarebbe preferibile al perpetuare.