Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Qual sempre à miei disir contraria sorte
fra la spiga e la man mi s'è trasmessa,
sì che la gioia, che mi fu promessa,
tarda tanto a venir per darmi morte?
Le mie due vive, due fidate scorte
il signor mio, anzi l'anima stessa,
l'imagin, che nel cor m'è sempre impressa,
perché non batte omai, lassa, a le porte?
L'alma allargata a questa nova speme
che ristretta nel duol prendea vigore,
mancherà tosto certo, se non viene.
E saran dè miracoli d'Amore,
ch'un'ombra breve di sperato bene
tolga altrui vita, e dia vita il dolore.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Se tu vedessi, o madre degli Amori,
    e teco insieme il tuo figlio diletto,
    l'accese e vive fiamme del mio petto,
    a quali altre fûr mai pari o maggiori;
    se tu vedessi i pelaghi d'umori,
    che, dapoi che 'l mio cor ti fu soggetto,
    mercé del vago e grazioso aspetto,
    per questi occhi dolenti verso fuori;
    so ch'avresti pietà del mio gran pianto
    e de la fiamma mia spietata e ria,
    che per sfogar talor descrivo e canto.
    Ma voi ferite, e poi fuggite via
    più che folgor veloci, ed io fra tanto
    resto col pianto e con la fiamma mia.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Se con tutto il mio studio e tutta l'arte
      io non posso accennar pur quanto e quale
      è 'l foco mio dal dì che 'l primo strale
      m'aventò Amor ne la sinistra parte,
      come volete voi signor, che ex parte
      l'altrui voglie amorose e l'altrui male
      con questa forza stanca e così frale
      ì dica in vive voci, o scriva in carte?
      Datemi o 'l ciel più stile o voi men pena,
      ond'abbia o più vigor o men martìre,
      sì che la vostra voglia resti piena.
      E, se ciò non si può, vostro desire
      adempiete da voi, ch'avete vena,
      stile ed ingegno eguale al vostro dire.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Cesare e Ciro, i vostri fidi spegli,
        in cui mai sempre, signor, vi mirate,
        poi ch'a seguir le lor chiare pedate
        par che ciascun di lor v'infiammi e svegli,
        perché, sì come è stato questi e quegli
        essempio di clemenzia e di pietate,
        solo in questa virtù v'allontanate
        da què due chiari ed onorati vegli?
        Perché non sète voi mite e clemente
        a me vostra prigion, vostra fattura,
        come fûr essi a l'acquistata gente?
        Anzi forse voi sète di natura
        mite con tutti, e meco solamente
        d'aspra e spietata. Oh mia somma sventura.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Sai tu, perché ti mise in mano, Amore,
          gli stral tua madre, ed agli occhi la benda?
          Perché quella saetti, impiaghi e fenda
          i cor di questo e quel fido amatore;
          e con questi non possi veder fuore
          de' colpi tuoi la crudeltà stupenda,
          sì che pietoso affatto non ti renda,
          o almen non tempri l'empio tuo furore.
          Che, se vedessi un dì la piaga mia,
          o non saresti dio, ma cruda fèra,
          o pietoso o men aspro ti faria.
          Non vorrei già che tu vedessi in cera
          i raggi del mio sol; ché ti parria
          forse a l'incontro picciola e leggera.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Per le saette tue, Amor, ti giuro,
            e per la tua possente e sacra face,
            che, se ben questa m'arde e 'l cor mi sface,
            e quelle mi feriscon, non mi curo;
            quantunque nel passato e nel futuro
            qual l'une acute, e qual l'altra vivace,
            donne amorose, e prendi qual ti piace,
            che sentisser giamai né fian, né fûro;
            perché nasce virtù da questa pena,
            che 'l senso del dolor vince ed abbaglia,
            sì che o non duole, o non si sente appena.
            Quel, che l'anima e 'l corpo mi travaglia,
            è la temenza ch'a morir mi mena,
            che 'l foco mio non sia foco di paglia.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Arsi, piansi, cantai; piango, ardo e canto;
              piangero, arderò, canterò sempre
              (fin che Morte o Fortuna o tempo stempre
              a l'ingegno, occhi e cor, stil, foco e pianto)
              la bellezza, il valor e 'l senno a canto,
              che 'n vaghe, sagge ed onorate tempre
              Amor, natura e studio par che tempre
              nel volto, petto e cor del lume santo:
              che, quando viene, e quando parte il sole,
              la notte e 'l giorno ognor, la state e 'l verno,
              tenebre e luce darmi e tôrmi suole,
              tanto con l'occhio fuor, con l'occhio interno,
              agli atti suoi, ai modi, a le parole,
              splendor, dolcezza e grazia ivi discerno.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                O de le mie fatiche alto ritegno,
                mentre ad Amor ed a Fortuna piacque,
                conte gentil, a cui giamai non nacque
                bellezza egual, valor, sangue ed ingegno;
                se 'l vostro cor di maggior donna degno
                una volta in me sola si compiacque,
                se fin gli scogli d'Adria, i lidi e l'acque
                san che voi sète il mio solo sostegno,
                perché senza mia colpa e mio difetto,
                se non d'esser più ch'altra fida stata,
                m'avete tratta fuor del vostro petto?
                Questa è la gioia mia da voi sperata?
                È questo quel che voi m'avete detto?
                Questa è la fé che voi m'avete data?
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  Deh, se vi fu giamai dolce e soave
                  la vostra fidelissima Anassilla,
                  mentre serrata, sì che nullo aprilla,
                  teneste del suo cor, conte, la chiave;
                  leggendo in queste carte il lungo e grave
                  pianto, a cui Amor per voi, lassa, sortilla,
                  mostrar almen di pietà una scintilla,
                  in premio di sua fé, non vi sia grave.
                  Accompagnate almen con un sospiro
                  la schiera immensa dè sospiri suoi,
                  che mille volte i ciel pietosi udîro.
                  Così sia sempre Amor benigno a voi,
                  quanto a lei fu per voi spietato e diro;
                  così non sia mai cosa che v'annoi.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    Questo poco di tempo che m'è dato,
                    anzi di vita, avanti il partir vostro,
                    voi devreste, o del mondo unico mostro,
                    essermi pur ad or ad or a lato;
                    acciò che poi, essendo dilungato
                    dal felice e natio terreno nostro,
                    prenda vigor dal vago avorio ed ostro
                    il mio poi, senza voi, misero stato.
                    Perché, se vi partite, ed io non prenda
                    prima vigor da voi, converrà certo
                    ch'a morte l'alma subito si renda.
                    E, dove al monte faticoso ed erto
                    d'onor poggiate, temo non offenda
                    questa macchia il candor del vostro merto.
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