Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Ma non sì tosto dal materno stelo
rimossa viene e dal suo ceppo verde,
che quanto avea dagli uomini e dal cielo
favor, grazia e bellezza, tutto perde.
La vergine che 'l fior, di che più zelo
che dè begli occhi e de la vita aver dè,
lascia altrui corre, il pregio ch'avea inanti
perde nel cor di tutti gli altri amanti.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Se gli è amico o nemico non comprende:
    tema e speranza il dubbio cor le scuote;
    e di quella aventura il fine attende,
    né pur d'un sol sospir l'aria percuote.
    Il cavalliero in riva al fiume scende
    sopra l'un braccio a riposar le gote;
    e in un suo gran pensier tanto penètra,
    che par cangiato in insensibil pietra.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Qual pargoletta o damma o capriuola,
      che tra le fronde del natio boschetto
      alla madre veduta abbia la gola
      stringer dal pardo, o aprirle 'l fianco o 'l petto,
      di selva in selva dal crudel s'invola,
      e di paura trema e di sospetto:
      ad ogni sterpo che passando tocca,
      esser si crede all'empia fera in bocca.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        E servò meglio questo giuramento,
        che non avea quell'altro fatto prima.
        Quindi si parte tanto malcontento,
        che molti giorni poi si rode e lima.
        Sol di cercare è il paladino intento
        di qua di là, dove trovarlo stima.
        Altra ventura al buon Rinaldo accade,
        che da costui tenea diverse strade.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Né tempo avendo a pensar altra scusa,
          e conoscendo ben che 'l ver gli disse,
          restò senza risposta a bocca chiusa;
          ma la vergogna il cor sì gli trafisse,
          che giurò per la vita di Lanfusa
          non voler mai ch'altro elmo lo coprisse,
          se non quel buono che già in Aspramonte
          trasse dal capo Orlando al fiero Almonte.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Nel fondo avea una porta ampla e capace,
            ch'in maggior stanza largo adito dava;
            e fuor n'uscìa splendor, come di face
            ch'ardesse in mezzo alla montana cava.
            Mentre quivi il fellon suspeso tace,
            la donna, che da lungi il seguitava
            (perché perderne l'orme si temea),
            alla spelonca gli sopragiungea.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Come è più appresso, lo sfida a battaglia;
              che crede ben fargli votar l'arcione.
              Quel che di lui non stimo già che vaglia
              un grano meno, e ne fa paragone,
              l'orgogliose minacce a mezzo taglia,
              sprona a un tempo, e la lancia in resta pone.
              Sacripante ritorna con tempesta,
              e corronsi a ferir testa per testa.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Quanto potea più forte, ne veniva
                gridando la donzella ispaventata.
                A quella voce salta in su la riva
                il Saracino, e nel viso la guata;
                e la conosce subito ch'arriva,
                ben che di timor pallida e turbata,
                e sien più dì che non n'udì novella,
                che senza dubbio ell'è Angelica bella.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  Su la riviera Ferraù trovosse
                  di sudor pieno e tutto polveroso.
                  Da la battaglia dianzi lo rimosse
                  un gran disio di bere e di riposo;
                  e poi, mal grado suo, quivi fermosse,
                  perché, de l'acqua ingordo e frettoloso,
                  l'elmo nel fiume si lasciò cadere,
                  né l'avea potuto anco riavere.
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