Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Canto primo

Quando l'Eterno passeggiò col guardo
Tutto il creato, diffondendo intorno
Riso di pace, e fiammeggiar si vide
Nè cieli il Sole, e rotear le stelle
Dietro la dolce-radïante Luna
Tra il fresco vel di solitaria notte,
E germogliò natura, e al grigio capo
Degli altissimi monti alberi eccelsi
Fèro corona, e orrisonando udissi
L'ampio padre Oceàn fremer da lungi;
Sin da quel giorno d'aquilon su i vanni
Scese Giustizia, e i fulmini guizzando
Al fianco le strideano, i dispersi
Crini eran cinti d'abbaglianti lampi.
In alto assisa vide ergersi il fumo
D'innocuo sangue, che fraterna mano
Invida sparse, e dagli vacui abissi
A tracannarlo, e tingersi le guance
Morte ansante lanciossi: immerse allora
La Dea nel sangue il brando, e a far vendetta
Piombò su l'orbe, che tacque e crollò.
Ma fra le colpe di natura infame
Brutta d'orrore la tremenda Dea
Si fè nel viso, e 'l lagrimato manto
E le aggruppate chiome ad ogni scossa
Grondavan sangue, e fra gemiti ed ululi
S'udia l'inferno e la potenza eterna
Bestemmiando invocati. - A un tratto sparve
Contaminata la Giustizia fera,
E al sozzo pondo dell'umane colpe
Le suo immense bilance cigolaro;
Balzò l'una alle sfere, e l'altra cadde
Inabissata nel tartareo centro.

L'Onnipossente dal più eccelso giro
Della sua gloria, d'onde tutto move,
Udì le strida del percosso mondo,
E al ciel lanciarsi la ministra eterna
Vide: accennò la fronte, e le soavi
Arpe angeliche tacquero; e la faccia
Prostraro i cherubini, e '1 firmamento
Squassato s'incurvò. - Verrà quel giorno,
Verrà quel giorno, disse Dio, che all'aere
Ondeggeranno quasi lievi paglie
L'audaci moli; le turrite cime,
D'un astro allo strisciar, cenere e fumo
Saranno a un tratto; tentennar vedrassi
Orrisonante la sferrata terra,
Che stritolata piomberà nel lembo
D'antiqua notte, fra le cui tenèbre
E Luna e Sol staran confusi e muti;
Negro e sanguigno bollirà furente
Lo spumante Oceàn, rigurgitando
Dall'imo ventre polve e fracid'ossa,
Che al rintronar di rantolosa tuba
Rivestiran lor salma, e quai giganti
Vedransi passeggiar su le ruine
Dè globi inabissati! E morte e nulla
Tutto sarà: precederammi il foco,
Fia mio soglio Giustizia, e fianmi ancelle,
Armate il braccio ed infiammato il volto,
Ira e Paura! Ma Pietà sul mondo
Scenda sino a quel giorno, e di tremenda
Giustizia fermi l'instancabil brando.
Disse; e Pietà, dei Serafin tra mille
Voci di gaudio, dell'Eterno al trono
Le ginocchia piegò; stese la palma
Il Re dei re su la chinata testa,
E l'unse del suo amor. Udissi allora
Spontaneamente volteggiar pè cieli
Inno sacro a Pietà: m'udite attenti
E terra e mar, e canterò; m'udite,
Chè questo è un inno che dal ciel discende.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    La Tregua L'occhio non vede
    dove il cuore incespica
    e il palpito incolore s'incaglia sui binari dell'indifferenza.

    La memoria si è affievolita
    imbarbarita e sola
    posta sull'altare del buio.

    Sono segni da restituire
    per la pianta assetata dell'uomo
    per i figli orfani della storia.

    ** il titolo è tratto dall'opera di Primo Levi "La Tregua".
    Molte volte il nostro piccolo occhio e il nostro cuore
    dimentica la sofferenza dell'umanità, tutto viene revisionato,
    anche il nostro ricordo.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Favelas In questo bosco di nullità
      dove il semplice calore dell'alito
      cancella i segni del tempo
      dove la palude
      confina col cielo
      e come birilli le piccole vite per gli squadroni
      sorge nella pece uno scampolo di vita.
      Sono margini d'esistenza
      a cavalcioni sull'inferno
      e all'orizzonte piedi nudi su vetri appuntiti.
      Copri di fango
      i loro occhi frigidi dal freddo
      perché la sabbia di Rio
      si vende a chi trova un altro Brasile.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Don't cry Argentina Don't cry Argentina
        sui tuoi aerei pieni di urla
        sopra corpi scaraventati nel mare
        dal cielo con i tuoi scarponi militari
        don't cry Argentina
        con la coppa del mondo
        innalzata dai sorrisi assassini
        dei tuoi Videla
        don't cry Argentina
        sullo sguardo delle madri
        intorno a piazza Major
        con gli occhi di corpi straziati
        le unghie e la lingua recise della libertà
        dont'cry Argentina
        sulla notte omicida
        della tua storia.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Ma de l'Italia o voi genti future,
          Me vate udite cui divino infiamma
          Libero Genio e ardor santo del vero:
          Di Libertà la non mai spenta fiamma
          Rifulse in Grecia sin al dì che il nero
          Vapor non surse di passioni impure;
          E le mura secure
          Stettero, e l'armi del superbo Serse
          Dai liberi disperse
          Di civico valor fur monumento:
          Ambizïon da le dorate piume
          Sanguinosa le mani,
          E di argento libidine feroce,
          E molli studj, piacer folli e vani
          A libertà cangiar spoglia e costume.
          Itale genti, se Virtù suo scudo
          Su voi non stende, Libertà vi nuoce;
          Se patrio amor non vi arma d'ardimento,
          Non di compre falangi, il petto ignudo,.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            E del Giove terren l'augel battuto
            Drizza a l'aere natìo tarpati i vanni
            E sotto il manto imperïal si cela:
            Ma il vincitor lo inceppa, e gli alemanni
            Colli che borea eternamente gela,
            Senton lo altero vertice premuto
            Dal Guerrier cui tributo
            Offre atterrita dal suo cenno e doma
            La pontificia Roma,
            Dal Guerrier che ad Esperia i lumi terge
            E falla ricca dè tuoi puri doni,
            O Libertà gran dea,
            E l'uom ritorna ne gli antichi dritti
            Che prepotente tirannia premea.
            A vetta a l'Aventin Cesare s'erge
            Tirannic'ombra rabbuffata e fera,
            E mira uscir di Libertà campioni
            Popoli dal suo ardir vinti e sconfitti,
            Ond'alza il brando, e cala la visiera ...
            Ombra esacranda! Torna
            Sitibonda di soglio
            Ove lo stuol dei despoti soggiorna
            Oltre Acheronte a pascerti d'orgoglio:
            Eroe nel campo, di tiran corona
            In premio avesti, or altro eroe ritorna,
            Vien, vede, vince, e libertà ridona.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Del Re dei Re! - Quindi tra il fumo e i lampi
              S'involve in sen di tempestosa nube,
              Che occupa e offusca di Germania il suolo;
              Donde precorsa da mavorzie tube
              Balda rivolge e minacciosa il volo
              L'Aquila, e ingombra di falangi i campi;
              E par che Italia avvampi
              Di foco e guerra, di ruina e morte:
              Nè spezzar sue ritorte
              Osa, nè armarsi del francese usbergo.
              Ma s'affaccia l'Eroe; sieguonlo i prodi
              Repubblicano in fronte
              Nome vantando con il sangue scritto;
              Ecco d'estinti e di feriti un monte,
              Ecco i schiavi aleman ch'offrono il tergo
              E la tricolorata alta bandiera
              In man del Duce che in feral conflitto
              Rampogna, incalza, invita, e in mille modi
              Passa e vola qual Dio di schiera in schiera:
              Pur dubbio è marte; ei dove
              Più dè cavalli l'ugna
              Nel sangue pesta, e sangue schizza e piove,
              E regna morte in più ostinata pugna
              Cò suoi si scaglia, e la fortuna sfida
              Guerriero invitto, e tra le fiamme pugna
              E vince; e Italia libertade grida.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Deh! Mira, come flagellata a terra
                Italia serva immobilmente giace
                Per disperazïon fatta secura:
                Or perché turbi sua dolente pace,
                E furor matto e improvida paura
                Le movi intorno di rapace guerra?
                Piaghe immense rinserra
                Nel cor profondo; a che piagar suo petto,
                Forse d'invidia oggetto,
                Per chi suo gemer da lontan non sente?
                Ma tu, feroce Dea, non badi e passi,
                E a l'armi chiami, a l'armi,
                E al tuon dè bronzi e al fulminar tremendo
                E a l'ululo guerrier perdonsi i carmi.
                Cede Sabaudia, e in alto orribilmente
                Del tuo giovin, Campion splende la lancia;
                Tutto trema e si prostra anzi i suoi passi,
                E l'Aquila real fugge stridendo
                Ferita ne le penne e ne la pancia.
                Gallia intuona e diffonde
                Di Libertade il nome
                E mare e cielo Libertà risponde:
                L'Angel di morte per le imbelli chiome
                Squassa ed ostende coronata testa:
                Libertà! Grida a le provincie dome,
                Del Re dei folli Re vendetta è questa.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  Offre scampo ai tiranni, e il bel Sebeto
                  Irriga mansueto
                  Le al Vesuvio soggette auree campagne
                  E ricche aduna a usurpator le messi;
                  Abbevera il Ticino
                  Ungari armenti, e l'ospitali arene
                  Non saluta il Panaro in suo cammino;
                  T'ode gridar oltre le sue montagne
                  La subalpina donna e l'elmo allaccia
                  E s'alza e terge i rai nel duol dimessi,
                  Ma le gravano il piè sardo catene,
                  Onde ricade e copresi la faccia;
                  E le a te care un giorno
                  Città nettunie, or fatte
                  Son di mille Dionisj empio soggiorno:
                  Liguria avara contro sè combatte;
                  E l'inerme leon prostrato avventa
                  Nè suoi le zampe e la coda dibatte
                  E gli ammolliti abitator spaventa.
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