Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Piovea di sangue e di fiammelle un nembo
Cui sette Serafini a capo chino,
Onde raccôr, stendean l'aurato lembo;
     E aprissi il Cielo, e scese un Cherubino
Con un Calice in mano ov'era scritto
A note di adamante: Amor Divino.
     E poi ch'ebbe tre volte circoscritto
Lo spazio delle sfere, a posar venne
Sul tronco ove lavossi ogni delitto;
     Indi abbracciollo, e Cantico solenne
Coi Spiriti minori erse in dolore,
Dolce battendo di fulgor le penne.
     E a me, cui maestà cerchiava il core,
Scrivi scrivi, gridò, ciò che vedrai,
Chè queste son l'alt'opre del Signore.
     A lui per riverenza io m'atterrai,
E al suon di tromba vidi in Orïente
Splender igniti abbarbaglianti rai
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Coronato d'alloro, o naviganti,
    Adorando, e libateli dall'alta
    Poppa in onor della palmosa Delo,
    Ospizio di Latona, isola cara
    Al divino Timbrèo, cara alla madre
    Delle Nereidi, e al forte Enosigèo.
    Non ferverà per voi l'ira del flutto
    Dalle Cicladi chiuso ardue di sassi,
    Nè dentro al nembo suo terrà la notte
    L'aure seconde, e l'orïente guida
    Delle spiate nubi. Udrà le preci
    Febo; dai gioghi altissimi di Cinto
    Lieti d'ulivi e di vocali lauri,
    Al vostro corso le cerulee vie
    Spianerà tutte, e agevoli alle antenne
    Devote manderà gli Eolii venti.
    Però che l'occhio del figliuol di Giove,
    Lieto fa ciò che mira: Apollo salva
    Chi Delo onora. O stanza dell'errante
    Latona! Invan la Dea liti e montagne
    Dolorando cercò: fuggìanla i fiumi
    E contendeano a correre col vento.
    Ove più poserai dal grave fianco
    Lo peso tuo? Nè avrà culle e lavacri
    Dell'Olimpio la prole, o dolorosa?
    Ma la nuotante per l'Icario fonte
    Isola, à venti e all'acque obbedïente,
    Lei ricettò, sebben in ciel si stesse
    La minaccia di Giuno alla vedetta.
    Amor di Febo e dè Celesti è Delo.
    Immota, veneranda ed immortale,
    Ricca fra tutte quante isole siede
    E le sorelle a lei fanno corona.
    I doni di Lieo nell'auree tazze
    D'alloro inghirlandate o naviganti
    Adorando; e libateli dall'alta
    Poppa in onor della palmosa Delo.

    Tale cantando Alceo strinse di grato
    Ozio i Tritoni, e i condottieri infidi
    Della nave che gìa pel grande Egeo
    Italia e le Tirrene acque cercando
    Onde posar nella toscana terra
    Le Muse che fuggìen l'arabo insulto
    E le spade e la fiamma ed il tripudio
    Dè nuovi numi, e del novello impero;
    Come piacque all'eterna onnipotenza
    Di quella calva che non posa mai
    Di vendicar sul capo dè Comneni
    Le vittorie di Roma, ed i tributi
    D'Asia, e di Costantin gli Dei mutati.

    Salìa dell'Athos nella somma vetta
    Il duca, e quindi il flutto ampio guardava
    E l'isole guardava e il continente
    Però che si chinava all'orizzonte
    Diana liberal di tutta luce.
    Gli suonavano intorno il brando e l'arme
    Sfolgoranti fra l'ombre, e giù dall'elmo
    Gli percuoteva in fulva onda le spalle
    La giuba dè corsier presi in battaglia;
    Negro cimiero ondeggiavagli, e il negro
    Paludamento si portavan l'aure.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Quindi cercando Bradamante gìa
      l'amante suo, ch'avea nome dal padre,
      così sicura senza compagnia,
      come avesse in sua guardia mille squadre:
      e fatto ch'ebbe al re di Circassia
      battere il volto dell'antiqua madre,
      traversò un bosco, e dopo il bosco un monte,
      tanto che giunse ad una bella fonte.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Or a poppa, or all'orza hann'il crudele,
        che mai non cessa, e vien più ognor crescendo:
        essi di qua di là con umil vele
        vansi aggirando, e l'alto mar scorrendo.
        Ma perché varie fila a varie tele
        uopo mi son, che tutte ordire intendo,
        lascio Rinaldo e l'agitata prua,
        e torno a dir di Bradamante sua.
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