Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Come i pesci

Le chiese parlano della salvezza
e la gente prega e chiede cose in silenzio
come i pesci
e sul volto di Gesù c'è una lacrima che scende
lacrime nere.

E i padri non vogliono più parlare della situazione,
sopravvivono prigionieri e sono abituati a tacere
come i pesci
e sul volto dei loro figli c'è una lacrima che scende
lacrime nere.

"Sebbene tu mi abbia gettato nell'abbandono
sebbene ormai siano morte tutte le mie illusioni,
piango senza che tu sappia che questo pianto mio
ha lacrime nere"
lacrime.

Le notizie parlano di rassegnazione
e la gente inghiotte e si guarda negli occhi
come i pesci
e sul volto della Vergine c'è una lacrima che scende
lacrime nere.

I ragazzi parlano di disillusione
e in silenzio vanno sul mare e se la squagliano
come i pesci
e sul volto di una madre rotola una lacrima
lacrime nere.

Sebbene tu mi abbia gettato nell'abbandono
sebbene ormai siano morte tutte le mie illusioni,
piango senza che tu sappia che questo pianto mio ha lacrime nere"
lacrime.

Le chiese parlano della salvezza
e la gente prega e chiede cose in silenzio
come i pesci
e sul volto di Gesù rotola una lacrima
lacrime nere.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Il piacere

    Nox . . .

    O voluptatis comes et ministra.
    Pontanus.

    Grazie, arridetemi, riso soltanto
    Per noi serpeggi su la mia cetera,
    Chè il soavissimo Piacer io canto.
    Coll'estro facile carme gentile
    Io vò tessendo, carme ch'è simile
    A un fior ingenuo del gajo aprile.
    Ma il fior ingenuo olezza e muore;
    Anche il mio canto sen muoja subito,
    Purché per l'aere dispieghi odore.
    Già posa il candido ritondo braccio
    Sopra le coltri sacrate a Cipria,
    Braccio che amabile tessuto ha un laccio.
    Cò piedi teneri, o biondi Amori,
    No, non calcate quel roseo talamo,
    Ma sparpagliatevi fragranti fiori.
    Correte rapidi, fanciulli alati,
    Correte dove in danza atteggiano
    Le Grazie i morbidi piè dilicati.
    Udite Venere, la Diva udite
    Che vel comanda, di qui fuggitevi,
    La venerabile Diva ubbidite.
    Restar sul talamo sola desìa,
    Della fanciulla che sparge lagrime
    Sola vuol vincere la ritrosìa
    O dense tenebre, sì desiate!
    Giovane, taci, mi grida Cipria,
    Ch'omai s'appressano l'ore beate.
    Taccio: ma l'anima non può tacere,
    Tra sè ella canta gli accenti fervidi,
    Chè invasa sentesi sol da piacere.
    Qual grato fremito le taciturne
    Ombre sussurra, ombre che romponsi
    Dal raggio argenteo di membra eburne.
    O tu degli esseri vivo fermento,
    Sacro Piacere, per te in quest'anime
    Spruzza il tuo nettare, del ciel contento.
    L'aureo Filosofo dall'urna s'alzi,
    Bench'ombra cinga le bianche tempie
    Di rose, e un cantico egli t'innalzi.
    Per te sol prendono, o bello Dio,
    Gli augelli il canto, per te dei Zeffiri
    Dolce è all'orecchio il mormorio.
    Sol per te il fervido bel garzoncello
    A donzelletta vezzosa ingenua
    Rivolge cupido l'amante occhiello.
    Ah! un dì le rosee vèr me tue piante
    Volgi, o Piacere, dè Numi invidia,
    Sarò beatissimo da quell'istante.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Le conchiglie

      Ogni incrostata conchiglia che sta
      In quella grotta in cui ci siamo amati
      Ha la sua propria particolarità.

      Una dell'anima nostra ha la porpora
      Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
      Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

      Un'altra imita te nei tuoi languori
      E nei pallori tuoi di quando, stanca,
      Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.

      Questa fa specchio a come in te s'avvolge
      La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
      Alla tenera e corta nuca rosa;

      Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Poichè l'alba si accende...

        Poiché l'alba si accende, ed ecco l'aurora,
        poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
        a ritornare a me che la chiamo e l'imploro,
        poiché questa felicità consente ad esser mia,

        facciamola finita coi pensieri funesti,
        basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
        basta con l'ironia e le labbra strette
        e parole in cui uno spirito senz'anima trionfava.

        E basta con quei pugni serrati e la collera
        per i malvagi e gli sciocchi che s'incontrano;
        basta con l'abominevole rancore! Basta
        con l'oblìo ricercato in esecrate bevande!

        Perché io voglio, ora che un Essere di luce
        nella mia notte fonda ha portato il chiarore
        di un amore immortale che è anche il primo
        per la grazia, il sorriso e la bontà,

        io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
        da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
        camminare diritto, sia per sentieri di muschio
        sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;

        sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
        verso la meta a cui mi spingerà il destino,
        senza violenza, né rimorsi, né invidia:
        sarà questo il felice dovere in gaie lotte.

        E poiché, per cullare le lentezze della via,
        canterò arie ingenue, io mi dico
        che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
        e non chiedo, davvero, altro Paradiso.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          La lontananza

          Ito, aure dolci, a Cloe
          Che le delizie or godo
          Dei boschi, e i lai lion ode
          D'un tenero amatori
               La troverete al margo
          Forse d'un rio cannoso,
          O al rozzo d'odoroso
          Arbore in grembo ai fior.
               Ite, aure dolci, a Cloe,
          E con scherzosi giri
          Recate i miei sospiri,
          Le rammentate amor.
               Una vezzeggi il crine,
          L'altra, ogni incenso accolto,
          Lambisca il roseo volto,
          Soave scenda al cor.
               Torna, gentil donzella,
          Con flebil suon le dica,
          Torna, vezzosa amica,
          Al tuo poeta in sen.
               Le grazïose aurette
          Passano ad una ad una,
          E mi prometto ognuna
          Chieder pietà al mio ben.
               Chinano il capo i gigli,
          Scuoton le frondi i rami,
          Sembrano dirmi: Ed ami
          Con tanta fedeltà?
               Se son pietosi i fiori,
          So son pietosi i venti,
          A' pianti ed a' lamenti,
          Non avrà Cloe pietà?
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            LA PARTENZA.

                 Partita è Cloe: ah! volino
            Le Grazie a lei d'intorno,
            E lieta l'accompagnino
            Al rustico soggiorno.
                 Or forse è giunta, e tacita
            Trascorre il campo aprico:
            Deh! fra soavi palpiti
            Rammenti il fido amico.
                 Ruscel che scorri limpido,
            Se ascolti il nome mio,
            Più dolcemente mormora,
            Dille che l'amo anch'io.
                 Auretta solitaria,
            Se intorno a lei t'aggiri,
            Con flebil suono annunziale
            I mesti miei sospiri.
                 Vispi augellini teneri,
            Ito dov'ella siede,
            E con gorgheggio querulo
            Le rammentato fede.
                 Voi pure amate, e il giubilo
            È a voi compagno: io solo
            Amo, ma spargo lagrime,
            Amo, ma in mezzo al duolo.
                 Pur mi son dolci i gemiti
            Per questo amor pudico;
            Ah! fra soavi palpiti
            Rammenti il fido amico.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Il pomo

              Pomo ch'io colsi, e Cloe,
              Da un arbuscel gentile,
              Che a quei dei verde aprile
              Non può invidiare i fior,
              Pomo ch'effigia e mostra
              Del volto tuo la rosa,
              Ti dona, o Cloe vezzosa,
              Con la mia mano il cor.
              Mel chiese or or con Clori
              La bruna Nice e Irene;
              Ma il pomo sol conviene,
              Mia bionda amica, a te.
              Così fra Tirai e Dafni
              Da te ottenessi io fede...
              Ma tu ti sdegni; ahi chiede
              Un cuor quel che ti diè.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Il serto

                Cogliete, o pastorelli,
                Cogliete vaghi fiori,
                Chè deggio per gli albori
                A Fille un serto far.
                Farlo vorrei sol io,
                Ma nol permetto l'ora,
                Chè in Cielo già l'Aurora
                Comincia rosseggiar.
                E le dirò che il serto
                Tessuto è di mia mano.
                Ma che? Così profano
                Il labbro mio sarà?
                Mai menzogner non fui,
                E s'anche il fossi, ah! Fille
                Fra mille fiori e mille
                i miei distinguerà.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  La febbre

                  Febbre le vene accende,
                  O Cloe, del tuo poeta,
                  E tu frattanto lieta
                  Passi cantando i dì.
                       Serbi così l'affetto
                  Che tu giurasti a lui,
                  I fidi merti sui
                  Compensi, o Cloe, così?
                       Misero giovanetto,
                  Che ad un'ingrata credi,
                  Cessa d'amar; non vedi
                  Ch'ella t'inganna ognor?
                       Cruda!... Ma dir vorresti:
                  Nol seppi, il giuro ai Dei:
                  Taci, spergiura sei,
                  Chè te lo disse Amor.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    Il desiderio

                    Io non invidio ai vati
                    Le lodi e i sacri allori,
                    Nè curo i pregi e gli ori
                    D'un duce o d'un sovran.
                         Saran miei dì beati
                    Se avrò il mio crine cinto
                    Di serto vario-pinto
                    Tessuto di tua man.
                         Saran miei dì beati
                    Se in mezzo a bosco ombroso
                    Il volto tuo vezzoso
                    Godrommi a contemplar.
                         Che bel vederci allora
                    Mille cambiar sembianti,
                    E direi: O cori amanti,
                    Cessate il palpitar!
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