Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

De gli occhi de la mia donna si move

De gli occhi de la mia donna si move
un lume sì gentil che, dove appare,
si veggion cose ch'uom non po' ritrare
per loro altezza e per lor esser nove:
e dè suoi razzi sovra 'l meo cor piove
tanta paura, che mi fa tremare
e dicer: "Qui non voglio mai tornare";
ma poscia perdo tutte le mie prove:
e tornomi colà dov'io son vinto,
riconfortando gli occhi paurusi,
che sentier prima questo gran valore.
Quando son giunto, lasso!, ed è son chiusi;
lo disio che li mena quivi è stinto:
però proveggia a lo mio stato Amore.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Amore e 'l cor gentil sono una cosa

    Amore e 'l cor gentil sono una cosa,
    sì come il saggio in suo dittare pone,
    e così esser l'un sanza l'altro osa
    com'alma razional sanza ragione.
    Falli natura quand'è amorosa,
    Amor per sire e 'l cor per sua magione,
    dentro la qual dormendo si riposa
    talvolta poca e tal lunga stagione.
    Bieltate appare in saggia donna pui,
    che piace a li occhi sì, che dentro al core
    nasce un disio de la cosa piacente;
    e tanto dura talora in costui,
    che fa svegliar lo spirito d'Amore.
    E simil face in donna omo valente.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io

      Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io
      fossimo presi per incantamento,
      e messi in un vasel ch'ad ogni vento
      per mare andasse al voler vostro e mio.
      Sì che fortuna od altro tempo rio
      non ci potesse dare impedimento,
      anzi, vivendo sempre in un talento,
      di stare insieme crescesse 'l disio.
      E monna Vanna e monna Lagia poi
      con quella ch'è sul numer de le trenta
      con noi ponesse il buono incantatore:
      e quivi ragionar sempre d'amore,
      e ciascuna di lor fosse contenta,
      sì come ì credo che saremmo noi.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Ne li occhi porta la mia donna Amore (Vita Nova, XXI)

        Ne li occhi porta la mia donna Amore,
        per che si fa gentil ciò ch'ella mira;
        ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira,
        e cui saluta fa tremar lo core,
        sì che, bassando il viso, tutto smore,
        e d'ogni suo difetto allor sospira:
        fugge dinanzi a lei superbia ed ira.
        Aiutatemi, donne, farle onore.
        Ogne dolcezza, ogne pensero umile
        nasce nel core a chi parlar la sente,
        ond'è laudato chi prima la vide.
        Quel ch'ella par quando un poco sorride,
        non si po' dicer né tenere a mente,
        sì è novo miracolo e gentile.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Tanto gentil e tanto onesta pare

          Tanto gentil e tanto onesta pare
          la donna mia quand'ella altrui saluta,
          ch'ogne lingua deven tremando muta,
          e li occhi no l'ardiscon di guardare.

          Ella si va, sentendosi laudare,
          benignamente d'umiltà vestuta;
          e par che sia una cosa venuta
          da cielo in terra a miracol mostrare.

          Mostrasi sì piacente a chi la mira,
          che dà per li occhi una dolcezza al core,
          che 'ntender non la può chi no la prova;

          e par che de la sua labbia si mova
          uno spirito soave pien d'amore,
          che va dicendo a l'anima: Sospira.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Herbert Marshall

            Tutto il tuo dolore, Louise, e il tuo odio per me
            nacquero dalla tua illusione, che fosse leggerezza
            di spirito e disprezzo dei diritti della tua anima
            ciò che mi fece volgere ad Annabella e abbandonarti.
            In realtà tu prendesti ad odiarmi per amor mio,
            poiché io ero la gioia della tua anima,
            formato e temprato
            per risolverti la vita, e non volli.
            Ma tu eri la mia disgrazia. Se tu fossi stata
            la mia gioia, non mi sarei forse attaccato a te?
            Questo è il dolore della vita:
            le si può essere felici solo in due;
            e i nostri cuori rispondono a stelle
            che non voglion saperne di noi.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Julia Miller

              Bisticciammo quella mattina,
              perché lui aveva sessantacinque anni, e io trenta,
              ed ero nervosa e greve del bimbo
              la cui nascita mi atterriva.
              Io pensavo all'ultima lettera scrittami
              da quella giovane anima straniata
              il cui abbandono nascosi
              sposando quel vecchio.
              Poi presi la morfina e sedetti a leggere.
              Attraverso l'oscurità che mi scese sugli occhi
              io vedo ancora la luce vacillante di queste parole:
              "E Gesù gli disse: In verità
              io ti dico, Oggi tu
              sarai con me in paradiso"
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Minerva Jones

                Sono Minerva, la poetessa del villaggio,
                fischiata, schernita dai villanzoni della strada
                per il mio corpo goffo, l'occhio guercio, e il passo largo
                e tanto più quando "Butch" Weldy
                mi prese dopo una lotta brutale.
                Mi abbandonò al mio destino col dottor Meyers;
                e io sprofondai nella morte, gelando dai piedi alla faccia, come chi scenda in un'acqua di ghiaccio.
                Vorrà qualcuno recarsi al giornale,
                e raccogliere i versi che scrissi? —
                Ero tanto assetata d'amore!
                Ero tanto affamata di vita!
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Il giudice Somers

                  Come accade, ditemi,
                  che io, il più erudito degli avvocati,
                  che conoscevo Blackstone e Coke
                  quasi a memoria, che feci il più gran discorso
                  che il tribunale avesse mai udito, e scrissi
                  un esposto che meritò l'elogio del pretore Breese —
                  come accade, ditemi,
                  che io giaccio qui, dimenticato, ignoto,
                  mentre Chase Henry, l'ubriacone della città,
                  ha un cippo di marmo, sormontato da un'urna,
                  su cui la Natura in un capriccio d'ironia
                  ha seminato un cespo in fiore?
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    Il dottor Siegfried Iseman

                    Dissi, quando mi consegnarono il diploma,
                    dissi a me stesso che sarei stato buono
                    e saggio e coraggioso e caritatevole col prossimo;
                    dissi che avrei trasportato il Credo cristiano
                    nella pratica della medicina!
                    Ma, non so come, il mondo e gli altri dottori
                    subodorano ciò che si ha in cuore non appena si prende
                    questa magnanima risoluzione.
                    E il sistema è pigliarvi per fame.
                    Da voi non verranno che i poveri.
                    Voi vi accorgerete troppo tardi che fare il dottore
                    non è che un modo di guadagnarsi la vita.
                    E quando siete povero e dovete reggere
                    il Credo cristiano e la moglie e i figli
                    tutto sulla vostra schiena, è troppo!
                    Ecco perché fabbricai l'Elisir di Giovinezza,
                    che mi portò alla prigione di Peoria
                    bollato come truffatore e imbroglione
                    dall'integerrimo Giudice federale!
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