Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Quando la terra è d'ombre ricoverta,
E soffia 'l vento, e in su le arene estreme
L'onda va e vien che mormorando geme,
E appar la luna tra le nubi incerta;

     Torno dove la spiaggia è più deserta
Solingo a ragionar con la mia speme,
E del mio cor che sanguinando geme
Ad or ad or palpo la piaga aperta.

     Lasso! me stesso in me più non discerno,
E languono i miei dì come viola
Nascente ch'abbia tempestata il verno;

     Chè va lungi da me colei che sola
Far potea sul mio labbro il riso eterno:
Luce degli occhi miei, chi mi t'invola
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    In morte di Amaritte

    ELEGIA
     Qui sorge un'urna, e qui in funereo manto
    Erran le Grazie, e qui echeggiar s'ascolta
    Flebili versi, fioche voci, e pianto.
         E di cipressi sotto oscura volta
    Cupa Malinconia muta s'aggira
    Coi crin su gli occhi, e nel suo duol raccolta.
         Qui gemebondo a lagrimar si mira
    Vate canuto su la sorda pietra,
    E ora ammuta, ora geme, ed or sospira:
         Giace da un lato al suol mesta la cetra,
    Che con le dolci fila tremolando
    Manda intorno armonia confusa e tetra;
         E i primi affanni suoi più rammentando
    Al tetro suon Filomela risponde
    Suoi lai soavemente modulando.
         Al duol che il Vate misero diffonde
    Tutto sospira, tutto s'accompagna
    Tutto a piangere seco si confonde.
         Trista è così de' morti la campagna
    Allor che Young fra l'ombre de la notte
    Sul fato di Narcisa egro si lagna.
         E al suon di sue querele alte interrotte
    Silenzio, Oscurità s'alzan turbati
    Dal ferreo sonno di lor ampie grotte.
         Qui pur regna tristezza! E al colle, ai prati
    Agli alberi, alle fonti, ed agli augei
    Narra il buon Veglio d'Amaritte i fati.
         Anch'io, dolce Poeta, anch'io perdei
    Tenera, amica, onde confondo or mesto
    A' tuoi dirotti pianti i pianti miei.
         Erano gli occhi suoi caro e modesto
    Raggio di Luna, era il parlar gentile
    Giojoso cardellino appena desto.
         Ah! la Ninfa più amabile d'aprile
    Che inghirlanda di rose i crini a Flora
    Tanto non era a sua beltà simìle.
         Ma come il Sol de la vezzosa Aurora
    Le chiome arde e le vesti, e co' suoi dardi
    Spegne i fioretti, e di Favonio l'òra;
         Così Morte accigliata i dolci sguardi
    Della tenera amica d'improvviso
    Chiuse, ché i voti miei furono tardi.
         Pallido e smorto io vidi il vago viso,
    Udii gli estremi accenti, e l'fiato estremo
    Esalare fra un languido sorriso.
         È un anno intanto che coi pianti io spremo
    Dell'affannato cor l'immensa doglia,
    Che sol trovo conforto allor ch'io gemo.
         Cinta di bianca radïante spoglia
    Scende talora la pietosa amante
    A consolarmi da l'empirea soglia.
         E poco fa Ella apparve a me dinnante
    A mano d'Amaritte, a cui conforme
    Fu l'età, fu il costume, e fu l'sembiante.
         A le fiorite placide lor orme
    Io le conobbi, ed al sereno riso,
    E le conobbi a le beato forme,
         Sparpagliavano gigli, e dolce, e fiso
    Aveano in me quel raggio, che d'intorno
    Il piacer diffondea del Paradiso.
         Poscia su rosea nube a lor soggiorno
    Corteggiato dai Spiriti innocenti
    Balenando beltà facean ritorno.
         Ma tu, dolce Poeta, a' tuoi lamenti
    Pon modo alfine, e fa' che un lieto canto
    S'unisca ai loro angelici concenti.
         Or che siedi su l'urna, e un serto intanto
    Di cipresso lor tessi, Elle dal Cielo
    Ti guardan coronato d'amaranto.
         Oh! se avvolta talora in niveo volo
    La gentil Coppia a raddolcir discendo
    La piaga che a te fe' di morte il telo;
         Deh! tu ravvisa alle Virginee bende
    Al crin biondo alle cerule pupille
    La mia Angioletta, e sospirando dille:
         Odi che il tuo Fedel piange e t'attende.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Del Paradiso le beltà vedrai,
      Le disse; e tutta a un tratto si cosperse
      L'etra di gioja, di candor, di rai.
           Ma tosto d'atro orror si ricoverse,
      Brontolàr tuoni, serpeggiaro lampi
      Quando a morte e a terror la bocca aperse,
           E pinse come per i negri campi
      Nelle tempeste l'alto Dio passeggia,
      E qual di fiamme e di bufere avvampi
           Piena d'aspri lion l'empirea reggia,
      E qual su nubi negro e sanguinose
      Con igneo brando la Giustizia seggia.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Che ascosa al mondo sotto un puro ammanto
        Gode al raggio di Dio beata un'alma:
             E al suo parlar svegliossi da ogni canto
        Un'indistinta soave armonia,
        Un dolce dolce amorosetto canto.
             Pinse come su i Cieli rifiorìa
        D'amaranto immortale un vago serto
        Per chi l'inferno ed il peccato obblìa:
             E al suo parlar vezzosamente aperto
        Si vide il prato ne' color più gai,
        E di fioretti amabili coperto.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          E venir vidi in leggiadria decente
          Amabil Verginella, alla cui fronte
          Ornamento facea candor lucente.
               Così non luce mai vermiglio il monte
          Cui batte il Sol di sera, e sì non luce
          Sul mattin odoroso l'orizzonte.
               Nube che fior sparpaglia la conduce
          Per l'aer leggiadramente, ed al suo lato
          Fervida stassi Carità per duce.
               Di mite venticel fragrante fiato
          Spingea la bianca nube, e dir parea:
          In uffizio sì caro io son beato.
               E poi che giunse là 've risplendea
          L'augusta Croce, e di Angeli uno stuolo
          Radïante corona la facea;
               Troncò la nube candidetta il volo,
          E soffermossi a piè del Cherubino
          Che scese i Cieli maestoso e solo.
               Ed ei sul capo riverente e chino
          Dell'innocente Vergine la palma
          Stese, e sparse su lei sermon divino;
               E le dipinse la placida calma,
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