Poesie inserite da Silvana Stremiz

Questo utente ha inserito contributi anche in Frasi & Aforismi, in Indovinelli, in Frasi di Film, in Umorismo, in Racconti, in Leggi di Murphy, in Frasi per ogni occasione e in Proverbi.

Scritta da: Silvana Stremiz
Deh, perché così tardo gli occhi apersi
nel divin, non umano amato volto,
ond'io scorgo, mirando, impresso e scolto
un mar d'alti miracoli e diversi?
Non avrei, lassa, gli occhi indarno aspersi
d'inutil pianto in questo viver stolto,
né l'alma avria, com'ha, poco né molto
di Fortuna o d'Amore onde dolersi.
E sarei forse di sì chiaro grido,
che, mercé de lo stil, ch'indi m'è dato,
risoneria fors'Adria oggi, e 'l suo lido.
Ond'io sol piango il mio tempo passato,
mirando altrove; e forse anche mi fido
di far in parte il foco mio lodato.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz
    Chi vuol conoscer, donne, il mio signore,
    miri un signor di vago e dolce aspetto,
    giovane d'anni e vecchio d'intelletto,
    imagin de la gloria e del valore:
    di pelo biondo, e di vivo colore,
    di persona alta e spazioso petto,
    e finalmente in ogni opra perfetto,
    fuor ch'un poco (oimè lassa! ) empio in amore.
    E chi vuol poi conoscer me, rimiri
    una donna in effetti ed in sembiante
    imagin de la morte e dè martiri,
    un albergo di fé salda e costante,
    una, che, perché pianga, arda e sospiri,
    non fa pietoso il suo crudel amante.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Silvana Stremiz
      Voi, che 'n marmi, in colori, in bronzo, in cera
      imitate e vincete la natura,
      formando questa e quell'altra figura,
      che poi somigli a la sua forma vera,
      venite tutti in graziosa schiera
      a formar la più bella creatura,
      che facesse giamai la prima cura,
      poi che con le sue man fè la primiera.
      Ritraggete il mio conte, e siavi a mente
      qual è dentro ritrarlo, e qual è fore;
      sì che a tanta opra non manchi niente.
      Fategli solamente doppio il core,
      come vedrete ch'egli ha veramente
      il suo e 'l mio, che gli ha donato Amore.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Silvana Stremiz
        Quando i' veggio apparir il mio bel raggio,
        parmi veder il sol, quand'esce fòra;
        quando fa meco poi dolce dimora,
        assembra il sol che faccia suo viaggio.
        E tanta nel cor gioia e vigor aggio,
        tanta ne mostro nel sembiante allora,
        quanto l'erba, che pinge il sol ancora
        a mezzo giorno nel più vago maggio.
        Quando poi parte il mio sol finalmente,
        parmi l'altro veder, che scolorita
        lasci la terra andando in occidente.
        Ma l'altro torna e rende luce e vita;
        e del mio chiaro e lucido oriente
        è 'l tornar dubbio e certa la partita.
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Silvana Stremiz
          Chiaro e famoso mare,
          sovra 'l cui nobil dosso
          si posò 'l mio signor, mentre Amor volle;
          rive onorate e care
          (con sospir dir lo posso),
          che 'l petto mio vedeste spesso molle;
          soave lido e colle,
          che con fiato amoroso
          udisti le mie note,
          d'ira e di sdegno vòte,
          colme d'ogni diletto e di riposo;
          udite tutti intenti
          il suon or degli acerbi miei lamenti.
          Ì dico che dal giorno
          che fece dipartita
          l'idolo, ond'avean pace i miei sospiri,
          tolti mi fûr d'attorno
          tutti i ben d'esta vita;
          e restai preda eterna dè martìri:
          e, perch'io pur m'adiri
          e chiami Amor ingrato,
          che m'involò sì tosto
          il ben ch'or sta discosto,
          non per questo a pietade è mai tornato;
          e tien l'usate tempre,
          perch'io mi sfaccia e mi lamenti sempre.
          Deh fosse men lontano
          almen chi move il pianto,
          e chi move le giuste mie querele!
          Ché forse non invano
          m'affligerei cotanto,
          e chiamerei Amor empio e crudele,
          ch'amaro assenzio e fele
          dopo quel dolce cibo
          mi fè, lassa, gustare
          in tempre aspre ed amare.
          O duro tòsco, che 'n amor delibo,
          perché fai sì dogliosa
          la vita mia, che fu già sì gioiosa?
          Almen, poi che m'è lunge
          il mio terrestre dio,
          che sì lontano ancor m'apporta guai,
          il duol che sì mi punge
          non mandasse in oblio,
          e l'udisse ei, per cui piansi e cantai:
          men acerbi i miei lai,
          men cruda la mia pena,
          men fiero il mio tormento,
          che giorno e notte sento,
          fôra per la sua luce alma e serena;
          e sariami 'l dispetto
          dolce sovra ogni dolce alto diletto.
          S'egli è pur la mia stella,
          e se s'accorda il cielo,
          ch'io moia per cagion così gradita,
          venga Morte, e con ella
          Amor, e questo velo
          tolgan, ed esca fuor l'alma smarrita;
          che, da suo albergo uscita,
          volerà lieta in parte,
          dove s'avrà mercede
          de la sua viva fede,
          fede d'esser cantata in mille carte.
          Ma, lassa, a che non torna
          chi le tenebre mie con gli occhi adorna?
          Se tu fossi contenta,
          canzon, come sei mesta,
          n'andresti chiara in quella parte e 'n questa.
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Silvana Stremiz

            Ascolto Istanbul

            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
            Spira una leggera brezza dapprima
            Lentamente oscillano
            Le foglie sugli alberi
            Da lontano, molto lontano
            I perenni trilli degli acquaioli
            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
            E mentre passano gli uccelli
            A stormi e stridii dall'alto
            Le reti si ritirano dalle chiuse
            I piedi di una donna sfiorano l'acqua
            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
            Sono freschi i bazar
            Allegro Mahmut pascià
            Pieni di colombi i cortili
            Pervengono battiti di martello dai bacini
            Dalla dolce brezza primaverile odori di sudore
            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
            Ebbra di passati favori
            Una villa dalle darsena buie
            Fra il mugghio dell'acquietato scirocco
            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
            Passa una fraschetta sul marciapiede
            Imprecazioni, motivetti, canzoni, frizzi
            Dalla sua mano cade qualcosa sul selciato
            Dev'essere una rosa
            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

            Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
            Ai suoi piedi si dibatte un uccello
            Non so se la tua fronte scotti o no
            Non so se le tue labbra siano umide o no
            Dietro i pistacchi nasce una luna candida
            Lo percepisco dai battiti del tuo cuore
            Ascolto Istanbul.
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: Silvana Stremiz

              Avvento

              Affascinate, cieli, con la vostra purezza
              queste notti d'inverno
              e siate perfetti!
              Volate più vive nel buio di fuoco, silenziose meteore,
              e sparite.
              Tu, luna, sii lenta a tramontare,
              questa è la tua pienezza!

              Le quattro bianche strade se ne vanno in silenzio
              verso i quattro lati dell'universo stellato.
              Il tempo cade, come manna, agli angoli
              della terra invernale.

              Noi siamo diventati più umili delle rocce,
              più attenti delle pazienti colline.

              Affascinate con la vostra purezza queste notti di Avvento,
              o sante sfere,
              mentre le menti, docili come bestie,
              stanno vicine, al riparo, nel dolce fieno,
              e gli intelletti sono più tranquilli delle greggi che
              pascolano alla luce delle stelle.

              Oh, versate, cieli il vostro buio e la vostra luce sulle nostre
              Solenni vallate;
              e tu, viaggia come la Vergine gentile
              verso il maestoso tramonto dei pianeti,
              o bianca luna piena, silente come Betlemme!
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: Silvana Stremiz

                Betlemme

                O Betlemme, città del Natale,
                dunque è ritornato il tempo
                in cui devi tu rallegrare il nuovo
                il mondo, il mondo universo.
                Quei che credono e quei che non vogliono
                battere la via angusta della croce,
                si trovano insieme, comunque, a Betlemme.

                Ahi, forse il Verbo di Verità è per certuni
                soltanto una bella, una vecchia leggenda!
                Eppure quella prima notte, quel primo Natale
                negli anni remoti di Erode,
                torna a loro nella mente ogni anno,
                quando le campane suonano per Natale,
                e debbono anche loro guardare indietro, nei secoli.

                Ancorché pene e fatiche e vanità e bugie
                riempiano l'andar lento dei giorni
                vien pure alla fine una notte santa,
                una notte che sorge in un altro mondo;
                e quando l'anno declina tardo,
                giunge come la neve di Dio,
                una neve di pace sulla terra.

                O neve natalizia di Betlemme,
                cadi soavemente in morbide falde,
                e semina il grano che deve germinare
                nei campi dell'eternità.
                Fà cadere in silenzio candidi semi
                nei cuori oscuri e freddi,
                intirizziti dal freddo della notte.

                O Bambino Gesù, sulla paglia del presepio
                fà tacere le voci del mondo.
                Non c'è luogo nel mondo
                dove abiterei più contento:
                portami via dai rischi e dalle cadute,
                dammi casa a Betlemme,
                presso di te, santa Maria.
                Vota la poesia: Commenta
                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Biografia della parola rivoluzione

                  Parola che nacque in un vomito di sangue
                  Parola che il primo a dirla affogò in essa.
                  Parola sempre in piedi.
                  Parola sempre in marcia.
                  Parola contumace nella modernità.
                  Parola che si pronuncia coi pugni.
                  Parola grande fino a traboccare dai margini dei dizionari.
                  Parola di affetto facile come una curva.
                  Parola di quattro frecce sparate verso i punti cardinali.
                  Così rimase sradicato d'oblio ogni aneddoto
                  su uno dei vertici più remoti del tempo
                  i dolori umani fecero campi di concentramento
                  per intraprendere la strada, verso quale cielo?
                  Ognuno secondo la sua intensità prese un diverso carattere
                  alfabetico e la parola rimase scritta:
                  rivoluzione
                  Poi il sole passando attraverso di essa per sprofondare
                  nella notte accese le sue undici lettere:
                  rivoluzione.
                  E fu la prima insegna luminosa del mondo.
                  Adesso è nell'uomo così come è nell'ossigeno dell'acqua.
                  Campi, città, mari, contano una popolazione nei suoi
                  echi.
                  Ha sottratto lo spazio ai corpi che si dilatano.
                  Ha violenza e distruzione di onda di vento.
                  Penetra nelle anime con una sensualità di aratro.
                  Cartello scritto nello spazio di due braccia erette,
                  alziamolo con la vita.
                  Vota la poesia: Commenta