Le migliori poesie inserite da Davide Bidin

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Scritta da: Davide Bidin

Roma in un Meriggio di Marzo

Sole penetrante sul viso
Capelli che s'agitano scossi
Il vento accarezza copioso
Pallido splendore dagli occhi

Roma da un ponte ammirata
Tevere che s'agita timido
Le onde paonazze nascondono
Un caldo segreto

Una lucertola tra le sterpi
Striscia sibilante al mio passo
Corre a celarsi
Libera dietro le fronde

i gabbiani rumoreggiano in cerca di prede
i flutti reclamano l'agognato mare
Le macchine al passaggio stridono
e io rimango, fisso, a pensare

Quante anime han solcato
Questo passo che tace
Chi s'è costretto, oppur per mero diletto
d'innanzi s'è trovato a passare?

Io
Chi sono per professare
Tale immane paura di sereno?
Tale baleno?

Chi Io
Rappresento in questo piano?
Son solo l'onda più mesta
Che s'infrange pacata

Ma accetta la vista
Di chi percorrendo il marmo bollente
s'è seduto tra la polvere e il saluto
a scrivere con penna su foglio

t'amo giornata mia così solitaria
t'amo attimo di brezza mite
e ancora t'amo momento lieto sì raro
Di fiume e sterpi chel sereno a me unite

Finisco il salasso dal fiume
Concludo la riflessione
Questo sole calerà come sempre
Ma l'impresso resterà come dono

Di un Meriggio a Roma di Marzo.
Composta sabato 13 marzo 2010
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    Scritta da: Davide Bidin

    Resta te Stesso

    Bambino mio
    Rimani te stesso
    sii fedele a ciò che sei
    e non cambiare mai
    rimani stoico e permaloso
    non aprirti a nuove idee
    isolati dal mondo
    e non aver mai dubbi
    sarai una mirabile statuetta
    senza crepe o imabarazzanti
    scalfitture
    non ascoltare, né rispondere
    a chi ti guarda dal basso
    fissali sempre, credendo,
    (sperando)
    di aver ragione.
    ancorati alla forza della tua
    integrità.
    se non ti apprezzano,
    vorrà dire che son gelosi di questo aspetto
    vorrà dire che vorrebbero essere come te
    di marmo
    credici sul serio nella tua fronte bacata sozza di guano
    la verità è che in molti sono in piazza
    e han capito che le statue son ricordi
    di uomini contradditori e innamorati di questa verità
    che non si evince da nulla se non dal caos
    menti che non potevan rimanere attaccati
    all'uomo del giorno passato
    e
    spaventati voracemente dall'ombra del domani
    eppure risplendono immortali
    MA TU!
    bambino fedele ai tuoi ideali
    che non metti in discussione niente se non le idee degli altri
    rimani te stesso
    la mia risata si farà si tanto grande
    da scuotere l'altare su cui sei posto
    e in quella voragine cadrai nell'oblio
    degl'imbecilli
    che rimangono
    se stessi
    un nulla vorticoso
    un astratto ridicolo rigonfio di melma demente
    un niente.
    Composta mercoledì 16 febbraio 2011
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      Scritta da: Davide Bidin

      La Ballata del Garguille

      Di marmo, pietra e sogni infranti
      nel Mardi Gras e comparati annessi
      osservo l'uomo nell'alba grigia
      d'un finito sole.
      Nel carnevale s'intona l'essere,
      fragoroso, incoerente, protestante,
      dalla cattedrale scrosto la speranza,
      l'ode
      del vento d'occidente.
      Nuovi sogni, ormai sorti
      e nuove bombe esplose
      liberarsi dai passati
      non è che trovarsene di nuovi
      e la paura che io imponevo,
      dalla guglia e dal rosone,
      appartiene a questa foga
      indole di negazione.
      Ma il sogno s'assopisce
      l'attimo si fa quieto
      la muta rende carne
      per lo scheletro marmoreo.
      Sollevare l'acciarino
      in un impulso d'autarchia,
      distogliermi lo sguardo
      per non fronteggiar più il cielo
      non ha estromesso le paure
      né ha cessato il bisogno
      di un eroe da contemplare
      nella compiacenza
      che dà
      il sogno.
      La folla cerca nuovi miti
      a cui delegar la lor morale
      a cui affidare i principi
      a cui
      sembrare.
      Tenero Gargouille spaventato,
      soffro in silenzio l'evoluzione
      che nei molti ha portato
      illusione d'assoluzione.
      Il fraintendimento d'esser cresciuti
      il turbamento di non saper cercare
      un senso alla vita
      senza farselo prestare.
      Meglio l'ebano el mercurio
      chel banale boccheggiare
      nel silente plenilunio
      di chi non sa accettare
      di chi non vuol porre
      la domanda assai melensa.
      Perché io credo d'esser?
      Di che elemento, voglio composta,
      la mia
      esistenza?
      Composta lunedì 2 aprile 2012
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        Scritta da: Davide Bidin

        Il Dolore del Vincitore

        Trattenere in pugno i frutti di una vita
        varcare la soglia verso l'infinito
        difficilmente permette di sciogliere le dita
        può abbaggliar tutto ciò che nel tempo hai appreso
        ma c'è sincera estasi nello scoprire
        apparire con eccesso morale
        così come essere, altro non è, che sembrare
        riuscire a distaccare la propria coscienza
        percepire come in un occhio
        attraverso nuova, stupenda ignoranza
        il mondo si scopre, le luci, poi, vorticano
        Il tuo cruccio rosso olandese
        vedere le cose come dovrebbero essere
        lodare il mondo col male che mente
        e dalla collera, fin nella pazzia
        vivere il colore, cambiare il nero col blu
        per chi l'ammira insistente, malattia del vivente
        lottare per essere Vincente.
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          Scritta da: Davide Bidin

          Comare Coletta

          "Saltella e balletta
          comare Coletta!
          Saltella e balletta!"

          Smagrita, ricurva, la piccola vecchia
          girando le strade saltella e balletta.
          Si ferma la gente a guardarla,
          di rado taluno le getta denaro;
          saltella più lesta la vecchia al tintinno,
          ringrazia provandosi ancora
          di reggere alla piroetta.
          Talvolta ella cade fra il lazzo e le risa:
          nessuno le porge la mano.

          "Saltella e balletta
          comare Coletta!
          Saltella e balletta!"

          – La tua parrucchina, comare Coletta,
          ti perde il capecchio!
          – E il bel mazzolino, comare Coletta,
          di fiori assai freschi!
          – Ancora non hanno lasciato cadere
          il vivo scarlatto.
          – Ricordan quei fiori, comare Coletta,
          gli antichi splendori?
          – Danzavi nel mezzo ai ripalchi,
          n'è vero, comare Coletta?
          Danzavi vestita di luci, cosparsa di gemme,
          E solo coperta di sguardi malefici, vero?
          – Ricordi le luci, le gemme?
          – Le vesti smaglianti?
          – Ricordi gli sguardi?
          – Ricordi il tuo sozzo peccato?
          – Vecchiaccia d'inferno,
          tu sei maledetta.

          "Saltella e balletta
          comare Coletta!
          Saltella e balletta!"

          Ricurva, sciancata,
          provandosi ancora di reggere alla piroetta,
          s'aggira per fame la vecchia fangosa;
          trascina la logora veste pendente a brandelli,
          le cade a pennecchi di capo il capecchio
          fra il lazzo e le risa,
          la rabbia le serra la bocca
          di rughe ormai fossa bavosa.
          E ancora un mazzetto
          di fiori scarlatti
          le ride sul petto.

          "Saltella e balletta
          comare Coletta!
          Saltella e balletta"
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            Scritta da: Davide Bidin

            Milano in una mattina di Febbraio

            Ora piove
            mattina di metà febbraio,
            Milano sembra più
            sincera
            quando fuori piange
            si sente la scalma
            dei rinnegati
            farsi largo timida,
            gioca crepitante su un oceano
            di attese incolpe
            e aspetta placida
            il lungo passaggio
            nel nessun dove.
            La città grigia e umida
            cita Marinetti nei rumori freschi
            del mattino
            la neve, ormai, si scioglie
            nell'acqua di pozza
            il rivolo rimpolpa la siepe
            il sapore di tranquilla rivolta
            di una vita che non si ripete
            e che ha bisogno di adeguarsi.
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