Le migliori poesie inserite da Dario Pautasso

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Scritta da: Dario Pautasso

Un uomo adulto

Mi dissero che era tempo che "mettessi la testa a posto"
Che "mi assumessi le mie responsabilità di uomo adulto";
come se una persona sola ne avesse qualcuna.
Non avevo scelto la loro strada
Non ero attratto dal successo
Non avevo donne che chiedessero un "amore maturo"
Da onorare con mazzi di fiori e brillanti
Ad una qualsiasi delle decine di feste che ricorrono nell'anno.
Niente figli, nessun ruolo politico, amministrativo, nulla.
C'ero io, e i miei quattro amici mezzi ubriaconi
E quelle ragazze che non chiedono altro che un po' di compagnia
Una volta al mese, un abbraccio forte, di una notte
Che valga per molto più.
Gente che ti vuole bene, davvero,
Anche se non la vedrai mai girarti attorno tutto il giorno
Con quell'eterno bisogno di dirti qualcosa, qualunque sia.

Avevo un solo paio di scarpe e mi bastavano
Nessun abito da cerimonia
Non portavo un bell'orologio al polso
Scintillante di benessere.
Mi son sempre tagliato i capelli da solo
Nemmeno poi tanto male,
Niente cure di bellezza
Niente sessioni di palestra per scaricare il nervoso.
Avevo due cani e tre gatti, quelli sì, erano proprio miei.
Ma ne ero innamorato, e quando si ama una responsabilità è un piacere.
Ogni giorno stavo a guardarli scorrazzare
li accarezzavo per ore e loro erano così gioiosi e appagati.
Sì, avrei rinunciato alla pasta della miglior etichetta
Per assicurargli ancora i loro bocconcini.

Ma volevano che "mettessi la testa a posto"
Per chi, a che scopo e cosa volesse dire davvero
Non l'ho ancora capito.
Mi dissero: "comprati una macchina, ti sarà di stimolo"
E lo dissero ancora
E poi ancora.
Infine cedetti.
Ne scelsi una nuova, lucida, abbastanza bella.
Se dovevo essere responsabile
Volevo esserlo con un po' di stile.

Oh, sapeste, com'era bello avere la testa già più a posto
Con una macchina
E una rata da pagare tutti i mesi.
Stavo crescendo, stavo diventando adulto.
Comprai anche un paio di scarpe nuove
E mi misi a lavorare un po'
Perché una rata va pagata se si vuol essere responsabili.
Scoprii che ogni cosa che facevo in più
Ogni mio passo verso la maturità
Richiedeva che io producessi di più
Lavorassi di più
Che più soldi passassero tra le mie mani.
Cominciai a lavorare sodo
Troppo sodo per uno che ha sempre avuto solo un paio di scarpe
E così la sera rincasando, stanco, mi dicevo
Ancora due giorni e mi son pagato la rata della macchina.
Andavo a dormire pensando che ero ormai davvero maturo
Civilizzato.

Persi i miei quattro amici mezzi ubriaconi
Non avevo più tempo per le nostre ampie chiacchierate
E i nostri sogni immensi, eppure così semplici.
Conobbi altra gente,
di quella col desiderio di apparire sempre irreprensibile
mi parlavano della cucina nuova
e del tempo
e della figlia di quel tale che si sposa
e sorridevano sempre
come chi si trascina in faccia una perenne menzogna.

Persi le ragazze che dormivano con me
quelle che amavo per una notte sola
e molto più.
Non avevo più la forza di stare una notte intera sveglio dentro un abbraccio.

Conobbi altre donne, alcune molto serie,
Sempre nervose,
Sempre con qualcosa di urgentissimo da portare a termine
Con un lamento sempre penzolante dalla lingua
Come un bisogno fisiologico.
E parlavano così tanto
E dicevano così poco.

Divenni solo
Ma solo veramente
Senza amore
Con una personalità traballante
Senza amici mezzi ubriachi con cui è bello parlare.

Ero solo e responsabile
Anche il mio conto in banca parlava di maturità
E la gente che incontravo per la strada
Mi sorrideva forte e diceva
"come sei cambiato, che bell'aspetto,
si vede che hai messo la testa a posto".

Anche i miei animali divennero troppo impegnativi:
Avevo così poco tempo!
Mi parvero invecchiati di molto
E più tristi, più lenti, molli.
Gli vuotavo mezza scatola di umido in una ciotola
E li lasciavo nella loro solitudine
Mentre io mi rifugiavo nella mia.
Divenni civilizzato.
Così.

Un giorno acquistai un bell'abito per un matrimonio
Di un tale, non so bene chi fosse,
E per tutto il tempo del pranzo parlai
Conpersone eleganti e perfettamente mature
Di quella gente che non ha voglia di far niente
Che non si prende le sue responsabilità
Di quelli eterni bambinoni che
Finiscono sempre in qualche pasticcio
E poi si aspettano che qualcuno li tiri fuori.
Ah!...

Tutti annuivano e ridevano fragorosamente.
Io con loro.
Eravamo tutti compiaciuti.

Poi andai a casa
Solo
Io e il mio bel vestito.
Vuotai mezza scatola di umido ai miei animali
Invecchiati.
E andai a dormire.
Composta giovedì 28 marzo 2013
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    Scritta da: Dario Pautasso

    Sei Donna

    Già m'avvolgevi,
    ch'ancora sconoscevo i colori
    e tutto il mondo,
    con allegro vibrar materno,
    ed ora che ogni cosa pur scopro e sondo,
    sei il mio vital perno,
    ancor...

    Ma non solo la mamma
    che allor fu il fuoco
    e la gemma.
    Sei l'amante e l'amica,
    la sorella di gioco
    o d'amor compagna
    e di vita: sei la donna.

    Antica d'orgoglio
    e di cuor, la tua mente
    eppur non cede all'inganno
    dei sensi più vivi,
    e se soffri più forte
    più forte riparti,
    ché l'aspre salite
    annuncian più dolci declivi...

    Più presto il tuo viso
    s'è spoglio
    dell'infantil leggerezza,
    più lesta dell'uomo, di corpo
    sbocciavi,
    e di testa;
    eppur ora, col volto sporto
    alla novella brezza
    marzolina,
    ancor nutri negli occhi
    di bambina
    lo sguardo e la fiamma
    d'immortal giovinezza:
    sei donna.
    Composta venerdì 8 marzo 2013
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      Scritta da: Dario Pautasso
      Ogni tanto sorge il sole
      E mi trova ancora sgomento
      S'insinua nelle palpebre
      Mi abbaglia mentre è ancora notte
      Dentro.

      Sarà un sole pallido
      Ma c'è,
      Ed è come scivolare nella meraviglia
      Come portare in seno dei fiori
      Freschi
      Di campo
      Da donare a chi vuoi bene.

      Ogni tanto sorge il sole
      Quando è ancora notte
      Ed io piango di commozione
      Nel vapore di quei fiori
      Odorosi
      Di campo.

      Ecco: la notte celere
      Fa ritorno
      Ricompare quando il sole è ancora alto
      Giunge senza parola
      Meschina
      Fredda
      Ammaliatrice.

      Fa ritorno mentre il sole mi fissa
      Mi avverte "adesso fermati"
      Mi osserva, la notte,
      Severa e forte
      Ed io mi fermo
      Col sole dritto in faccia.
      Taccio.
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        Scritta da: Dario Pautasso

        Sei una poesia che ho già scritto

        Se fosse la prima volta
        avrei dolci parole
        per narrarti sogni a lieto fine,
        porterei tra le mani una margherita
        fresca di campo
        ed avrei occhi di meraviglia
        nei tuoi occhi.

        Se fosse la prima volta
        avrei mani calde
        per stringerti
        e un fiato dolce di campagna
        per congratularmi del tuo sorriso
        così giovane,
        così vero.

        Ma sei una poesia che ho già scritto
        quando ero troppo giovane
        e troppo arrogante per guardare
        oltre il mio sguardo;
        sei una poesia che ho già scritto
        con mani impastate dei colori
        dell'inesperienza.
        con grazia dinoccolata d'immaturo,
        con voce fredda d'incuranza.

        Se fosse la prima volta,
        ma sei una poesia che ho già scritto
        nel momento sbagliato
        quando le parole scorrevano
        frettolose ed imprecise
        come un canto stonato
        nella notte.

        sei una poesia che ho già scritto
        e ora, guardami,
        le mie labbra sono mute
        come terre
        desolate.
        Composta lunedì 20 gennaio 2014
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          Scritta da: Dario Pautasso

          La canzone del ritorno

          Certe sere raggiungiamo la casa
          Come da lunghi viaggi
          Mai intrapresi.
          Ci pare estranea la collocazione degli oggetti.
          Alcuni mai li abbiamo conosciuti.
          Rincorriamo ritagli di luce sulle pareti
          O la solida tangibilità delle cose note.
          Invano.

          Il gatto che ci cerca
          Nel suo brontolio di tenerezza
          Ha sfumature che non ricordiamo.
          Una nostalgia di parole immaginate
          Satura lo spazio
          Come una saudade antica
          Una miope nostalgia.

          Ora la luna riaccende uno sguardo
          Mai scambiato con alcuno
          Ora le stelle disegnano spazi
          Di tempi mai esistiti
          Ora la memoria ringiovanisce
          Passioni congelate in ere differenti.

          Così viviamo due vite
          Mano nella mano con noi stessi
          I pensieri altrove
          Lontani
          Scompigliati da uno stesso vento.
          Composta giovedì 21 aprile 2016
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            Scritta da: Dario Pautasso

            Daccapo

            Occhi d'un cielo d'inverno,
            iridi smeraldine, ghirlande lucenti:
            m'avvolgono.
            Accasciarmi e risalire
            al loro scintillio
            è un po' la mia vita.
            Così mi geli
            infinito ghiacciaio di pace.
            Così m'accendi
            sole verde, basso,
            sole d'alba.

            Labbra vermiglie, labbra di carne viva
            attendono silenziose, vibranti
            come un taglio di luna rossa.
            Aspettano labbra più sciatte
            ma più coraggiose nel venirgli appresso.
            Le accolgono.
            Labbra di lampone, ruvide
            vellutate,
            scelte da mano d'artista.
            Labbra nere di cera intiepidita.
            Labbra che odorano di vento
            e di ciliegia scura.
            Le cerco tra le trame del viso.
            Le prendo. Le assumo.
            Medicina dell'animo, veleno
            del mio cuore
            frettoloso.

            Alle volte ti cerco tutta intera
            e la tua espressione volubile,
            mutevole di volta in volta,
            mi rende cieco.
            Sono qui – mi dici.
            Eppur dev'essere un altro amore
            che sto avvicinando.
            Una forma nuova,
            un pensiero del tutto diverso.

            È bellezza – mi dice qualcuno
            - vive di metamorfosi.
            Va bene, di nuovo m'accascio
            e risalgo.
            Come daccapo.
            E tu sei la stessa.
            Composta giovedì 29 gennaio 2015
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              Scritta da: Dario Pautasso

              Sono un uomo

              Io sono la luce che ti spoglia,
              il fiato freddo del cielo,
              sono l'albero che muore
              nella foresta.
              Sono il canto della pioggia
              e lo scuro scorrere del tempo.
              Sono un passo traballante
              nel buio di una notte immensa
              poco prima di un nuovo giorno.
              Sono Dio che rimira oltre la collina
              sono la freccia scagliata nel vuoto,
              il turbinio delle vostre parole,
              il gioco matto di un bambino
              nel sorriso della madre.

              Sono la cera che fa illuminare
              il cammino oltre un orizzonte
              che non porta a nulla.
              Sono la mano calda del padre
              nel ricordo di mille placidi errori.
              Sono l'abisso oltre le nuvole,
              il sasso del sentiero
              e l'immota grandezza del cielo.

              Sono un uomo.
              Composta martedì 19 marzo 2013
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                Scritta da: Dario Pautasso

                La mia tristezza

                Prova a chiedere ad un bambino
                cosa non vada,
                perché stia piangendo:
                allargherà le braccia,
                scuoterà la testa,
                piangerà, dirà: "non lo so",
                "ho paura".

                È la tristezza.

                Io talvolta mi aggiro
                muto come una tomba,
                le gambi tremanti.
                "Cosa c'è che non va?".
                "Sono un bambino", vorrei dire.
                Ma allargo le braccia,
                e sussurro "ho paura".

                È la mia tristezza.
                Composta giovedì 16 luglio 2015
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