Le migliori poesie inserite da Dario Pautasso

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Scritta da: Dario Pautasso

Temporale estivo

Da lontano s'insinua
con piede veloce;
soltanto più giace, sull'orizzonte,
ancor
un abbaglio di luce,

un tumulto!
poi delle foglie
un frusciare,
un fremer di fronde.
Dall'alto risponde
una coltre di scuri colori:
si scuote la sera.

Con piede veloce s'insinua:
in un attimo non c'era,
poi c'è,
ansimando forte,
poi subito quieto,
fremendo piano
riparte.
Sfrega le corde del cielo
il rigido vento
con suono di tetro
lamento.

S'è spento l'ultimo baglior.

Una goccia improvvisa
ne annuncia altre cento:
s'annacquan i campi
e le vie
tra i lampi
s'incendian fugaci:
verdi rovi di luce rovente;
qui uno schianto
violento,
là un tonfo più fioco
altrove spaventa.

Il pianto si sfoga
s'accende
cade
riprende...

Poi già è un bruire
più lieve,
l'aria greve s'assesta
si placa la sferza,
la forza
del cielo s'appiana.

La pioggia è lontana:
schiarisce il penisero,
ma tutt'attono, più sordo,
un fremer leggero
al di là della piana
n'è il fiero
ricordo.
Composta venerdì 15 febbraio 2013
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    Scritta da: Dario Pautasso

    Sei Donna

    Già m'avvolgevi,
    ch'ancora sconoscevo i colori
    e tutto il mondo,
    con allegro vibrar materno,
    ed ora che ogni cosa pur scopro e sondo,
    sei il mio vital perno,
    ancor...

    Ma non solo la mamma
    che allor fu il fuoco
    e la gemma.
    Sei l'amante e l'amica,
    la sorella di gioco
    o d'amor compagna
    e di vita: sei la donna.

    Antica d'orgoglio
    e di cuor, la tua mente
    eppur non cede all'inganno
    dei sensi più vivi,
    e se soffri più forte
    più forte riparti,
    ché l'aspre salite
    annuncian più dolci declivi...

    Più presto il tuo viso
    s'è spoglio
    dell'infantil leggerezza,
    più lesta dell'uomo, di corpo
    sbocciavi,
    e di testa;
    eppur ora, col volto sporto
    alla novella brezza
    marzolina,
    ancor nutri negli occhi
    di bambina
    lo sguardo e la fiamma
    d'immortal giovinezza:
    sei donna.
    Composta venerdì 8 marzo 2013
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      Scritta da: Dario Pautasso
      Ogni tanto sorge il sole
      E mi trova ancora sgomento
      S'insinua nelle palpebre
      Mi abbaglia mentre è ancora notte
      Dentro.

      Sarà un sole pallido
      Ma c'è,
      Ed è come scivolare nella meraviglia
      Come portare in seno dei fiori
      Freschi
      Di campo
      Da donare a chi vuoi bene.

      Ogni tanto sorge il sole
      Quando è ancora notte
      Ed io piango di commozione
      Nel vapore di quei fiori
      Odorosi
      Di campo.

      Ecco: la notte celere
      Fa ritorno
      Ricompare quando il sole è ancora alto
      Giunge senza parola
      Meschina
      Fredda
      Ammaliatrice.

      Fa ritorno mentre il sole mi fissa
      Mi avverte "adesso fermati"
      Mi osserva, la notte,
      Severa e forte
      Ed io mi fermo
      Col sole dritto in faccia.
      Taccio.
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        Scritta da: Dario Pautasso

        Sei una poesia che ho già scritto

        Se fosse la prima volta
        avrei dolci parole
        per narrarti sogni a lieto fine,
        porterei tra le mani una margherita
        fresca di campo
        ed avrei occhi di meraviglia
        nei tuoi occhi.

        Se fosse la prima volta
        avrei mani calde
        per stringerti
        e un fiato dolce di campagna
        per congratularmi del tuo sorriso
        così giovane,
        così vero.

        Ma sei una poesia che ho già scritto
        quando ero troppo giovane
        e troppo arrogante per guardare
        oltre il mio sguardo;
        sei una poesia che ho già scritto
        con mani impastate dei colori
        dell'inesperienza.
        con grazia dinoccolata d'immaturo,
        con voce fredda d'incuranza.

        Se fosse la prima volta,
        ma sei una poesia che ho già scritto
        nel momento sbagliato
        quando le parole scorrevano
        frettolose ed imprecise
        come un canto stonato
        nella notte.

        sei una poesia che ho già scritto
        e ora, guardami,
        le mie labbra sono mute
        come terre
        desolate.
        Composta lunedì 20 gennaio 2014
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          Scritta da: Dario Pautasso

          La canzone del ritorno

          Certe sere raggiungiamo la casa
          Come da lunghi viaggi
          Mai intrapresi.
          Ci pare estranea la collocazione degli oggetti.
          Alcuni mai li abbiamo conosciuti.
          Rincorriamo ritagli di luce sulle pareti
          O la solida tangibilità delle cose note.
          Invano.

          Il gatto che ci cerca
          Nel suo brontolio di tenerezza
          Ha sfumature che non ricordiamo.
          Una nostalgia di parole immaginate
          Satura lo spazio
          Come una saudade antica
          Una miope nostalgia.

          Ora la luna riaccende uno sguardo
          Mai scambiato con alcuno
          Ora le stelle disegnano spazi
          Di tempi mai esistiti
          Ora la memoria ringiovanisce
          Passioni congelate in ere differenti.

          Così viviamo due vite
          Mano nella mano con noi stessi
          I pensieri altrove
          Lontani
          Scompigliati da uno stesso vento.
          Composta giovedì 21 aprile 2016
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            Scritta da: Dario Pautasso

            Daccapo

            Occhi d'un cielo d'inverno,
            iridi smeraldine, ghirlande lucenti:
            m'avvolgono.
            Accasciarmi e risalire
            al loro scintillio
            è un po' la mia vita.
            Così mi geli
            infinito ghiacciaio di pace.
            Così m'accendi
            sole verde, basso,
            sole d'alba.

            Labbra vermiglie, labbra di carne viva
            attendono silenziose, vibranti
            come un taglio di luna rossa.
            Aspettano labbra più sciatte
            ma più coraggiose nel venirgli appresso.
            Le accolgono.
            Labbra di lampone, ruvide
            vellutate,
            scelte da mano d'artista.
            Labbra nere di cera intiepidita.
            Labbra che odorano di vento
            e di ciliegia scura.
            Le cerco tra le trame del viso.
            Le prendo. Le assumo.
            Medicina dell'animo, veleno
            del mio cuore
            frettoloso.

            Alle volte ti cerco tutta intera
            e la tua espressione volubile,
            mutevole di volta in volta,
            mi rende cieco.
            Sono qui – mi dici.
            Eppur dev'essere un altro amore
            che sto avvicinando.
            Una forma nuova,
            un pensiero del tutto diverso.

            È bellezza – mi dice qualcuno
            - vive di metamorfosi.
            Va bene, di nuovo m'accascio
            e risalgo.
            Come daccapo.
            E tu sei la stessa.
            Composta giovedì 29 gennaio 2015
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              Scritta da: Dario Pautasso

              Sono un uomo

              Io sono la luce che ti spoglia,
              il fiato freddo del cielo,
              sono l'albero che muore
              nella foresta.
              Sono il canto della pioggia
              e lo scuro scorrere del tempo.
              Sono un passo traballante
              nel buio di una notte immensa
              poco prima di un nuovo giorno.
              Sono Dio che rimira oltre la collina
              sono la freccia scagliata nel vuoto,
              il turbinio delle vostre parole,
              il gioco matto di un bambino
              nel sorriso della madre.

              Sono la cera che fa illuminare
              il cammino oltre un orizzonte
              che non porta a nulla.
              Sono la mano calda del padre
              nel ricordo di mille placidi errori.
              Sono l'abisso oltre le nuvole,
              il sasso del sentiero
              e l'immota grandezza del cielo.

              Sono un uomo.
              Composta martedì 19 marzo 2013
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                Scritta da: Dario Pautasso

                La mia tristezza

                Prova a chiedere ad un bambino
                cosa non vada,
                perché stia piangendo:
                allargherà le braccia,
                scuoterà la testa,
                piangerà, dirà: "non lo so",
                "ho paura".

                È la tristezza.

                Io talvolta mi aggiro
                muto come una tomba,
                le gambi tremanti.
                "Cosa c'è che non va?".
                "Sono un bambino", vorrei dire.
                Ma allargo le braccia,
                e sussurro "ho paura".

                È la mia tristezza.
                Composta giovedì 16 luglio 2015
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