Le migliori poesie di Davide Bidin

Studente, nato lunedì 23 luglio 1990 a Milano (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi e in Racconti.

Scritta da: Davide Bidin

Stuprato è l'amore

Amore e Ossessione
son troppo spesso confusi
non solo da chi
mai
ha analizzato i due aspetti
ma anche dagli artisti
dai poeti.
Per questo odio parlar d'amore
usando questa,
stuprata,
parola
è un'eccezione, oramai
banalizzata
dai volti dei vuoti
ansimanti,
amanti
e non è contro il sesso
questa poesia
ma contro il milione
tra noia e peccato
di cuori, di baci, di triti e ritriti
canzoni uguali
ad esse stesse
che battibeccano
tra millenni, compresi,
di ovvi cadaveri lieti
di felicità anestetica
morfina e dopamina
sputati sul foglio
in un gorgo di noia
la mia bile non trova più pace.
Davide Bidin
Composta domenica 10 luglio 2011
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    Scritta da: Davide Bidin

    Le Lacrime Estive

    Quando i giorni passano
    e il vento gioca coi ciuffi
    e la luna coi grilli riposa
    ripeti in mente parole donate
    frammenti di emozioni perfette
    a cui devi qualcosa
    non per me questi indegni versi
    ma per altri lo faccio
    lo faccio per loro,
    dolci creature del caos.
    lo faccio per Hikmet
    e per le lacrime a me donate
    lì, alle porte di Madrid
    o laggiù a Varsavia
    sul treno della malinconia.
    lo faccio per Bukowski
    l'uomo dai meravigliosi occhi
    lo sprezzante giocatore di ordinarie follie.
    L'uccello azzurro ora è libero.
    davvero!
    A padre Pasolini
    so che è orrendo conoscere i peccati
    della mia nazione
    dai calzoni grigi delle persone anziane.
    ti confido il mio dolore
    Alla sconfinata assurdità di Lovecraft
    poiché egli, più di altri
    ha saputo vedere oltre il
    pallido velo
    di questa cosa che ci ostiniamo a chiamare
    realtà
    e adoro il beat, come si possono odiare i beatnik?
    Sentendo Ginsberg urlare dei giramondo sui binari morti
    Burroughs alla cerca dello yage rivelatore
    Kerouac e Cassady trovando la strada, sulla strada
    e Corso, il più grande poeta che la libertà sa regalare
    Corso che bazzicava senza sosta nel suo, campo mentale
    Corso che dorme a fianco di Shelley nella città eterna
    "the lone and level sands stretch far away"
    a tutti voi la mia pace più greve.
    E non dimenticatevi la voce di Palazzeschi
    che come Cecco ha divelto le porte
    della parola
    giungendo alla sordida mente attraverso
    un nascondiglio fuori dalla natura
    leggete il verbo da lui mosso sul viso
    ha ucciso?
    E tutti coloro che ho letto finora
    e chi ancora leggerò un domani
    e di chi non leggerò una parola
    grazie per ciò che avete fatto
    o farete
    poiché di voi è composta l'essenza dell'uomo.
    Davide Bidin
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      Scritta da: Davide Bidin

      La Ballata della Vergogna

      Che bello constatare
      quale vessazione c'è nella vergogna
      come l'individuo riesca a massificare
      anche la critica sociale

      urlar oltraggiosa solfa
      decantar la tragica lonza
      gridare allo scandalo, alla carogna
      sconvolti da quanto s'è infame

      eppure quando vedesti un vecchio rubare
      perché non aveva soldi per saziarsi
      hai abbassato lo sguardo
      impietrito da un disagio palustre

      Rimanesti immobile, fingendo disinteresse
      una denuncia mai avrei proposto
      ma per nessun danno arrecare
      impensabile un furto in sodalizio trasformare?

      molto facile delirar vergogna
      quando si è in salvezza indifferente
      molto meglio una mano tendere
      che essere voce della gente.
      Davide Bidin
      Composta venerdì 2 dicembre 2011
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        Scritta da: Davide Bidin

        Il destino di un macigno

        Son macchina
        Fisso su metallo
        Bloccato in ossa e carne
        Gelo incandescente attorno me
        Lava rattrappita entro me

        Vivo questa vita
        Nonostante il mio problema
        Perché di questo si tratta
        Un problema
        e nulla più

        Non posso più correre
        Da tempo non odo
        l'aria che la faccia mi accarezzava
        Nelle calde mattine sui bagniasciuga
        Mentre correvo ad abbracciar Marina

        Son vuoto ormai
        Non vedo nessun motivo per lottare
        Nessuna fede da servire
        Né ragionamento a cui aggrappare
        l'anima mia lesa

        Non posso più sperare
        Il raccontare di bei avvenimenti
        Di letizia e pazzia
        Che portavo dentro e vivevo
        Con tutto me stesso

        Ora son diviso
        La mia mente che un tempo così vivace
        Ora è costretta alla noia imperitura
        Il mio corpo in silenzio si lascia morire
        e io con lui

        Son così oramai
        Tutto ciò che mi resta
        Son le rimembranze
        Di tempi trascorsi in felicità
        Ch'io possa uscir pazzo

        Io son solo pietra ormai
        Il mio triste destino è già scritto
        Nient'altro che roccia lavica gelata
        Che aspetta solo lo scorrere delle stagioni
        Per esser dimenticata

        l'inutilità è il mio destino
        La gabbia di questa vergine di ferro
        Con aculei adunchi e rugginei
        Inietti nelle mie carni infette
        Il dolore è emozione unica provata

        Non vi è davvero speranza
        Per un uomo che non può più
        Essere?
        Forse troverò sollievo
        Col canto lieve del martirio

        Non riesco a viver di sola fantasia
        Il mondo è cosa fantastica
        e non riesco a immaginare
        Altro luogo che vorrei lodare
        Altra gente che vorrei amare

        Ridete lieti o angeli infernali
        Che sto per raggiunger il luogo ultimo
        e se forse errano i preti
        Comunque nel nulla correrò
        e si aprirà una nuova esperienza

        Io sto per tornare cara speranza
        Nella felicità dell'istante
        In cui istante mai più sarà
        Dimenticherò l'ultimo ricordo
        Con un abbraccio di luce ed ombra.
        Davide Bidin
        Composta mercoledì 18 novembre 2009
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          Scritta da: Davide Bidin

          Sturm

          Tempesta all'esterno
          Tuono che permea
          l'aere d'umida rugiada
          Il mio animo inquieto
          Si sfalda nel volerti

          o creatura perfetta
          Lampo lieto in
          Una notte di travaglio
          celestiale lepisma
          tra congiunti libri

          Temporale tutto il mondo
          mi giro mi volto
          ancora languore nell'imo
          e solo tu panacea
          invisibile ai sensi ti celi.
          Davide Bidin
          Composta venerdì 12 giugno 2009
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            Scritta da: Davide Bidin

            XI Agosto

            Venere prima stella della sera
            mare iracondo
            nei Pontinei rantolii
            gettati sulle sponde
            dall'immensa
            possanza selenica
            e riflessi nello specchio
            le gocce del cielo
            cadono
            come lacrime
            cadono
            continuamente incessantemente costantemente
            cadono
            senza tregua

            e i poveri esseri che vedono
            lo spettacolo uranico
            si gettano ispirati nel mondo del sogno
            anch'essi cadono
            aspettando sconsolati una possibilità
            di dominio sulla realtà
            un desiderio solitario espresso da milioni
            di creature stanche di vivere
            in un universo non proprio
            Atlanteo castigo
            nessuno vedrà la propria richiesta
            trasformarsi in atto
            poiché la volontà dell'uomo
            difficilmente trova compimento

            e le lacrime di questo fallimento
            cadono
            come le stelle
            cadono
            come le gocce ondinee
            cadono
            speranza infranta
            senza scopo
            senza fine
            senza meta
            cadono
            gli epitaffi son sabbia che è roccia per pochi battiti di ciglia.
            Davide Bidin
            Composta martedì 11 agosto 2009
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              Scritta da: Davide Bidin

              Tra ombra e raggio

              Mi muovo
              Piede per piede
              Davanti a me solo buio
              Dietro Fioche luci
              Su di me abbaglio

              Mi muovo ancora
              Passo dopo passo
              Niente mi è chiaro
              Nulla comprensibile
              Solo le domande

              Eppur mi muovo
              Senza saper la meta
              Senza veder il percorso
              Senza motivo mi dilungo
              Senza speranza continuo

              Ma forse...
              Aspetta...
              Cosa vi è d'innanzi?
              Una luce
              Una luce

              Non è fioca e intoccabile
              Non è abbagliante e imperscrutabile
              Non è tenebra inviolabile
              è luce
              è bellissima

              Inizio a correre
              Il mio passo è inamovibile
              Ma al fine
              Arrivo
              Arrivo

              Stanco, Spossato
              Dilaniato, Deriso
              Nel corpo e nella mente
              Guardo nella luce
              Uno specchio

              Riflesso il mio sguardo
              Nella gemma, come nel fiore
              Nel vespro, come nell'aurora
              Finalmente una risposta
              La accetto.
              Davide Bidin
              Composta martedì 21 luglio 2009
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                Scritta da: Davide Bidin

                In Pace

                Ho ascoltato Raramente Tre parole
                Poche volte sincere ma
                Quando non c'è casualità
                Follia vi è nell'udir
                Mille bugie non brillano come una verità

                Ti voglio bene
                Queste semplici parole
                Son bianca polvere novembrina
                Rosso chiaror da scogliera
                Soave schiuma marina

                Ti voglio bene
                Cosa si cela dietro versi umani
                Cosa son le parole se non vissuti
                Ma allora perché sentirle libere
                Mi riempie il vuoto dentro

                Ti voglio bene
                Di Gerico disfatte
                La mia anima derisa
                Difese inaccessibili la cingevano
                Per non ferir il dilaniato

                Ma adesso non ne sento il bisogno
                In questo solo istante
                Le rocce divengon scaglie diamantinee
                La nebbia apre l'ali alla luce del mattino
                l'abbraccio primo del bambino

                Miracolo il sapere di essere così vicino
                Da poter toccar con mano
                Da saper che in fondo
                Nella solitudine dilagante di vita e morte
                Qualcuno tiene a te

                Del resto le parole son solo suoni
                Gettate nell'etere da noi sciocchi avventurieri
                Eppur risplendono assolute
                l'emozione dal tempo non corrotta
                Si rivela illesa... imperitura... perfetta.

                Ti voglio bene sentii dirmi un mattino
                Aprii gli occhi al primo vero sole
                e da allora ogni aurora
                Rimango immobile un istante
                Fisso verso il cielo turchese

                Ti voglio bene
                Il mio intelletto è in pace
                La parte che sente il viver di male
                Tace
                In quel solo attimo per cui val la pena vivere.
                Davide Bidin
                Composta martedì 13 ottobre 2009
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                  Scritta da: Davide Bidin

                  Verrà un giorno

                  Verrà un giorno
                  Grondante di pioggia battente
                  Divampante di fatuo calor
                  Tremante il grembo materno
                  Il crepuscolo arriverà

                  Verrà un giorno
                  Quando l'altrove ci chiamerà
                  e tutti andrem per mano
                  Senza paura nel cuore
                  Senza speranza negli occhi

                  Verrà un giorno
                  Non luttuoso
                  Ma mirabile estatico
                  Sarà il mattino che conosciamo
                  Quando la sfera oserà fermarsi

                  Il destino è promessa
                  Come l'uomo che fin dal primo
                  Infantil passo sbadato
                  Sa del suo mortal fato
                  Così Mnemosine morrà quel dì

                  e allora vedremo in noi
                  Non nubi oscure
                  Non ombre immateriali
                  Ma il calore e chiarore
                  Degli attimi che han reso vivi

                  Verrà quel giorno
                  e nei nostri occhi si scorgerà
                  Tutta l'essenza che al padrone abbiam rubato
                  Grideremo il nostro istante gioioso
                  Con la follia del silenzio

                  Verrà il giorno
                  Le cui tremuli menti
                  Che un dì vollero perdere
                  Lo scorrere della sabbia
                  Taceranno

                  Tempo piangerem quell'attimo
                  Nel ricordo
                  Il ricordo
                  Di aver provato a ingannare
                  Senza saper che lui solo... ci ha ingannato.
                  Davide Bidin
                  Composta venerdì 9 ottobre 2009
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                    Scritta da: Davide Bidin

                    La ballata del Caduto

                    Sparo
                    gli occhi mirano il petto scalfito
                    gettate le membra sulla terra
                    non un nemico d'innanzi
                    non vi è mai

                    sguardo di uomo
                    riflessione finale
                    vuoto è l'odio, la tristezza
                    inutile l'amore, la felicità
                    la domanda è, cosa si era?

                    Ancora un barlume sulla camicia
                    rubino, vino, cherry e mosto
                    grondante rimasuglio di ciò
                    che siamo, che eravamo
                    ma vivo, ho vissuto per via dell'olio carminio?

                    Qual è il significato di ciò che ero
                    e ch'è il significante di ciò che ho fatto
                    mezzo era il mio corpo
                    senza testa sarebbe morto
                    sarò idra pel mio retaggio?

                    Il braccio distende nell'ultima scintilla
                    la tasca lontana a parer miglia
                    viene toccata al fine
                    ne esce un'icona
                    che riveli il motivo della danza?

                    Forse speranza per i nascituri
                    ma se il nato un attimo fa ero io
                    Forse epitaffio reverenziale
                    ma se le idee spirano nell'oblio
                    Eravamo, Siamo, Diventiamo sterco secco?

                    La foto davanti al volto già mesto
                    le iridi si mostrano all'astro con l'ultimo sprazzo
                    atto a scoprir che l'immago
                    è bianca perché capovolta
                    è buio cala si alza il sipario.
                    Davide Bidin
                    Composta martedì 6 ottobre 2009
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