Lo so, avresti voluto vedere la luce, ma sei condannato al buio. Lo so, avresti voluto parlare, ma nessuno sentirà mai i tuoi gorgheggi felici. Non imparerai mai a dire "mamma" perché nessuno te lo insegnerà. Non vivrai mai, perché ancora non eri nato che eri già morto.
Vi sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa, e parlare diventa un obbligo. Un dovere morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre.
Negli abbracci forsennati o dolcissimi non era il tuo corpo che cercavo bensì la tua anima, i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, i tuoi sogni, le tue poesie. E forse è vero che quasi mai l'amore ha per oggetto un corpo, spesso si sceglie o si accetta una persona per la malìa inesplicabile con la quale essa ci investe, o per ciò che essa rappresenta ai nostri occhi, alle nostre convinzioni, alla nostra morale; però il veicolo di un rapporto amoroso rimane il corpo e, se quello non ti seduce, qualcos'altro deve pur sedurti. Il carattere, ad esempio, il modo di vivere o di comportarsi. E col tempo avevo scoperto che neanche il tuo carattere mi piaceva molto. [...] Ma allora perché avevo avuto quell'impulso di correrti dietro, di abbracciarti, sentire i tuoi baffi contro la mia guancia, perché ora sentivo il bisogno di raschiarmi la gola e ricacciare indietro le lacrime?
In parole diverse, e pur non essendosi mai scambiati un bacio o una carezza o un'occhiata di troppo, si rendevano ben conto che la loro amicizia era una storia d'amore.