Scritto da: Felice Foresta

Passa a la casa


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"Passa a la casa! Spaturnatu, passa a la casa. A la caaasa." Appena la vide spuntare, accartocciata in fondo a quel dedalo di mura diroccate e di finestre sfrangiate, a Giuseppe vennero in mente i latrati di sua nonna. La casa dove era nato e dove era vissuto sino al militare, era ancora lì. Alla fine di via del Crocifisso. Inchiodata agli spasmi del tempo. Luccicava tra gli aghi dell'ultimo sole. E resisteva ancora, anche se il suo camino, che gli aveva raccontato mille storie di briganti e di magare, non sbuffava più. Non sbuffava più come sua nonna Santina che lo aveva cresciuto con cicerchie, lassani e pane di iermanu. A Giuseppe la sorte gli aveva voltato presto le spalle. Suo padre e sua madre se li era portati via la fiumara, inghiottiti in una sera affilata di novembre, quando aveva appena otto anni. Le crape si erano impaurite sotto i cugni dei tuoni e si erano sparpagliate lungo la scarpata, come il farinazzo che sua madre faceva piovere, ma solo le domeniche di autunno, sulle illusioni dei porci che s'ingrassavano nella zimma. Era buio pesto, e suo padre e sua madre non si erano accorti di essere ... [segue »]
Composto giovedì 19 marzo 2020

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    Scritto da: Felice Foresta
    Dedica:
    A tutti i Giuseppe
    Ha partecipato al concorso
    #IORESTOACASAeSCRIVO

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