Scritto da: Valerio Mancini

Le mie prigioni

Capitolo: 2

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...faceva un passo anche se si bloccava subito accanto alla sua momentanea mattonella, Paolo lo costringeva a tornare al suo posto.
La casa almeno era in buone condizioni, pulita e vantava un salotto incredibile veramente, mobili antichi, colonne fregi e ornamenti ovunque, era il piccolo museo della casa ed era una stanza completamente disabitata, ci sono entrato solo da solo quando lui era fuori. Non c'erano scarafaggi, o meglio non si notavano. Percorrevano il perimetro del lavandino in cucina sotto una guarnizione quasi trasparente che ne lasciava intravedere i corpi, era il tunnel finale che li avrebbe portati alla luce ma era strettissimo e lasciava passare solo i più piccoli.
Paolo non riceveva visite, non aveva parenti e se c'era qualcuno che sospettava della sua esistenza lo eliminava. Una sera, poco dopo la cena suonarono al citofono, io ancora ignoravo la sua copertura, si girò di scatto, fulminandomi con lo sguardo, mi accusò di aver detto a qualcuno che lui abitava li, voleva una risposta da me sull'identità dell'avventore. Gli dissi di rispondere che io non avevo cantato, che volevo salva la vita, ma lui era rimasto paralizzato dal terrore, passarono interminabili attimi di tensione e quando si decise ad ... [segue »]

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