Le migliori poesie inserite da Sir Jo Black

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Scritta da: Sir Jo Black

Sul piazzale

Guardo il vuoto intorno.

Sento il silenzio lasciato dalle auto
che passano.

Sento il silenzio lasciato dalle persone
che passano.

Osservo le attese...
Io non attendo.

Non attendo in questa piazza
piena di vuoto.

Vorrei rubare sorrisi
per metterli sul viso:
triste.

Vorrei lasciare sorrisi
agli occhi di chi attende
nel vuoto,
ma non ne ho più.

Vorrei regalare speranze
a chi attende nel vuoto,
ma le mie sono sabbia.

Sabbia
che il vento spande,
inutile sulla piazza.

Nessuno che regali:
un sorriso
una speranza?
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    Scritta da: Sir Jo Black

    Notte oscura

    Notte oscura...
    Di pianto e sangue
    coprono il cielo nuvole basse.

    Senza respiro...
    Di ansia e ghiaccio
    taglia la gola dolorosa lama.

    Infame tempo...
    Di gelo e morte
    abbatte la falce grigio destino.

    Ferito cuore...
    Con vita e forza
    alzerà luminosa spada anima mia.

    Vitale energia...
    Di lama contro lama
    seminerà schegge lacerante urlo.

    Vittoria o infamia sarà,
    mille scintille riempiranno il cielo:
    nuove stelle a color di questa notte scura,
    nuove dolenti speranze ai cuori tesi al cielo.
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      Scritta da: Sir Jo Black

      Il paese dei bugiardi

      C'era una volta, là
      dalle parti di Chissà,
      il paese dei bugiardi.
      In quel paese nessuno
      diceva la verità,
      non chiamavano col suo nome
      nemmeno la cicoria:
      la bugia era obbligatoria.

      Quando spuntava il sole
      c'era subito uno pronto
      a dire: "Che bel tramonto!"
      Di sera, se la luna
      faceva più chiaro
      di un faro,
      si lagnava la gente:
      "Ohibò, che notte bruna,
      non ci si vede niente".

      Se ridevi ti compativano:
      "Poveraccio, peccato,
      che gli sarà mai capitato
      di male?"
      Se piangevi: "Che tipo originale,
      sempre allegro, sempre in festa.
      Deve avere i milioni nella testa".
      Chiamavano acqua il vino,
      seggiola il tavolino
      e tutte le parole
      le rovesciavano per benino.
      Fare diverso non era permesso,
      ma c'erano tanto abituati
      che si capivano lo stesso.

      Un giorno in quel paese
      capitò un povero ometto
      che il codice dei bugiardi
      non l'aveva mai letto,
      e senza tanti riguardi
      se ne andava intorno
      chiamando giorno il giorno
      e pera la pera,
      e non diceva una parola
      che non fosse vera.
      Dall'oggi al domani
      lo fecero pigliare
      dall'acchiappacani
      e chiudere al manicomio.
      "È matto da legare:
      dice sempre la verità".
      "Ma no, ma via, ma và..."
      "Parola d'onore:
      è un caso interessante,
      verranno da distante
      cinquecento e un professore
      per studiargli il cervello..."
      La strana malattia
      fu descritta in trentatré puntate
      sulla "Gazzetta della bugia".

      Infine per contentare
      la curiosità
      popolare
      l'Uomo-che-diceva-la-verità
      fu esposto a pagamento
      nel "giardino zoo-illogico"
      (anche quel nome avevano rovesciato...)
      in una gabbia di cemento armato.

      Figurarsi la ressa.
      Ma questo non interessa.
      Cosa più sbalorditiva,
      la malattia si rivelò infettiva,
      e un po' alla volta in tutta la città
      si diffuse il bacillo
      della verità.
      Dottori, poliziotti, autorità
      tentarono il possibile
      per frenare l'epidemia.
      Macché, niente da fare.
      Dal più vecchio al più piccolino
      la gente ormai diceva
      pane al pane, vino al vino,
      bianco al bianco, nero al nero:
      liberò il prigioniero,
      lo elesse presidente,
      e chi non mi crede
      non ha capito niente.
      Composta lunedì 14 novembre 2011
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        Scritta da: Sir Jo Black

        Quasi sera

        Quasi sera,
        e tu eri con me,
        eravamo seduti
        accanto al mare.

        Quasi sera,
        e là, sopra la sabbia,
        c'erano ancora i segni
        del nostro amore.

        Ricordo
        che tu mi parlavi,
        io stavo guardando
        una vela passare:
        era bianca,
        era gonfia di vento,
        era l'ultima vela:
        era ormai quasi sera.

        Quasi sera...
        e non ricordo altro,
        né la voce che avevi,
        né il nome che avevi.

        Quasi sera...
        e poi non t'ho più vista,
        non ho mai più saputo
        di te, della tua vita.

        Ricordo
        di noi soprattutto
        la vela bianca che a un tratto
        sfiorò il nostro amore:
        era bianca,
        e dopo un momento
        io la stavo cercando
        ma non c'era che il vento.
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          Scritta da: Sir Jo Black

          Mare amato

          Guardo il mare che anela caldo tuffo;
          piccole nubi grigie sorvolano,
          cadono dietro la linea del cielo.
          A me sempre più lontano il suo abbraccio,
          sempre più vicino un ultimo tuffo.
          Discosto ricordo umide e dolci onde;
          discosto ricordo sferzanti ondate.
          Penso di abbracciarti mio amato mare
          mentre mi chiedi di cambiare spiaggia.
          S'è tua volontà dovrò un giorno andare;
          che d'averti amato tempo aspetterò
          s'asciughi il mio volto ancora salato.
          Composta giovedì 8 novembre 2012
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            Scritta da: Sir Jo Black

            Muoio volentieri, a volte

            Muoio volentieri, a volte:
            quando vomita dolore il cuore,
            schiacciate bruciano speranze
            sotto strade infami,
            catrame che mangia sogni.

            Muoio volentieri, a volte:
            quando il tempo urla nel vuoto,
            schiacciate nell'anima parole
            dietro persiane amare
            chiuse verso il sentire.
            Composta sabato 16 febbraio 2013
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              Scritta da: Sir Jo Black

              Ancora gioca a vivere

              Ancora gioca a vivere,
              mentre morto ride.

              Tenta d'offrir mani,
              ma tremano,
              sfugge il mondo.
              Malferme dita
              non prendono gioia.

              Guardano il cielo occhi
              piegati,
              peso di sale non speso,
              lontano spazio
              irraggiungibile
              ché frante spalle
              non più s'alzano.

              Ancora gioca a vivere,
              mentre morto ride.

              Sui cocci di vita caduta
              ginocchia dolenti.
              Ed il cuore aspetta
              ancora, sempre,
              l'ultimo battito
              prima del buio.

              Un uomo solo
              senza una vita.
              Composta lunedì 27 ottobre 2014
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