Woher sind wir geboren? Aus Lieb. Wie wären wir verloren? Ohn Lieb. Was hilft uns überwinden? Die Lieb. Kann man auch Liebe finden? Durch Lieb. Was läßt nicht lange weinen? Die Lieb. Was soll uns stets vereinen? Die Lieb.
Da dove siamo nati?
Da dove siamo nati? Dall'amore. Come saremmo perduti? Senza amore. Cosa ci aiuta a superarci? L'amore. Si può trovare anche l'amore? Con amore. Cosa abbrevia il pianto? L'amore. Cosa deve unirci sempre? L'amore.
Dead poets, philosophs, priests, Martyrs, artists, inventors, governments long since, Language-shapers on other shores, Nations once powerful, now reduced, withdrawn, or desolate, I dare not proceed till I respectfully credit what you have left wafted hither, I have perused it, own it is admirable, (moving awhile among it), Think nothing can ever be greater, nothing can ever deserve more than it deserves, Regarding it all intently a long while, then dismissing it, I stand in my place with my own day here.
Here lands female and male, Here the heir-ship and heiress-ship of the world, here the flame of materials, Here spirituality the translatress, the openly-avow'd, The ever-tending, the finale of visible forms, The satisfier, after due long-waiting now advancing, Yes here comes my mistress the soul.
O me! O life! Of the questions of these recurring, Of the endless trains of the faithless, of cities fill'd with the foolish, Of myself forever reproaching myself, (for who more foolish than I, and who more faithless?) Of eyes that vainly crave the light, of the objects mean, of the struggle ever renew'd, Of the poor results of all, of the plodding and sordid crowds I see around me, Of the empty and useless years of the rest, with the rest me intertwined, The question, O me! So sad, recurring - What good amid these, O me, O life? [Answer] That you are here - that life exists and identity, That the powerful play goes on, and you may contribute a verse. Ahimè, ahi vita! domande come queste mi perseguono, d'infiniti cortei d'infedeli, città gremite di stolti, io che sempre rimprovero me stesso, (perché chi più stolto di me, chi di me più infedele?) d'occhi che invano anelano la luce, scopi meschini, lotta rinnovata ognora, dagli infelici risultati di tutto, le sordide folle anfananti, che in giro mi vedo, degli anni inutili e vacui degli altri, e io che m'intreccio con gli altri, la domanda, ahimè, che così triste mi persegue, - Che v'è di buono in tutto questo, o Vita, ahimè? RISPOSTA Che tu sei qui - che esistono la vita e l'individuo, che il potente spettacolo continua, e che tu puoi contribuirvi con un tuo verso.
We two boys together clinging, One the other never leaving, Up and down the roads going, North and South excursions making, Power enjoying, elbows stretching, fingers clutching, Arm'd and fearless, eating, drinking, sleeping, loving, No law less than ourselves owning, sailing, soldiering, thieving, threatening, Misers, menials, priests alarming, air breathing, water drinking, on the turf or the sea-beach dancing, Cities wrenching, ease scorning, statutes mocking, freebleness chasing, Fulfilling our foray.
Mai, per decreto di Zeus o per volere degli dèi beati
Mai, per decreto di Zeus o per volere degli dèi beati, immortali, la nostra città cadrà in rovina: una tale custode, magnanima, dal padre possente, Pallade Atena, tiene le mani dall'alto su essa. I cittadini, con le loro stoltezze, vogliono distruggere, proprio loro, la grande città, corrotti dal denaro. Ingiusta è la mente dei capi del popolo, cui incombe patire molti dolori per grande tracotanza. Essi non sanno contenere l'insolenza, né attendere alle gioie presenti, nella pace del banchetto.
Si arricchiscono cedendo ad azioni ingiuste
non risparmiando proprietà sacre né pubbliche, rubano e rapinano, chi da una parte chi da un'altra. Non curano i sacri fondamenti di Giustizia che, silenziosa, conosce ciò che avviene e che avvenne e, col tempo, arriva per punire. Questa piaga, cui non si può sfuggire, pervade tutta la città; ed essa cade presto nell'odiosa servitù, che desta la rivolta civile e la guerra assopita, fonte di rovina per l'amabile gioventù di molti. A causa dei nemici, la città molto amata si consuma in riunioni care agli ingiusti. Questi mali fra il popolo si aggirano; dei poveri molti giungono nei paesi stranieri, venduti e legati a turpi catene.
Io stesso venni araldo dalla bella Salamina, invece di un discorso, avendo composto una poesia, universo di parole.
Fossi io di Sicino o di Folegandro, invece che Ateniese, scambiata la patria! Tra gli uomini presto correrà questa fama: "È un Attico costui, di quelli che abbandonarono Salamina".
Andiamo a Salamina, a combattere per la bella isola, e a scrollarci di dosso la vergogna pesante. Invece di un discorso, avendo composto una poesia, universo di parole.
Fossi io di Sicino o di Folegandro, invece che Ateniese, scambiata la patria! Tra gli uomini presto correrà questa fama: "È un Attico costui, di quelli che abbandonarono Salamina".
Andiamo a Salamina, a combattere per la bella isola, e a scrollarci di dosso la vergogna pesante.
Se risparmiai la patria, se alla tirannide non volsi l'animo né all'amara violenza, macchiando e disonorando la mia fama, non mi vergogno: così, credo, sarò superiore a tutti gli uomini.
Non è Solone uomo di mente acuta, né di sagge decisioni: grandi beni il dio gli offriva, ma lui non li accettò. Circondò la preda ma poi, stupito, non tirò a sé la grande rete, mancandogli il coraggio e insieme il senno. Io, preso il potere e arraffata una grande ricchezza, avrei voluto un giorno solo esser tiranno di Atene, e poi che mi scuoiassero per fare un otre, e la mia stirpe fosse distrutta.
Splendenti figlie di Mnemosine e di Zeus Olimpio, Muse Pieridi, la mia preghiera ascoltate. Concedete che io abbia prosperità dagli dèi beati, e da tutti gli uomini grande fama per sempre. Sia io dolce agli amici e aspro ai nemici; per gli uni degno di onore, per gli altri tremendo a vedersi. Desidero avere ricchezze, ma possederle ingiustamente non voglio: sempre, in seguito, giunge Giustizia. La ricchezza, che danno gli dèi, rimane all'uomo salda, dalla sua più profonda radice fino alla cima; la ricchezza, che gli uomini cercano con prepotenza, non viene secondo ordine ma, obbedendo ad azioni ingiuste, segue controvoglia, e subito a lei si mescola Rovina; da poca cosa ha inizio, come avviene per il fuoco: debole è il principio, ma funesta la fine. Tra i mortali non durano le opere della prepotenza. Il compimento di tutte le cose Zeus sorveglia e, all'improvviso - come spazza subito le nuvole il vento di primavera che, rimosso il fondo del mare sterile, dalle molte onde, sulla terra che produce frumento distrugge i bei lavori dei campi, e giunge poi al cielo, l'inaccessibile sede degli dèi, e fa di nuovo vedere il sereno; limpida rifulge allora la forza del sole sulla pingue terra, e nessuna nube si può più vedere -; così è la punizione di Zeus, ma non in ciascuna occasione, come fa un mortale pronto alla collera.
Mai gli sfugge chi ha un cuore malvagio, ma sempre alla fine si disvela. Chi paga subito, chi dopo. Scampino pure alcuni e non li colga il fato divino che sopraggiunge; esso viene ugualmente dopo. Paga chi è senza colpa: o i figli, o la stirpe in futuro.
Tu scendi dalle stelle, o re del cielo, e vieni in una grotta al freddo, al gelo; o Bambino mio divino, io ti vedo qui a tremar. O Dio beato, Ah, quanto ti costò l'avermi amato!
A te che sei del mondo il creatore Mancano panni e fuoco, o mio Signore. Caro eletto pargoletto, quanto questa povertà più m'innamora! Giacché ti fece amor povero ancora.
Tu lasci del tuo Padre il divin seno per venire a penar su questo fieno. Dolce amore del mio core, dove amor ti trasportò? O Gesù mio, per chi tanto patir? Per amor mio!
Ma se fu tuo volere il tuo patire, perché vuoi pianger poi, perché vagire? Sposo mio, amato Dio, mio Gesù, t'intendo sì; ah, mio Signore, tu piangi non per duol, ma per amore.
Tu piangi per vederti da me ingrato dopo sì grande amor sì poco amato. O diletto del mio petto, se già un tempo fu così, or te sol bramo. Caro, non pianger più; ch'io t'amo, io t'amo.
Tu dormi, o Ninno mio; ma intanto il core non dorme, no, ma veglia a tutte l'ore: deh! Mio bello e puro agnello, a che pensi? Dimmi su, oh amore immenso! A morire per te, rispondi io penso.
Dunque a morir per me tu pensi, o Dio. E che altro amar fuori di te poss'io? O Maria, speranza mia, s'io poc'amo il tuo Gesù, non ti sdegnare; amalo tu per me, s'io nol so amare.
Pensando a loro verrà certo in mente, soprattutto alla povera gente, quella povera di un certo intelletto, che non si giudica solo dal " letto ".
Il gusto di avere un affetto o un amore, è proprio nell'intimo del nostro cuore, allora pensiamo quel che si può fare e lasciamo vivere senza giudicare.
Ognuno di noi ha le sue " stranezze ", i dubbi, le angosce, le gioie e certezze, allora si deve per forze additare colui che è " diverso " ma vuole amare?
Diverso perché, da cosa e da chi? Chi è che sancisce le regole qui? Bisogna vedere, qual è il senso e la misura, per cui si giudica con così tanta " cura ".
Il problema, è solo dentro di noi, è il nostro cuore, che è arido ormai, non ha più calore, è divenuto un sasso, che giudica gli altri solo dal sesso.
Allora siam certi, felici e contenti, di essere " etero " in mezzo alle genti, gli " altri " si sà sono " diversi " son solo e semplici: figli " dispersi ".
Guardiamoci in faccia, allora miei cari, cerchiamo di essere fermi e sinceri, di noi nessuno potrà mai sancire, chi è " l'eletto " per poter giudicare.
Chi nel suo piccolo apprezza il valore, solo dell'essere e non dell'apparire, potrà un giorno, col senno di poi, accettare che esistano loro: i gay.