Poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia
Gioca, finché sopra il tuo capo
l'azzurro è ancora senza nube,
gioca cogli uomini e col fato:
tu sei vita, promessa alle battaglie,
tu sei cuore, anelante alle bufere.

Come spesso, da tristi fantasie
oppresso, a te volgo lo sguardo,
e l'occhio mio di lacrime s'offusca...
Perché? Che cosa abbiamo di comune?
Tu vai verso la vita: io mi ritiro.

Ho visto i sogni mattutini
del giorno appena desto... ma le tarde,
ma le vive tempeste, ma lo scoppio
delle passioni, il pianto di passione,
non è per me, no, tutto questo!

Ma forse alla calura dell'estate
ricorderai la primavera...
Oh, questo tempo allora anche ricorda,
come un alcun confuso sogno
svanito prima dell'aurora.
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    Scritta da: Andrea De Candia

    Il viperotto

    Scivola contro il muschio del ciottolo come il giorno occhieggia attraverso l'imposta. Una goccia potrebbe fargli da copricapo, due fuscelli vestirlo. Anima in pena d'un pezzetto di terra e di una scheggia di bosso, ne è, nel contempo, il dente maledetto e declive. Suo contrapposto, suo avversario, è il primo albeggiare che, dopo palpato la coperta imbottita e aver sorriso alla mano dell'addormentato, molla la sua forca e fila sul soffitto della stanza. Il sole, secondo venuto, l'abbellisce d'un labbro goloso.
    Il viperotto resterà freddo sino alla morte numerosa, giacché, non essendo di nessuna parrocchia, è assassino al cospetto di tutte.
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      Scritta da: Andrea De Candia

      I licheni

      Camminavo fra le gobbe d'un terreno ripulito, i segreti respiri, le piante senza memoria. La montagna si alzava, fiala colma d'ombra, che a tratti il gesto della sete stringeva. La mia traccia, la mia esistenza si perdeva. Il tuo volto scivolava all'indietro davanti a me. Non era che una macchia in cerca dell'ape che l'avrebbe fatta fiore e dichiarata viva. Stavamo per separarci. Tu saresti rimasta sull'altipiano degli aromi e io sarei penetrato nel giardino del vuoto. Là, sotto la salvaguardia delle rocce, nella pienezza del vento, avrei chiesto alla notte vera di disporre del mio sonno per accrescere la tua felicità. E tutti i frutti ti sarebbero appartenuti.
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        Scritta da: Andrea De Candia
        Questa tristezza che soffonde tutto,
        il Sole, cuore a sé stante, era vita
        caduta, persa, morta, seppellita,
        il cielo pianto si trasforma in lutto,
        il dire non sei solo, delle stelle,
        il loro dire c'è ancora la luce,
        quando hai chiuso le palpebre ritorni
        all'abisso di te, amaca oscura,
        a cullare neonata la pupilla,
        e veggente le sveli il suo futuro,
        la sostanza di cui sarà il suo letto,
        nel suo essere distesa ciò
        che la circonderà ineluttabile,
        mentre ora da Madre ti sorveglia
        e si ferma alle soglie dove sa
        che comincia il mistero che ti chiude
        il viaggio, il viaggio fermo del tuo sonno.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          No, posati! Lo dice la tua culla.
          Non volare nel cielo della notte,
          non vedere sorelle nella luce,
          non piangerti con stelle, che lì restano
          che aspettano e rifiutano il venirti
          incontro, discendendo da un non volto.
          Lievita il tempo col pane del sonno,
          getta il tuo inchiostro, seppia della palpebra,
          sulla riva interiore del tuo animo
          là dove il mare del sangue in tempesta
          sa fingersi taciuto in ogni istante.
          Schizzalo, giù, sui fogli delle ossa,
          dona buio di luce a luci buie,
          scriviti nel segreto che ti isola:
          rafforzerai la convinzione d'essere.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            Mi incateno alla spuma del mio letto
            per dirmi che non sono della notte,
            non sono fatto della sua sostanza
            le pupille si sono dilatate
            gettano ombre mostruose sul didentro
            uccidono chi passa con la luce
            di un sogno falso, le ossa sono sbarre
            di una prigione che aspetta il colpevole,
            fingendo di riceverne una visita
            breve, estemporanea come piuma
            mossa dalla pazzia quieta del vento,
            dalla belva sopita senza labbra,
            dal nemico minore da temere.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              Sei quasi indenunciabile, lo sai?
              Sento le doglie anche dei secondi,
              vedo ormai il tetto che mi hai costruito,
              prigioniero del non svegliarsi azzurro,
              mi doni l'universo e sia la cella
              e come souvenir ormai imprendibili
              le stelle, lacrime di ciò che fu(i),
              e ti fai Madre su me figlio vivo,
              a piangermi come se fossi morto,
              e figlio io divento la tua madre
              orfana delle origini, malata
              da accudire come avesse l'Alzheimer
              nel pensiero di questa veglia insonne.
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                Scritta da: Andrea De Candia
                Solo la testa rimarrà insepolta
                ché chi volesse getti come fiori
                sguardi di lutto – sono le pupille
                la perfezione ciclica di morte –
                se vuoi guarirmi tu rendimi cieco
                sono questo affacciarsi al suo disopra
                sono un equilibrismo sugli abissi
                sono il terreno che riempie la bara
                che sono con la pelle, che non so
                di essere ogni volta che la provo.
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                  Scritta da: Andrea De Candia
                  La decapitazione rammollita,
                  la zattera del cuscino trasporta
                  la memoria carnale della testa
                  su acque inesistenti d'aria chiusa
                  - si riversava luce dalle lampade,
                  tuorli dal guscio spezzato del tempo,
                  sguardi oltre pupille e senza ciglia –
                  ora il mio letto mi divora il resto,
                  mi fa apparire decomposto ossa
                  di un lenzuolo, di un mare senza origini –
                  ora so che si suicida il sogno
                  dalla rupe dell'animo ritorna
                  al suolo di un risveglio, a nuova vita.
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