Lei non è più tua. Non siete più vostri e forse non lo siete mai stati. Non vi appartenete più, condividete un armadio, un letto e un bagno ma non vi appartenete. Irrimediabilmente lontani, anche se conoscete a memoria ogni anfratto di voi, ogni ruga e ogni particolare dei vostri corpi. Ognuno è ormai una scatola chiusa, un bunker blindato senza finestre. Ti guardi la mano sinistra come se tra le linee del palmo ci possa essere quella che definirà la durata del vostro amore, una specie di garanzia di proseguimento e una prova tangibile di caducità.
Considera la vita come un incessante divenire, la mutazione costante di uno spirito assoluto. Solo così potrai capire che ciò che pensi di te stesso riguarda una dimensione che è accaduta e che ormai appartiene a ieri. Sei ciò che sarai, perché il presente è proiettato verso il futuro. Spesso guardi al passato con malinconia, dimenticando che la vita ha un disegno già scritto e definito. Puoi soltanto accoglierlo o fare finta che non esista. La prima possibilità conduce alla consapevolezza.
Spesso confondiamo l'amore con il bisogno di amare. L'amore non è un'esigenza che presuppone un vuoto da colmare, non è silenzio da riempire con un suono, non è buio da inondare di luce. Al contrario, l'amore è il sovrabbondare della vita. Amare vuol dire esserne talmente intrisi da condividerlo con tutti.
La mente è un'abile tessitrice. Getta la rete nel passato e si abbuffa di ricordi. Bulimica, aggiunge fantasie ai frammenti mancanti, fino a dipingere l'illusione che ieri era tutto molto più luminoso. Eliminando i ricordi, evitando di attaccarsi a loro, si riesce a percepire molto meglio il colore di un'emozione che non c'è più. È passata. E forse doveva andare così.
Accade che un giorno ti guardi allo specchio e non sei più tu. Osservi la fronte più ampia, il pozzo più scuro degli occhi, ti soffermi sull'intreccio sottile di rughe. Capisci di essere solo, non di esserlo diventato ma di esserlo stato da sempre. Si nasce e si muore soli, due eventi grandiosi con un unico protagonista e tra questi si evolve la vita che spesso è un monologo contraddittorio nel continuo tentativo di ovviare alla solitudine, un cercare di uscire da questa realtà intrinseca. Si tendono mani, si trovano occhi, si ascoltano voci, tutto per sentirsi meno perduti. L'errore più grande è voler mettere la propria felicità nelle mani di un altro. L'errore più grande è illudersi di non essere soli.