Le migliori frasi di Anonimo

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Doctum, ex omnibus solum, neque in alienis locis peregrinum neque amissis familiaribus et necessariis inopem amicorum, sed in omni civitate essem civem difficilisque fortunae sine timore posse despicere casus.
Il sapiente è il solo fra tutti a non essere estraneo in luoghi estranei, ne privo dei familiari e delle persone care è abbisognevole di amici, ma in ogni città è cittadino e i casi difficili della sorte senza timore può disdegnare.
Anonimo
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    O idolo, se vero, mal onori parole
    con aria d'un attore da cinema
    e capirò la vita tardi.
    (sì, dio denaro ha bel aroma, se l'età dona mali).

    Se ti ama Maroni,
    se autori d'innari ti amano,
    noi di là sarem atei se ridi, amici mai.

    Re, nè ti sarò devoto,
    nè ti dirò lodi e, se mai devo,
    lo direi con anatema amaro

    Evasore e libero giri, dai le case,
    reti - se util o popolo devi agitare - domina.
    Dicì me'nage, l'Italia era tesa, balene udì:
    pelato sire dai solo pan e palla.

    Venale marrano,
    vai - se d'amore a vita nel lavoro
    della cara Italia hai miti - sei solo.

    Di divi denaro o sole godi:
    girati, là non è la Mecca,
    fidati d'una remota voce nei veli.
    Tu odi, allievo? Da lì lo vedi?

    Da Milano con ali madide voli,
    là - dove il laido utile viene covato -
    mera nudità di facce, male non alita.
    Rigido, geloso, ora ne dividi dolosi esiti.

    Mia hai la tiara,
    ("Calle d'oro, valle nativa e Roma desiavo. ")
    narramela, ne val la pena

    Polo sia deriso, tale pidue n'è la base,
    tare ai lati (Lega, nemici d'an, i moderati gai) vedo.
    Lo popoli tu e sì t'è resa celia:
    di rigore bile erosa v'è ora, ma a metà - nano - ci eri

    Dolo vediam, e se i dolori di te noto,
    vedo rasi, teneri amici mai dire sì.
    Età mera sali, Dio non ama i tiranni - diro'-
    tua è sinora, ma mai tesi la mano da te lesa.

    Morale?
    Bah, ora ne do i disidratati valori:
    pace – ameni - cade rotta, nuda ira no.
    Ce lo rapirono l'amore, v'è sol odio.
    Anonimo
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      Da Carmelo Bene, abbiamo appreso l'arte del disapprendere,
      dello sperpero dell'arte, della generosità autentica di chi è uscito dalla catena di montaggio. Dobbiamo a questo genio la lezione
      di un arte che non consola, che non si arruffiana con il potere,
      che considera l'individuo non come facente parte di un sociale
      catalogato e omologato. Quando lo ascolti non sai cosa vogliano
      dire quei testi. Il fatto è che nell'istante in cui Carmelo Bene
      pronuncia una parola, in quell'istante, tu sai cosa vuol dire,
      un istante dopo: non lo sai più. Così il significato del testo
      è una cosa che percepisci, si, ma nella forma aerea
      di una sparizione. Lui diventa quelle parole e quelle parole
      non sono più parole, ma voce. E suono che accade
      diventa ciò che accade, e dunque tutto... e il resto non è più niente.
      Anonimo
      Composta domenica 22 agosto 2010
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