Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Primavera balcanica

Non sono stelle filanti
non sono stelle cadenti
ma sono bombe che cadono.

Amico Baldi
non fiorisce più la bianca betulla a Sarajevo
tu sei cieco, non puoi vedere le atrocità di questo mondo,
ma puoi ascoltare, sentire le persecuzioni, il genocidio di popoli.

Non sono stelle cadenti
ma bombe che cadono su Belgrado, Pancevo, Pristina, Skopje.
Non sono stelle filanti ma bombe
Per distruggere un'altra torre di Babele.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    L'amore

    È l'amore che vive in me
    é l'amore che io provo per te,
    é l'amore che é intorno a noi
    ma il tuo amore non c'é

    È nell'aria che respiri tu
    c'é una parte di te e di me,
    un sentimento di tutti noi
    in questo mondo che amare vuoi.

    E non c'é tutto quello che sogni tu
    e perché questo sempre lo chiedi a me,
    vivi la vita, pensando agli altri e non a te,
    questo é l'amore, l'amore dei tuoi perché.

    Liberi le tue idee, anche i tuoi pensieri,
    se puoi quelli veri per cercare l'amore,
    frughi tra le stelle, rubi la più bella,
    fai una magia, una magia d'amore.

    È l'amore l'amore, é l'amore l'amore
    una magia d'amore.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Viaggi di ritorno

      Non guardo fuori ma il doppio
      che si specchia nel vetro
      di una finestra la cui lamina
      argentata è di luci accese,
      di notti insonni e di viaggi
      di ritorno intorno a una stanza.

      E sempre cercare le parole
      come per dire tutto e barare
      sulla realtà o siamo fragili,
      ché non c'è balzo di tigre
      né natura angelicata
      quando scalpita in noi
      la nostra storia unica
      ma poi niente di speciale.

      Il poeta ha il mal d'amore
      come chi fuma sa di fumo
      e tu, turgida farfalla offesa,
      ritiri la spiritromba graziosa
      e mai più succhierai il niente
      dei suoi fiori artificiali.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Prendere un treno

        Prendere un treno
        tra chi va e chi ritorna:
        ginocchio contro ginocchio
        in qualche vecchia carrozza,
        aprirsi un po'.

        Guardare di fuori
        i pensieri che hai dentro.
        La massicciata scorre
        come scorre il passato,
        ovattarsi un po'.

        Conforta la memoria
        il tatantatà che culla
        e sostiene il fantasma
        di una cara infantile
        filastrocca.

        Di stazione in stazione
        sulle guide di acciaio
        abbandonarsi finalmente
        alla certezza di arrivare.
        Dormire un po'.

        Cardiaca contrazione
        e arteriosa pulsazione
        rotolano sul binario
        e da ogni tunnel impavidi
        rinascere.

        Prologo

        La piattola strappata
        Ha lasciato sul corpo
        Un segno indelebile
        La roseola scarlatta

        Ma per sempre non è
        Come il corpo ci muore
        E poi tutto scompare

        Simile è il corpo
        Delle umane vicende
        Su cui lasciamo terreno
        Ai posteri un ricordo.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Ritorno a casa

          Ti scrivo sulla Transiberiana con lo stesso paesaggio sotto gli occhi
          che abbiamo visto quando andavamo insieme.
          Colori più autunnali, tuttavia,
          evidenziando
          un'individualità in ogni pianta.
          Equiseti melanconici.
          Alberi di foglie gialle
          o dipinte a rosso antico
          o di foglie già perdute.
          L'erba insiste ancora nel suo verde
          ma sono secchi alcuni fiori
          ed è bruciata, qua e là,
          mentre intatti risultano alberi e cespugli.
          Forse il qua e il là è quello
          dove abbiamo visto salire dalla terra il fumo,
          nell'andata.
          Il fumo
          è svanito,
          a distanza di giorni.

          Pubblicata su Lo strillozzo.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Perdere la strada

            Camminare, passeggiare
            sotto le fiaccole della luna,
            una strada brecciata
            girovagante alle colline.
            Alberi, rami protesi,
            plaghe d'ombra, oscure caverne,
            smerlettate, maculate,
            occhieggia la luna
            fra le foglie vibranti nella brezza.
            Baciare le dolci labbra,
            sotto l'ombre maculate,
            dell'innamorata mentre gli occhi
            sfavillano ai raggi lunari.
            Bisbigliare parole d'amore
            nell'incanto della notte:
            mille archetti sonanti
            le note di cristallo di un usignolo.
            Sfiorare il caro volto,
            seguire la curva del bianco collo.
            Sentire la passione ardere
            gli innamorati sospirosi,
            come verdi rami al fuoco,
            e fondere nel crogiolo
            la più preziosa lega: l'Amore.
            Una mano sfiora,
            zeffiro, il volto tuo.
            Un nembo nero mangia la luna,
            un'oscurità abissale assale la terra.
            Sfiorati voglio ma non ti trovo,
            ti cerco ma non ti trovo,
            svanita come la luce lunare.
            Sono rimasto solo nel vento,
            che sibila sinistro nella foresta.
            Una lacrima spaurita
            scende tremula sulla guancia.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              In solitudine cogliere armoniosi accordi.

              Giunchiglie, sulla riva,
              ridono con riso dorato
              Sull'acqua trema lievemente,
              tra ombre del salice,
              biondo riflesso di narcisi.
              I fiori narrano fole nell'ombra.
              Le ninfe spiano dai margini del bosco,
              lanciano sguardi melanconici,
              si ritraggono come pallidi fiori,
              si rifugiano nell'ombra cupa.
              Nella macchia un garrulo cinguettare .
              Impertinente un pettirosso,
              sul sentiero, interroga pipilando.
              Il ruscello gorgheggia
              con impetuosa letizia .
              Tra cielo e terra un sbocciare
              gaio d'anemoni ,
              un fremere di uccelli.
              Il giovane vento, agguantato
              dai rami degli alberi,
              si lamenta della prigionia.
              Le felci giaciono appassite, spezzate,
              scarmigliate dall'inverno.
              Le foglie cadute dalla quercia,
              calpestate emettono un gemito,
              risospinte nell'oblio.
              L'angoscia delle felci prostrate,
              il volo spensierato,
              la trepida gioia delle gemme ,
              il singhiozzo del vento frenato
              percepivo vagando solitario.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Cielo bacia terra

                Metallica croce
                mi sovrasta.
                Vuoto mi circonda
                e confonde.
                L'infinito segue
                un picco dopo l'altro,
                dal pertugio una valle
                spinge l'occhio al mare.
                Sfoca l'immagine
                cielo e mare, mare e terra,
                città concrezioni calcaree.
                L'aquila imperturbabile
                segue la rotta della brezza.
                Il sudore ghiaccia
                al pensiero d'abbandonare
                l'infinito silente.
                Meglio lanciare in volo
                la massa grigia
                e smolecolare nell'azzurro spazio.
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