Scritta da: G. Casarini

La tarda viola

Vedo oggi nel giardino una tardiva viola
e con la mente ritorno a un tempo antico
al giardino della giovinezza e dell'amore
vi era ricordo vi era un fior certo una viola
ma non la colsi che nell'istante mi tremò
la mano ancor dell'amore acerbo allora
or mi domando che fine abbia fatto quel
non colto da me fiore: là ritornar cercar
vedere? Fosse ancor lì qual come questa
viola tardiva e dolce e profumata? Tremante
pur oggi la man sarebbe e incerta poi non
per acerbo amor ma per vecchiaia stanca,
guardo e penso ai versi del poeta antico:
"Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
di rimpianto. Non amo che la viola
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono state..."
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    Scritta da: G. Casarini

    Torna oggi l'autunno

    Torna oggi l'autunno a bussare alla mia porta
    un turbinio nell'aria forte di forme e di colori
    son foglie da lontano e nel tempo allor cadute
    ma per malia strana non morte ma ancor vive
    ch'ogni foglia è un viso un suono una emozione
    una gioia o un dolor: sì chi bussa è entrar vuole
    altro non è forte lo sento quel viver mio passato.
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      Scritta da: G. Casarini

      Foglie autunnali

      Tra le foglie autunnali prossime a morire
      filtra il sole lor donando dolce una carezza
      quale amorevol segno di un presente addio
      così vorrei nel tempo prossimo a venire
      che i miei ultimi della mente miei pensieri
      filtrati fosser dalle tue per me d'amor parole
      a l'animo carezzar e riscaldar prima dell'addio.
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        Scritta da: G. Casarini

        Apocalisse

        Quando si spegnerà quel giorno
        il sole e cadran le stelle giù nel
        mare sol fuoco celeste e gorghi
        di acque violente spaventosi
        avranno sulla terra il lor dominio
        non più nei campi con messi un
        tempo e frutti a rallegrar l'umana
        specie che da allor vagherà nella paura
        e nel terror dolente in attesa misera
        della accorrente fine e un sol destino
        tutti avvolgerà e non vi saranno sconti
        né favori o soprusi e raccomandazioni
        che le imploranti forti voci dei potenti
        e del più debole dei miseri il gridare
        saranno un unico terrificante grido di dolore.
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          Scritta da: G. Casarini

          Mattinata

          Mattinata di Manfredonia il golfo
          del Gargano quel promontorio
          una sera di maggio all'imbrunire
          ulivi mandorli e rossi melograni
          fichi d'india e infine quegli aranci
          e a loro accanto tanti quei limoni
          un tripudio lì di profumi e fiori fiori
          dove le bianche zagare tra di loro
          regnavano regine inebriata l'aria
          una particolar dolcezza delicato
          quel profumo intenso che i sensi
          tutti ridestava e il sapor del mare
          lì spinto dalla brezza si mischiava
          dando al respirar un godere lieve.
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            Scritta da: G. Casarini

            Spirava uno zefiro gentil

            Spirava quel dì uno zefiro gentil,
            soave melodioso degli uccelli
            il canto, di profumi fiori erbe
            arbor odorava il bosco, fresco
            il capanno, soffice il giaciglio,
            lì la mia ninfa, ignudo, d'amor
            pronto alla tenzone qual dio
            Pan ardente il desiderio pronto
            sol attendeo poi venne, vide,
            persi, irata irose le parole disse:
            non può esservi pugna non
            battaglia con simile zagaglia!
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              Scritta da: G. Casarini

              Mea Gens: Il Ticino

              Mughettose, festanti e ridenti le sponde del Ticino,
              querce secolari e castagni d'odorosi boschi:
              mazzolini fioriti e cesti di porcini dal profumo intenso
              a Milano offriva un tempo Modestino
              a Porta Ticinese e Lodovica e in Piazza Duomo:
              una vita semplice, frugale e priva di pretese.
              Un tempo l'azzurr'onda sfiorava con fruscio i bianchi
              sassi e arsi, cotti dal sole Giovanni e i suoi fratelli
              lunghi forconi agitavan svelti nell'acqua dai barcè
              e i levigati ciottoli, frammenti di grezzi massi
              nel fiume a monte rotolati e poi rotti e spezzati
              da salti e lavorio dell'acque e trascinati
              per tempi e per stagioni sconosciute,
              l'affannosa e sobbalzante corsa qui finivan
              fermati, imprigionati da rebbi rugginosi;
              poi da fatica aggiunta e a forza aggiunti
              a guisa di bianchi su un ampio slargo monticelli
              portati infine in fornaci ardenti e vetrerie
              davano pane a Giovanni e ai sassaioli
              tramite forma e vita di familiari oggetti:
              vita dura e faticosa con dignità vissuta.
              Soli nel lavoro e nella vita al Goss e Margarota,
              "salvadag" li chiamavano certuni:
              era poi falso ma si sa la cattiveria
              era ed è allora come oggi assai presente
              che, per il dimesso aspetto e i poveri vestiti
              miseri stracci più volte rattoppati,
              si diceva e si credeva avessero malie
              strane e odiassero sia i grandi che i piccini,
              per questi allora non vi era peggior babau:
              meglio evitarli non incontrarli in strada.
              Così costretti da questa diceria odiosa
              a percorrer solitari solitarie vie la vita tutta
              giorno per giorno fuor che nell'Inverno
              dall'alba fino a sera tarda e senza sosta
              curvi e piegati lungo i cigli di rami
              secondari del Ticino tagliavan di netto
              con l'acqua sino alle ginocchia, ah povere ossa,
              teneri giunchi e ne facevan solide fascine.
              Io bambino "milanese", ospite dei nonni a Motta
              e non del tutto ignaro di tale cattiva maldicenza,
              questa devo rigettare e dire forte: "Care figure addio,
              agrodolce ricordo della fanciullezza!"
              Volle il caso che per caso li incrociai,
              cigolava la carriola colma di fascine,
              forti gli attriti della sgangherata ruota,
              solo, tremante, impaurito ed alla fuga pronto
              fui fermato non da callose e ruvide mani
              né da sdentate e paurose bocche
              ma da due ciau e da larghi sorrisi
              accompagnati da gesti in forma di saluto:
              non membra d'orchi ma di persone umane!
              Vita misera e piena di tristezze se non dolore:
              per poche lire un certo Giovanö prendeva le fascine!
              Mani esperte rapide le sue e veloci ed ecco cesti,
              cestini, fiaschi impagliati e damigiane
              di vesti intrecciate rivestite e belle,
              centri, centrini, sporte e sottovasi:
              parte all'industria, parte alle osterie,
              il resto infine lo vendeva Ghita la moglie
              col suo banchetto di sabato al mercato.
              Di tutti forse la miglior ma pur sempre vita grama!
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                Scritta da: G. Casarini

                Nera figura tutta nera

                Nera figura tutta nera nero scialle
                nera lunga fino ai piedi palandrana
                nere pantofole di grezza pezza ancor
                di lei il ricordo in Milano via Celoria
                negli anni miei oggi lontani mendicava
                lì solo studenti di passaggio o quasi
                a quelle ore assai preste del mattino
                politecnico scienze come medicina
                qual buona sorte e sperato auspicio
                per un esame da dare e poi da superare
                più di uno spicciolo risuonando forte
                nel piattino di metallo nero lì cadeva
                con cura posto lì a lei vicino vecchia
                tremolante vecchia su un instabile sgabello
                seduta lì quale destin ultimo triste giunta
                sfatta sfinita quasi consunta cinquant'anni
                di meretricio forse di più passati in bordelli
                di piacere case e angoli di strade il marciapiede
                forzati amplessi falsi sorrisi baci a lei rubati
                di guadagno fonte dello stato per tenutarie prima
                di un giovane pappone dopo che anziano
                poi inabile lei a quel triste mestiere diventata
                ancora misera alla questua allor portava
                povera vecchia sola senza affetti donna
                vigliaccamente che vigliacco ancor sfruttava.
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                  Scritta da: G. Casarini

                  I melograni di Mornico Losana

                  Nella stagion che di rosso intenso s'apron dei melograni
                  i fiori macchie di queste colorate gemme di Mornico Losana
                  ornano la veste, sul limitar stanno di pietrose antiche case
                  abbandonate, in giardini, un tempo, tra spessi rovi s'ergon
                  a fatica e tra sterpaglie secche, lungo pendii che scendon
                  verso valle e sui cigli qual sentinelle ferme delle strade
                  all'arboreo scintillante quadro donan sua completezza
                  sì che nel caldo giugno questo al ciel volto rosseggiar di fiori
                  rossi negli anni nel tempo si rinnovella dolce vision donando.
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