Mughettose, festanti e ridenti le sponde del Ticino, querce secolari e castagni d'odorosi boschi: mazzolini fioriti e cesti di porcini dal profumo intenso a Milano offriva un tempo Modestino a Porta Ticinese e Lodovica e in Piazza Duomo: una vita semplice, frugale e priva di pretese. Un tempo l'azzurr'onda sfiorava con fruscio i bianchi sassi e arsi, cotti dal sole Giovanni e i suoi fratelli lunghi forconi agitavan svelti nell'acqua dai barcè e i levigati ciottoli, frammenti di grezzi massi nel fiume a monte rotolati e poi rotti e spezzati da salti e lavorio dell'acque e trascinati per tempi e per stagioni sconosciute, l'affannosa e sobbalzante corsa qui finivan fermati, imprigionati da rebbi rugginosi; poi da fatica aggiunta e a forza aggiunti a guisa di bianchi su un ampio slargo monticelli portati infine in fornaci ardenti e vetrerie davano pane a Giovanni e ai sassaioli tramite forma e vita di familiari oggetti: vita dura e faticosa con dignità vissuta. Soli nel lavoro e nella vita al Goss e Margarota, "salvadag" li chiamavano certuni: era poi falso ma si sa la cattiveria era ed è allora come oggi assai presente che, per il dimesso aspetto e i poveri vestiti miseri stracci più volte rattoppati, si diceva e si credeva avessero malie strane e odiassero sia i grandi che i piccini, per questi allora non vi era peggior babau: meglio evitarli non incontrarli in strada. Così costretti da questa diceria odiosa a percorrer solitari solitarie vie la vita tutta giorno per giorno fuor che nell'Inverno dall'alba fino a sera tarda e senza sosta curvi e piegati lungo i cigli di rami secondari del Ticino tagliavan di netto con l'acqua sino alle ginocchia, ah povere ossa, teneri giunchi e ne facevan solide fascine. Io bambino "milanese", ospite dei nonni a Motta e non del tutto ignaro di tale cattiva maldicenza, questa devo rigettare e dire forte: "Care figure addio, agrodolce ricordo della fanciullezza!" Volle il caso che per caso li incrociai, cigolava la carriola colma di fascine, forti gli attriti della sgangherata ruota, solo, tremante, impaurito ed alla fuga pronto fui fermato non da callose e ruvide mani né da sdentate e paurose bocche ma da due ciau e da larghi sorrisi accompagnati da gesti in forma di saluto: non membra d'orchi ma di persone umane! Vita misera e piena di tristezze se non dolore: per poche lire un certo Giovanö prendeva le fascine! Mani esperte rapide le sue e veloci ed ecco cesti, cestini, fiaschi impagliati e damigiane di vesti intrecciate rivestite e belle, centri, centrini, sporte e sottovasi: parte all'industria, parte alle osterie, il resto infine lo vendeva Ghita la moglie col suo banchetto di sabato al mercato. Di tutti forse la miglior ma pur sempre vita grama!
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