Le migliori poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia

Stupore

Perché mai a tal punto singolare?
Questa e non quella? E qui che ci sto a fare?
Di martedì? In una casa e non nel nido?
Pelle e non squame? Non foglia, ma viso?
Perché di persona una volta soltanto?
E sulla terra? Con una stella accanto?
Dopo tante ere di non presenza?
Per tutti i tempi e tutti gli ioni?
Per i vibrioni e le costellazioni?
E proprio adesso? Fino all'essenza?
Sola da me e con me? Perché mi chiedo,
non a lato, né a miglia di distanza,
non ieri, né cent'anni addietro, siedo
e guardo un angolo buio della stanza
come, rizzato il capo, sta a guardare
la cosa ringhiante che chiamano cane?
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    Scritta da: Andrea De Candia

    Lirica antica

    Caro, dammi parole di fiducia
    per te, mio uomo, l'unico che amassi
    in lunghi anni di stupido terrore,
    fa che le mani m'escano dal buio
    incantesimo amaro che non frutta...
    Sono gioielli, vedi, le mie mani,
    sono un linguaggio per l'amore vivo
    ma una fosca catena le ha ben chiuse
    ben legate ad un ceppo. Amore mio
    ho sognato di te come si sogna
    della rosa e del vento,
    sei purissimo, vivo, un equilibrio
    astrale, ma io sono nella notte
    e non posso ospitarti. Io vorrei
    che tu gustassi i pascoli che in dono
    ho sortiti da Dio, ma la paura
    mi trattiene nemica; oso parole,
    solamente parole e se tu ascolti
    fiducioso il mio canto, veramente
    so che ti esalterai delle mie pene.
    Composta venerdì 10 aprile 2015
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      Scritta da: Andrea De Candia

      Elogio dei sogni

      In sogno
      dipingo come Vermeer.

      Parlo correntemente il greco
      e non soltanto con i vivi.

      Guido l'automobile,
      che mi obbedisce.

      Ho talento,
      scrivo grandi poemi.

      Odo voci
      non peggio di autorevoli santi.

      Sareste sbalorditi
      dal mio virtuosismo al pianoforte.

      Volo come si deve,
      ossia da sola.

      Cadendo da un tetto
      so cadere dolcemente sul verde.

      Non ho difficoltà
      a respirare sott'acqua.

      Non mi lamento:
      sono riuscita a trovare l'Atlantide.

      Mi rallegro di sapermi sempre svegliare
      prima di morire.

      Non appena scoppia una guerra
      mi giro sul fianco preferito.

      Sono, ma non devo
      esserlo, una figlia del secolo.

      Qualche anno fa
      ho visto due soli.

      E l'altro ieri un pinguino.
      Con la massima chiarezza.
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        Scritta da: Andrea De Candia

        L'odio

        Guardate com'è sempre efficiente,
        come si mantiene in forma
        nel nostro secolo l'odio.
        Con quanta facilità supera gli ostacoli.
        Come gli è facile avventarsi, agguantare.

        Non è come gli altri sentimenti.
        Insieme più vecchio e più giovane di loro.
        Da solo genera le cause
        che lo fanno nascere.
        Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
        L'insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza.

        Religione o non religione -
        purché ci si inginocchi per il via.
        Patria o no -
        purché si scatti alla partenza.
        Anche la giustizia va bene all'inizio.
        Poi corre tutto solo.
        L'odio. L'odio.
        Una smorfia di estasi amorosa
        gli deforma il viso.

        Oh, quegli altri sentimenti -
        malaticci e fiacchi.
        Da quando la fratellanza
        può contare sulle folle?
        La compassione è mai
        giunta prima al traguardo?
        Il dubbio quanti volenterosi trascina?
        Lui solo trascina, che sa il fatto suo.

        Capace, sveglio, molto laborioso.
        Occorre dire quanti canzoni ha composto?
        Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
        Quanti tappeti umani ha disteso
        su quante piazze, stadi?

        Diciamoci la verità:
        sa creare bellezza.
        Splendidi i suoi bagliori nella notte nera.
        Magnifiche le nubi degli scoppi nell'alba rosata.
        Innegabile è il pathos delle rovine
        e l'umorismo grasso
        della colonna che vigorosa le sovrasta.

        è un maestro del contrasto
        tra fracasso e silenzio,
        tra sangue rosso e neve bianca.
        E soprattutto non lo annoia mai
        il motivo del lindo carnefice
        sopra la vittima insozzata.

        In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
        Se deve aspettare, aspetterà.
        Lo dicono cieco. Cieco?
        Ha la vista acuta del cecchino
        e guarda risoluto al futuro
        - lui solo.
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          Scritta da: Andrea De Candia

          Ad ognuno un giorno

          A ognuno un giorno muore un proprio caro,
          tra l'essere e il non essere
          è costretto a scegliere il secondo.

          È duro riconoscere che è un fatto banale,
          incluso nel corso degli eventi,
          conforme a procedura,

          prima o poi inserito nell'ordine del giorno,
          della sera, della notte, di un pallido mattino;

          scontato come una voce dell'indice,
          come un paragrafo del codice,
          come una data qualsiasi
          del calendario.

          Ma è il diritto e il rovescio della natura.
          Il suo omen e amen distribuiti a caso.
          La sua casistica e la sua onnipotenza.

          Solo ogni tanto
          ci mostra un po' di cortesia -
          i nostri cari morti
          ce li butta nei sogni.
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            Scritta da: Andrea De Candia

            Una vita all'istante

            Una vita all'istante.
            Spettacolo senza prove.
            Corpo senza modifiche.
            Testa senza riflessione.

            Non conosco la parte che recito.
            So solo che è la mia, non mutabile.

            Il soggetto della pièce
            va indovinato direttamente in scena.

            Mal preparata all'onore di vivere,
            reggo a fatica il ritmo imposto dell'azione.
            Improvviso, benché detesti improvvisare.
            Inciampo a ogni passo nella mia ignoranza.
            Il mio modo di fare sa di provinciale.
            I miei istinti hanno del dilettante.
            L'agitazione, che mi scusa, tanto più mi umilia.
            Sento come crudeli le attenuanti.

            Parole e impulsi non revocabili,
            stelle non calcolate,
            il carattere come un capotto abbandonato in corsa -
            ecco gli esiti penosi di tale fulmineità.

            Poter provare prima, almeno un mercoledì,
            o replicare ancora una volta, almeno un giovedì!
            Ma qui già sopraggiunge il venerdì
            con un copione che non conosco.
            Mi chiedo se sia giusto
            (con voce rauca,
            perché neanche l'ho potuta schiarire tra le quinte).

            Illusorio pensare che sia solo un esame superficiale,
            fatto in un locale provvisorio. No.

            Sto sulla scena e vedo quant'è solida.
            Mi colpisce la precisione di ogni attrezzo.
            Il girevole è già in funzione da tempo.
            Anche le nebulose più lontane sono state accese.
            Oh, non ho dubbi che questa sia la prima.
            E qualunque cosa io faccia,
            si muterà per sempre in ciò che ho fatto.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              Sono un uomo ferito.
              E me ne vorrei andare
              e finalmente giungere,
              pietà, dove si ascolta
              l'uomo che è solo con sé.
              Non ho che superbia e bontà.
              E mi sento esiliato in mezzo agli uomini.
              Ma per essi sto in pena.
              Non sarei degno di tornare in me?
              Ho popolato di nomi il silenzio.
              Ho fatto a pezzi cuore e mente
              per cadere in servitù di parole?
              Regno sopra fantasmi.
              O foglie secche,
              anima portata qua e là...
              no, odio il vento e la sua voce
              di bestia immemorabile.
              Dio, coloro che t'implorano
              non ti conoscono più che di nome?
              M'hai discacciato dalla vita.
              Mi discaccerai dalla morte?
              Forse l'uomo è anche indegno di sperare.
              Anche la fonte del rimorso è secca?
              Il peccato che importa,
              se alla purezza non conduce più.
              La carne si ricorda appena
              che una volta fu forte.
              È folle e usata, l'anima.
              Dio guarda la nostra debolezza.
              Vorremmo una certezza.
              Di noi nemmeno più ridi?
              E compiangici dunque, crudeltà.
              Non ne posso più di stare murato
              nel desiderio senza amore.
              Una traccia mostraci di giustizia.
              La tua legge qual è?
              Fulmina le mie povere emozioni,
              liberami dall'inquietudine.
              Sono stanco di urlare senza voce.
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                Scritta da: Andrea De Candia
                E tu che hai messo mano al mio dolore
                con la dolcezza che distingue il bene
                padre esemplare di un retta schiera
                di progenie devota benedetto
                sei per quella tua ripida pazienza
                conoscitrice delle cose insane
                né ti fa meraviglia l'ardua specie
                del dolore scoperto alle tue mani
                può venir palpitante una fanciulla
                ed un brivido assurdo: sei l'umano
                incarnato nell'era degli dei.
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