Sotto un lembo di cielo spogliato gocce di luna e di colore scivolano leggere come perle di mercurio, la vergogna sopravvive nel sipario delle abitudini là dove il tramonto d'un bagliore moribondo incupisce senza vaghezza la strada del tormento. Sentire la vertigine che inganna gli anni, aprire cascate di luce nel ghiacciaio dell'universo, capire gli uomini, per distrarsi dalla solitudine popolata dal silenzio dei ricordi, amare senza misura con la fame dell'anima che fa vacillare il cielo mentre la fine è lì, invisibile, simile a cuscinetti di aliti infedeli. L'ultimo crepuscolo s'innalza a consacrare le agonie solenni annunciate, per sprofondare nella palude della tristezza; il regno delle rovine perpetua la voglia di vivere per ritagliare istanti nel velluto del tempo. La giovinezza non ha illusioni quando la natura inganna, la vecchiaia, invece, torna su come una nausea a presagire nella breve trasparente eternità la fine di un giorno che sa di crudo sarmento.
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