Soltanto echi di pietra dei miei occhi, palpebre condannate a cecità, ventre tattile mima affusolandosi le doglie di quel parto misterioso,
O piangere le lettere di lacrime, usando il rigo come fazzoletto, andare a capo è aversele asciugate – illuso solamente, questo sono! – e ancora piango, utero, la mano, grida il suo movimento cuccioli di parole, madre prolificissima si mostra tutto l'aborto spontaneo del sangue che diviene infine nero, ché troppo a lungo mi è rimasto dentro!
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