Scendere in strada come nel profondo Inferno, fendere il suo sonno buio, negli Inferi del più infinito altro a farsi incontenibile, la Notte, la visione della sua pelle rosea cadde da altezze vigili di sguardi, così anche la lacrima celeste s'addormentò nel lutto, seppellì nell'ideale il fuoriuscito cranio, le stelle troppe, distanti e minuscole, a far risorgere con un incendio la luce, sotto la forma di un pianto – fu che non si conobbe la sua origine o come la si fosse già saputa fin troppo, null'altro restava in serbo – sopra era una pupilla dilatata come il mistero a urlare nel silenzio di rimanere tale ancora e sempre – altrove dove invece era celeste era il visitatore alla sua tomba a gettarsi col suo corpo di pianto, fiore di generoso sacrificio, come un voler non ritornare indietro in quell'eternità in quell'istante.
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