Scritta da: Andrea De Candia
Vino di inchiostro imprime fuori essenza,
dov'è il suo labbro, notte beve e succhia,
eppure, sopra, immagini ingannevoli
di uno specchio innalzato, fazzoletti
intrisi d'olio di lutto, le stelle
cuccioli lacrimanti partoriti
dai ventri palpebrali del silenzio,
non donna incinta più di nove mesi,
nella circonferenza del visibile
la mano assente inzuppa il suo biscotto
di luna, morsi addentanti le fasi,
girotondo dell'eterno ritorno,
sguardo attorno alla giostra, bimbo antico,
la non più pelle della luce cadde
come un vestito molle ormai nell'acqua divorato da predatori d'onde
lasciò da solo l'osso della seppia
che non sa del suo lascito di inchiostro
ché volle sprofondare nell'oblio
in assenza di fogli ad attutire,
copertura violenta del celeste,
dell'alt (r)a acqua, della spiaggia del sole
della sabbia dei raggi, ché il suo pugno
delle palpebre chiuse ricevette.

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