Vino di inchiostro imprime fuori essenza, dov'è il suo labbro, notte beve e succhia, eppure, sopra, immagini ingannevoli di uno specchio innalzato, fazzoletti intrisi d'olio di lutto, le stelle cuccioli lacrimanti partoriti dai ventri palpebrali del silenzio, non donna incinta più di nove mesi, nella circonferenza del visibile la mano assente inzuppa il suo biscotto di luna, morsi addentanti le fasi, girotondo dell'eterno ritorno, sguardo attorno alla giostra, bimbo antico, la non più pelle della luce cadde come un vestito molle ormai nell'acqua divorato da predatori d'onde lasciò da solo l'osso della seppia che non sa del suo lascito di inchiostro ché volle sprofondare nell'oblio in assenza di fogli ad attutire, copertura violenta del celeste, dell'alt (r)a acqua, della spiaggia del sole della sabbia dei raggi, ché il suo pugno delle palpebre chiuse ricevette.
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