Scritta da: Andrea De Candia
L'orologio del cranio che subisce
il sangue sonnolento dei secondi
lava via le visioni, inosservabili
contraddizioni o lisce coerenze,
fuori all'abitazione del mio corpo
era in visita il vento, la persona
oltre anche l'inesistenza, slegato
al collo delle piante dei due piedi
il guinzaglio dell'ombra, fluttuante,
libero di fuggire scivolando
come olio o gatto nero illuminato
da un fanale perverso, irrompe un soffio,
e il vetro d'ogni compattezza è infranto,
scorrono via come le biglie gli astri,
si versano e ritornano nell'acqua,
e i fazzoletti delle nubi negano
il loro essere dei paracaduti,
bimbe oscillanti su altalene assenti,
gioie minute, c'è un circoscrivibile,
dopo è di nuovo il tuffo nel dolore,
in cui nuotare tra spume e catrame,
dopo è il volto di luna, un ospedale.

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