L'orologio del cranio che subisce il sangue sonnolento dei secondi lava via le visioni, inosservabili contraddizioni o lisce coerenze, fuori all'abitazione del mio corpo era in visita il vento, la persona oltre anche l'inesistenza, slegato al collo delle piante dei due piedi il guinzaglio dell'ombra, fluttuante, libero di fuggire scivolando come olio o gatto nero illuminato da un fanale perverso, irrompe un soffio, e il vetro d'ogni compattezza è infranto, scorrono via come le biglie gli astri, si versano e ritornano nell'acqua, e i fazzoletti delle nubi negano il loro essere dei paracaduti, bimbe oscillanti su altalene assenti, gioie minute, c'è un circoscrivibile, dopo è di nuovo il tuffo nel dolore, in cui nuotare tra spume e catrame, dopo è il volto di luna, un ospedale.
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