Ora dispiega la sua immensità corre come su praterie lo sguardo e trova la ragione delle ali, cavalca i dorsi di cavalli bianchi, spume dirette a una fine irraggiunta, come onde che ritendono alla morte sulla riva di un'assente aldilà. E nella sua pupilla bicolore che cambia il tempo, appare la visione in basso del suo essere formica, la testa è tutto il dorso del suo corpo e trascina una briciola di vita alla tana di una morte comune. Mi sono alzato e deve ricadere quella luce di orgoglio sul mio sguardo come zampillo di fontana torna alla sua bassa origine, finendo. E indietro e dentro torna alle sue tenebre, il nero è bara di un defunto sogno, le palpebre si chinano a ricevere il re, di cui soltanto la corona è una parte visibile del corpo. È cuore e volto, è sangue che fiotta, che ha infranto le barriere della pelle prima del primo istante che ricordi, è corona di spine sul suo capo, è l'urlo materiale del silenzio, è lo spezzare il pane da cui esce la notte, il tondo scheletro dell'ostia, è l'arrivare su un sepolcro d'acqua deposto dalle sue stesse ferite...
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