Le migliori poesie di Rabindranath Tagore

Poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo, nato lunedì 6 maggio 1861 a Calcutta (India), morto giovedì 7 agosto 1941 a Calcutta (India)
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Scritta da: Gabriella Stigliano
Sono irrequieto.
Sono assetato di cose lontane.
La mia anima esce anelando
di toccare l'orlo
dell'oscura lontananza.
O Grande Aldilà,
oh, l'acuto richiamo del tuo flauto!
Dimentico, sempre dimentico,
che non ho ali per volare.
Sono impaziente e insonne,
sono straniero in una terra straniera.
Il tuo alito mi giunge sussurrando
una impossibile speranza.
Il mio cuore comprende il tuo linguaggio
come fosse lo stesso ch'egli parla.
O Lontano-da-cercare,
oh, l'acuto richiamo del tuo flauto!
Dimentico, sempre dimentico,
che non conosco la strada,
che non ho il cavallo alato.
Non c'è nulla che desti il mio interesse,
sono un vagabondo nel mio cuore.
Nella nebbia assolata delle languide ore,
quale visione grandiosa
prende forma nell'azzurro dei cielo!
O Meta Lontanissima,
oh, l'acuto richiamo del tuo flauto!
Dimentico, sempre dimentico,
che tutti i cancelli sono chiusi
nella casa dove vivo solitario!
Rabindranath Tagore
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Non chiesi nulla

    Non chiesi nulla,
    solo mi fermai al limite
    del bosco, dietro un albero. Gli occhi dell'alba
    erano languidi,
    e la rugiada era ancora nell'aria.
    Il delicato profumo dell'erba bagnata
    indugiava nella nebbia
    sottile che avvolgeva
    la terra. Sotto un banano mungevi la mucca
    con le tue mani tenere,
    fresche come il burro.
    Io me ne stavo immobile.
    Non dissi una parola.
    Fu l'uccello che cantò,
    nascosto, dal cespuglio.
    L'albero di mango
    lasciava cadere i suoi fiori sulla strada del villaggio
    e le api venivano ronzando, a una a una.
    Dalla parte dello stagno
    il cancello del tempio
    di Shiva era aperto
    e un fedele aveva iniziato
    il suo canto.
    Con il secchio
    sulle ginocchia
    tu mungevi la mucca.
    Io rimasi con il mio secchio vuoto.
    Non ti venni vicino.
    Il cielo si destò al suono
    del gong del tempio.
    Gli zoccoli delle bestie
    che andavano al pascolo sollevavano la polvere
    della strada.
    Con le brocche piene
    posate sull'anca,
    le donne venivano
    dal fiume.
    I tuoi bracciali
    tintinnavano e la schiuma traboccava dal secchio.
    La mattina passò e io
    non ti venni vicino.
    Rabindranath Tagore
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      Chi sei tu, lettore che leggi
      le mie parole tra un centinaio d'anni?
      Non posso inviarti un solo fiore
      della ricchezza di questa primavera,
      una sola striatura d'oro
      delle nubi lontane.
      Apri le porte e guardati intorno.
      Dal tuo giardino in fiore cogli
      i ricordi fragranti dei fiori svaniti
      un centinaio d'anno fa.
      Nella gioia del tuo cuore possa tu sentire
      la gioia vivente che cantò
      in un mattino di primavera,
      mandando la sua voce lieta
      attraverso un centinaio d'anni.
      Rabindranath Tagore
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        Scritta da: Gabriella Stigliano
        Il mio canto ha deposto ogni artificio.
        Non sfoggia splendide vesti
        né ornamenti fastosi:
        non farebbero che separarci
        l'uno dall'altro, e il loro clamore
        coprirebbe quello che sussurri.

        La mia vanità di poeta
        alla tua vista muore di vergogna.
        O sommo poeta,
        mi sono seduto ai tuoi piedi.
        Voglio rendere semplice e schietta
        tutta la mia vita,
        come un flauto di canna
        che tu possa riempire di musica.
        Rabindranath Tagore
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          Scritta da: Gabriella Stigliano
          Al mattino gettai la mia rete nel mare.
          Trassi dall'oscuro abisso cose di strano
          aspetto e di strana bellezza -
          alcune brillavano come un sorriso,
          alcune luccicavano come lacrime,
          e alcune erano rosee
          come le guance d'una sposa.
          Quando, alla fine del giorno,
          tornai a casa con il mio bottino,
          il mio amore sedeva nel giardino
          sfogliando oziosamente un fiore.
          Esitante deposi ai, suoi piedi
          tutto quello che avevo pescato.

          Lei guardò distrattamente e disse:
          "Che strani oggetti sono questi?
          Non capisco a che possano servire".
          Chinai il capo, vergognoso, pensando:
          "Non ho lottato per conquistarli,
          non li ho comperati al mercato;
          non sono doni degni di lei".
          E per tutta la notte li gettai
          a uno a uno sulla strada.
          Al mattino vennero dei viaggiatori;
          li raccolsero e li portarono
          in paesi lontani.
          Rabindranath Tagore
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            Scritta da: mor-joy

            Petali sulle ceneri

            Credo d'averti visto in sogno
            prima di conoscerti,
            tali sono le precognizioni
            d'Aprile
            prima della pienezza
            primaverile.

            La visione avuta da te
            non è venuta
            quando tutto era impregnato
            dal profumo del sal fiorito,
            quando lo scintillare
            del fiume al tramonto
            aggiungeva una frangia
            al biondeggiare della sabbia,
            quando i frastuoni
            dei giorni estivi
            vagamente s'intrecciavano?

            Sì, ironica e sfuggente
            è stata la visione
            che ho avuto del tuo viso,
            in ore evase
            da ogni realtà!
            Rabindranath Tagore
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              Scritta da: mor-joy

              Ho sognato

              Ho sognato che lei, seduta vicino al mio letto,
              mi sollevava dolcemente con le mani i capelli,
              facendomi sentire la gentilezza delle sue dita.
              Guardavo il suo viso, lottando con le lacrime
              che mi offuscavano lo sguardo,
              finché il languore delle sue dolci parole
              mi fermò il sogno, come una luce iridescente.
              Rabindranath Tagore
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                Scritta da: Gabriella Stigliano
                Destandomi all'alba ho trovato la sua lettera.
                Non so che dica, perché leggere non so.
                Lascerò il savio, solo cò suoi libri, senza
                turbarlo: chi sa mai s'egli possa leggervi dentro?

                Io me la vò posare sulla fronte, io me
                la vò premere sul cuore.
                Quando la notte placida s'inoltr e sorgano
                le stelle ad una ad una, io me la spiegherò
                sul grembo, e rimarrò in silenzio.
                Ad alta voce me la leggeranno stormendo le foglie,
                me la intonerà la correntìa
                del torrente, e le sette stelle veggenti me
                la canteranno dal cielo.

                Non riesco a trovare quel che cerco;
                non posso comprendere ciò che sapere vorrei;
                ma questo messaggio non letto mi ha già reso
                più lieve ed ha cambiato in cantici i miei pensieri.
                Rabindranath Tagore
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