Scritta da: Eclissi

Sensazione

I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme.
Fremo per la mia allegria.
A volte mi sento invadere da
una vaga, fredda, triste, implacabile
quasi-concupiscente spiritualità.

Mi fa tutt'uno con l'erba.
La mia vita sottrae colore a tutti i fiori.
La brezza che sembra restia a passare
scrolla dalle mie ore rossi petali
e il mio cuore arde senza pioggia.

Poi Dio diventa un mio vizio
e i divini sentimenti un abbraccio
che annega i miei sensi nel suo vino
e non lascia contorni nei miei modi
di vedere Dio fiorire, crescere e splendere.

I miei pensieri e sentimenti si confondono e formano
una vaga e tiepida anima-unità.
Come il mare che prevede una tempesta,
un pigro dolore e un'inquietudine fanno di me
il mormorio di un incalzante stormo.

I miei inariditi pensieri si mescolano e occupano
le loro interpresenze, e usurpano
gli uni il posto degli altri. Non distinguo
nulla in me tranne l'impossibile
amalgama delle molte cose che sono.

Sono un bevitore dei miei pensieri
l'essenza dei miei sentimenti inonda la mia anima...
La mia volontà vi si impregna.
Poi la vita ferma un sogno e fa sfiorire
la bellezza nel dolore dei miei versi.
Fernando Pessoa
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    Scritta da: Eclissi

    Ode alla notte

    Vieni, Notte antichissima e identica,
    Notte Regina nata detronizzata,
    Notte internamente uguale al silenzio, Notte
    con le stelle, lustrini rapidi
    sul tuo vestito frangiato di Infinito.

    Vieni vagamente,
    vieni lievemente,
    vieni sola, solenne, con le mani cadute
    lungo i fianchi, vieni
    e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
    fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
    fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,
    cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
    tutte le strade che la salgono,
    tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,

    tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
    e lascia solo una luce, un'altra luce e un'altra ancora,
    nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
    nella distanza subitamente impossibile da percorrere.

    Nostra Signora
    delle cose impossibili che cerchiamo invano,
    dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
    dei propositi che ci accarezzano
    sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
    al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
    e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.

    Vieni e cullaci,
    vieni e consolaci,
    baciaci silenziosamente sulla fronte,
    cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d'essere baciati
    se non per una differenza nell'anima
    e un vago singulto che parte misericordiosamente
    dall'antichissimo di noi
    laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
    i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
    perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
    essere nella vita.

    Vieni solennissima,
    solennissima e colma
    di una nascosta voglia di singhiozzare,
    forse perché grande è l'anima e piccola è la vita,
    e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
    e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
    e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.

    Vieni, dolorosa,
    Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi,
    Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
    fresca mano sulla fronte febbricitante degli Umili,
    sapore d'acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.

    Vieni, dal fondo
    dell'orizzonte livido,
    vieni e strappami
    dal suolo dell'angustia in cui io vegeto,
    dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
    dal quale naturalmente sono spuntato.

    Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
    e fra erbe alte margherita ombreggiata,
    petalo per petalo leggi in me non so quale destino
    e sfogliami per il tuo piacere,
    per il tuo piacere silenzioso e fresco.

    Un petalo di me lancialo verso il Nord,
    dove sorgono le città di oggi il cui rumore ho amato come un corpo.
    Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
    dove sono i mari e le avventure che si sognano.

    Un altro petalo verso Occidente,
    dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
    e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
    dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.

    E l'altro, gli altri, tutti gli altri petali
    – oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! –
    affidali all'Oriente,
    l'Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
    l'Oriente pomposo e fanatico e caldo,
    l'Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
    l'Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
    l'Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
    tutto quanto noi non siamo,
    l'Oriente dove – chissà – forse ancor oggi vive Cristo,
    dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto...

    Vieni sopra i mari,
    sopra i mari maggiori,
    sopra il mare dagli orizzonti incerti,
    vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
    e calmalo misteriosamente,
    o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!

    Vieni, premurosa,
    vieni, materna,
    in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
    al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
    e che vedesti nascere Geova e Giove,
    e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio,
    e il grande Spazio Misterioso al di la di essi... Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
    avvolgi nel tuo mantello leggero
    il mio cuore... Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
    tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
    con le stelle che brillano (o Travestita dell'Oltre!),
    polvere di oro sui tuoi capelli neri,
    e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.

    Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
    Quando tu entri ogni voce si abbassa
    Nessuno ti vede entrare
    Nessuno si accorge di quando sei entrata,
    se non all'improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
    che tutto perde i contorni e i colori,
    e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all'orizzonte,
    già falce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno.
    Fernando Pessoa
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      Isole Fortunate

      Quale voce viene sul suono delle onde
      che non è la voce del mare?
      È la voce di qualcuno che ci parla,
      ma che, se ascoltiamo, tace,
      proprio per esserci messi ad ascoltare.

      E solo se, mezzo addormentati,
      udiamo senza sapere che udiamo,
      essa ci parla della speranza
      verso la quale, come un bambino
      che dorme, dormendo sorridiamo.

      Sono isole fortunate,
      sono terre che non hanno luogo,
      dove il Re vive aspettando.
      Ma, se vi andiamo destando,
      tace la voce, e solo c'è il mare.
      Fernando Pessoa
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        Scritta da: Young Dreamer ...
        E dopotutto ci sono tante consolazioni!
        C'è l'alto cielo azzurro, limpido e sereno,
        in cui fluttuano sempre nuvole imperfette.
        E la brezza lieve [...]
        e, alla fine, arrivano sempre i ricordi,
        con le loro nostalgie e la loro speranza,
        e un sorriso di magia alla finestra del mondo,
        quello che vorremmo,
        bussando alla porta di quello che siamo.
        Fernando Pessoa
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          Scritta da: Virgink

          Lisbon revisited (1926)

          Nulla mi lega a nulla.
          Voglio cinquanta cose allo stesso tempo.
          Bramo con un'angoscia di fame di carne
          quel che non so cosa sia -
          definitamente l'indefinito...
          Dormo irrequieto e vivo in un irrequieto sognare
          di chi dorme irrequieto, mezzo sognando.
          Mi hanno chiuso tutte le porte astratte e necessarie,
          Hanno abbassato le tende dal di dentro di ogni ipotesi che avrei potuto vedere dalla via.
          Non c'è nel vicolo trovato il numero di porta che mi hanno dato.
          Mi sono svegliato alla stessa vita a cui mi ero addormentato.
          Perfino i miei eserciti sognati sono stati sconfitti.
          Perfino i miei sogni si sono sentiti falsi nell'essere sognati.
          Perfino la vita solo desiderata mi stanca; perfino questa vita...
          Comprendo a intervalli sconnessi;
          scrivo a intervalli di stanchezza;
          e perfino un tedio del tedio mi getta sulla spiaggia.
          Non so quale destino o futuro compete alla mia angoscia disalberata;
          non so quali isole del Sud impossibile mi aspettano naufrago;
          o quali palmeti di letteratura mi daranno almeno un verso.
          No, non so né questo né altro né niente...
          E in fondo al mio spirito, dove sogno quel che sognai,
          nelle estreme pianure dell'anima, ove ricordo senza motivo
          (il passato è una nebbia naturale di lacrime false),
          nelle strade, nei sentieri di remote foreste
          ove ho supposto il mio essere,
          fuggono in rotta, ultimi resti
          dell'illusione finale,
          i miei sognati eserciti, sconfitti senza essere esistiti,
          le mie coorti ancora da esistere, sgominate in Dio.
          Fernando Pessoa
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            Scritta da: Ma Na
            Se io, ancor che nessuno,
            potessi avere sul volto
            quel lampo fugace
            che quegli alberi hanno,
            avrei quella gioia
            delle cose al di fuori,
            perché la gioia è dell'attimo;
            dispare col sole che gela.
            Qualunque cosa m'avrebbe meglio
            giovato della vita che vivo -
            vivere questa vita di estraneo
            che da lui, dal sole, mi era venuta!
            Viaggiare! Perdere paesi!
            Essere altro costantemente,
            non avere radici, per l'anima,
            da vivere soltanto di vedere!
            Neanche a me appartenere!
            Andare avanti, andare dietro
            l'assenza di avere un fine,
            e l'ansia di conseguirlo!
            Viaggiare così è viaggio.
            Ma lo faccio e non ho di mio
            più del sogno del passaggio.
            Il resto è solo terra e cielo.
            Fernando Pessoa
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