Le migliori poesie di Aleksander Blok


Il silenzio fiorisce

Qui il silenzio fiorisce movendo
il pesante vascello dell'anima,
e il vento, cane docile, lambisce
i giunchi appena incurvati.

Qui il desiderio in un'insenatura
vuota fa attraccare i suoi vascelli.
E in questa quiete è dolce non sapere
dei murmuri lontani della terra.

Qui a lievi immagini, a lievi pensieri
io consacro i miei versi,
e con un languido fruscío li accolgono
le armoniose correnti del fiume.

Abbassando le ciglia con languore,
voi, fanciulle, nei versi avete letto
come le gru da una pagina all'altra
siano volate nella lontananza.

Ed ogni suono era per voi allusione
e sonava ineffabile ogni verso.
Ed amavate nell'ampia largura
delle mie rime scorrevoli.

E ciascuna per sempre ha conosciuto
e non potrà dimenticare mai
come baciava, come s'avvinghiava,
come cantava l'acqua silenziosa.
Aleksander Blok
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    Scritta da: Maresa Schembri
    Sì. Detta così l'ispirazione:
    la mia libera fantasia s'appiglia
    sempre a quei luoghi dov'è umiliazione,
    dov'è sporcizia e tenebra e indigenza.
    Laggiù, laggiù, con più umiltà, più in basso, -
    di là si scorge meglio un altro mondo...
    Hai mai visto i bambini a Parigi
    o sul ponte i poveri d'inverno?
    Dischiudi gli occhi, schiudili al più presto
    sul fittissimo orrore della vita,
    prima che un grande nubifragio spazzi
    tutto quello che c'è nella tua patria, -
    lascia maturare il giusto sdegno,
    prepara al lavoro le braccia...
    E se non puoi, fa sì che in te si accumuli
    e divampi il fastidio e la mestizia...
    Ma di questo vivere mendace
    cancella l'untuoso rossetto
    e, come talpa timida, nasconditi
    sotto terra alla luce ed impietrisci,
    tutta la vita odiando con ferocia
    e tenendo in dispregio questo mondo,
    e, anche se tu non veda l'avvenire,
    dicendo no alle cose del presente!
    Aleksander Blok
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      L'accenno di un canto primaverile

      Il vento portò da lontano
      l'accenno di un canto primaverile,
      chissà dove, lucido e profondo
      si aprì un pezzetto di cielo.
      In questo azzurro smisurato,
      fra barlumi della vicina primavera
      piangevano burrasche invernali,
      si libravano sogni stellati.
      Timide, cupe e profonde
      piangevano le mie corde.
      Il vento portò da lontano
      le sue squillanti canzoni.
      Aleksander Blok
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        Sulle dune

        A me non piace il vano dizionario
        delle frasi e vocaboli d'amore:
        "Sei mio". "Son tua". "Io t'amo!". "Tuo per sempre".

        A me non piace essere schiavo. Io guardo
        la donna bella in fondo alle pupille
        e le dico: "Stanotte. Sai, domani
        è un altro giorno, nuovo e bello. Vieni.
        Portami una follia nuova, trionfale.
        All'alba me ne andrò via per cantare".

        L'anima mia è semplice. Nutrita
        fu dal vento salmastro e dall'aroma
        resinoso dei pini. Ella è segnata
        dalle impronte medesime che rigano
        la pelle segaligna del mio viso,
        che è bello della squallida bellezza
        delle fredde marine e delle dune.

        Così pensavo lungo la frontiera
        di Finlandia, la lingua decifrando
        strana nei verdi occhi dei Finni scialbi.
        C'era gran pace. Accanto alla banchina
        un treno pronto accese fuoco e fumo.
        Pigra la russa guardia doganale
        riposava su un cumulo di sabbia
        erto, dove finiva il terrapieno.
        Là cominciava un'altra terra, e muta
        una chiesa ortodossa contemplava
        lo sconosciuto estraneo paese.

        Così pensavo. Ed ella sopraggiunse,
        si fermò sulla china: erano gli occhi
        rossi di sabbia e sole. Ed i capelli,
        unti come la resina dei pini,
        cadevan sulle spalle in flutti azzurri.
        S'accostò. S'incrociò il suo ferino
        sguardo col mio sguardo ferino. Rise
        ad alta voce. E gettò contro a me
        un ciuffo d'erba e un pugno d'aurea sabbia.
        Poi con un balzo risalì. Scomparve,
        galoppando al di là del terrapieno.

        La inseguii di lontano. Mi graffiavano
        le felci il volto. Insanguinai le dita,
        mi lacerai il vestito. Ma correvo
        urlando come belva e la chiamavo:
        e la mia voce era suon di corno.
        Ma lei, delineando un'orma lieve
        sulle dune friabili, scomparve
        fra le trame notturne degli abeti.

        Ora io giaccio anelando sulla sabbia.
        Ma ancora nelle mie rosse pupille
        ella corre, ella ride: ed i capelli
        ridono ancora, ridono le gambe,
        ride al vento la veste nella corsa.

        Io giaccio e penso: oggi sarà notte.
        Domani sarà notte. Rimarrò
        qui finché non l'agguanti come fiera
        o col suono di corno della voce
        non le tagli la fuga. E non dirò:
        "Mia. Sei mia". Purché lei mi dica:
        "Son tua! son tua!"
        Aleksander Blok
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          La bellissima dama

          Varco la soglia degli oscuri templi,
          compio una cerimonia disadorna.
          Aspetto lì la Bellissima Dama
          nello scintillio di rosse lampade.

          Nell'ombra accanto ad un'alta colonna
          trepido al cigolare delle porte.
          E mi guarda nel volto, illuminata,
          solo l'immagine, la Sua parvenza.

          Oh, sono avvezzo alle splendenti icone
          della solenne Imperitura Sposa!
          Fuggono in alto per i cornicioni
          sorrisi, favole e sogni.

          Come sono affettuose le candele,
          come consolano le Tue fattezze!
          Io non sento sospiri né loquele,
          ma credo, Amata, nella Tua presenza.
          Aleksander Blok
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            La vergine di Spoleto

            Sottile sei come un cero del tempio,
            l'occhio hai trafitto da spade d'amore.
            Io non ti chiedo un sol bacio: in silenzio
            vorrei deporre sul rogo il mio cuore.

            Io non ti chiedo una sola carezza:
            t'offenderebbe la mia rozza mano.
            Ma dal cancello ti guardo in purezza
            rose di porpora cogliere e t'amo.

            Sempre ti bruciano i raggi del sole
            e via t'involi sul vento che fugge.
            Su te c'è un angelo senza parole:
            io gusto in cuore il dolor che mi strugge.

            Mentre t'intreccio nei riccioli, adagio,
            dei versi ignoti gli strani diamanti,
            getto il mio cuore invaghito nel lago
            meraviglioso degli occhi raggianti.
            Aleksander Blok
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