Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, nonostante nei mesi precedenti ne avessi avuta più di un'occasione, ma di sicuro non l'avrei immaginata così. Con il fiato sospeso, fissavo gli occhi scuri del cacciatore, dall'altra parte della stanza stretta e lunga, e lui ricambiava, con uno sguardo garbato. Era senz'altro una bella maniera di morire, sacrificarmi per un'altra persona, qualcuno che amavo. Una maniera nobile, anche. Conterà pur qualcosa. Sapevo che se non fossi mai andata a Forks non mi sarei trovata di fronte alla morte. Per quanto fossi terrorizzata, però, non riuscivo a pentirmi di quella scelta. Se la vita ti offre un sogno che supera qualsiasi tua aspettativa, non è giusto lamentarsi perché alla fine si conclude. Il cacciatore fece un sorriso amichevole e si avvicinò con un passo lento e sfrontato, pronto a uccidermi.
"Pensi che migliorerò mai?", chiesi più a me stessa che a lui. "Che un giorno il mio cuore la smetterà di cercare di uscirmi dal petto ogni volta che mi sfiori?"
Non mi concedevo mai di pensare a lui. In questo cercavo di essere molto rigida. Ovviamente, ogni tanto cedevo; infondo ero un essere umano. Ma pian piano ci avevo fatto il callo, tanto da riuscire a evitare il dolore per giorni interi. Il prezzo da pagare era un interminabile annebbiamento. Tra il dolore e il nulla, avevo scelto il nulla.
Si scostò di pochi centimetri per guardarmi, ma i suoi occhi non facevano niente per assecondare la mia decisione. Erano fuoco nero. Ardevano. "Perché?", chiese di nuovo, a voce bassa e ruvida. "Ti amo. Ti voglio. Adesso". "Aspetta, aspetta", cercai di dire, aggirando le sue labbra. "Io no di certo", mormorò. "Per favore", esclamai. Con una smorfia si allontanò da me e rotolò sul fianco.
- "Mi manchi" sussurrai. - "Lo so, Bella. Credimi, lo so. È come se ti fossi portata via metà di me stesso" - "E allora vieni a riprendertela" - "Presto, il più presto possibile. Prima ti salverò" - "Ti amo".
Se avessi potuto fare di testa mia, avrei passato ogni giorno a baciare Edward. Nella mia vita non c'era niente di paragonabile alle sue labbra fredde e marmoree, ma sempre così delicate mentre si muovevano assieme alle mie.
Per un attimo mi sentii un bambino, un bambino che aveva trascorso tutta la sua vita nella stessa cittadina. Un bambino e nient'altro. Perché sapevo che avrei dovuto vivere molto di più, soffrire molto di più, per capire il tormento lancinante che traspariva dagli occhi di Edward.
Non ero io quello a cui era destinata a dire sì. Sarebbe stato qualcun altro, qualcuno di umano e caloroso. E non avrei potuto permettermi, un giorno, quando avrebbe detto di sì, di cacciarlo e poi ucciderlo, perché lei lo meritava, chiunque fosse. Meritava felicità e amore con chiunque avrebbe scelto. Glielo dovevo, fare la cosa giusta; non potevo più fingere che fossi in pericolo di innamorarmi di questa ragazza. Dopo tutto, non importava se fossi partito, perché Bella non mi avrebbe mai visto nel modo in cui speravo mi vedesse. Non mi avrebbe mai visto come qualcuno degno di amore. Mai. Poteva un cuore morto e freddo spezzarsi? Mi sembrò che il mio potesse farlo. "Edward," disse Bella. Rimasi di ghiaccio, fissando i suoi occhi chiusi. Si era svegliata, scoprendomi qui? Sembrava addormentata, però la sua voce era stata così chiara... Sospirò calma, e poi si mosse di nuovo irrequieta, rotolando da un lato, ancora addormentata e sognante. "Edward," mormorò dolcemente. Mi stava sognando. Poteva un cuore morto e freddo battere di nuovo? Mi sembrò che il mio fosse sul punto di farlo. "Resta," sospirò. "Non andare. Ti prego... non andare." Mi stava sognando, e non era neanche un incubo. Voleva che restassi con lei, lì in quel sogno. Lottai per riuscire a descrivere i sentimenti che m'inondarono, ma non avevo parole abbastanza forti per fermarli. Per un lungo momento, annegai in essi.
Allungò di nuovo la sua mano attraverso il tavolo, lentamente e cautamente. Allontanai la mia mano di un centimetro dalla sua, ma lei lo ignorò, determinata a toccarmi. Trattenni il respiro, non per il suo odore adesso, ma per l'improvvisa, confusa tensione. Paura. La mia pelle l'avrebbe disgustata. Sarebbe scappata via. Toccò il dorso leggermente con la punta delle dita. Il calore del suo gentile, volontario tocco era qualcosa che non avevo mai sentito prima. Era quasi puro piacere. Lo sarebbe stato, eccetto per la mia paura. Osservai il suo viso mentre sentiva il freddo ghiaccio della mia pelle, ancora incapace di respirare. Un mezzo sorriso le piegò gli angoli delle labbra.