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Per altro, per avere un'idea d'un dannato dimenticato da Dante, occorrerebbe aver visto Boxtel durante quel tempo. [...] Boxtel, nascosto dietro un piccolo sicomoro che aveva piantato presso il muro e di cui si faceva scudo, seguiva con l'occhio rigonfio, la bocca schiumante, tutti i passi, tutti i gesti del vicino, e quando credeva di vederlo giulivo, quando sorprendeva un sorriso sulle labbra, un lampo di felicità negli occhi di lui, gli inviava allora tante maledizioni, tante furiose minacce, che non si saprebbe concepire come quei soffi appesantiti d'invidia e di collera non andassero ad infiltrarsi nei gambi dei fiori portandovi elementi di decadenza e germi mortali. [...] Allora, dopo la fase dell'ammirazione, da cui non poteva esimersi, subiva la febbre dell'invidia, del male che rode il petto e che muta il cuore in una miriade di serpentelli che fra loro si divorano, infame sorgente di orribili dolori. [...] Il terribile, però, delle idee malvage sta in ciò che a poco a poco gli spiriti malvagi con esse si familiarizzano. [...] Forse l'invidioso non avrebbe ceduto al semplice desiderio di vendetta che gli mordeva il cuore, se a sostegno del demone dell'invidia non fosse sorto il demone della cupidigia.

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