Scritto da: Violetta Serreli
Eppure mi sento così triste. La mia infanzia e la mia adolescenza si sgretolano giorno dopo giorno, perdendo quei punti di riferimento che mi hanno aiutato a superare difficoltà, incomprensioni, odii sconosciuti alla mia famiglia. Sentimenti contrastanti che mi hanno portato al bianco e al nero della mia anima. Anni molto bui, talvolta di mali desideri. Unico rifugio al mio malessere la musica e il cinema. Cresciuta, direbbe qualcuno, da sola. Ma sola non lo sono effettivamente mai stata. Ero con me stessa. Con me e con tutti i miei miti che, anche se non lo sanno, sono stati come una famiglia. Non esisteva un dialogo, se non nella mia testa, non esistevano abbracci, se non nei miei sogni. Quei padri romantici in cui io non riuscivo a riconoscere fino in fondo il mio. Quei compagni di giochi che non ho mai avuto così fantasiosi, così brillanti. Quei clown nella vita, che hanno costruito il circo delle mie fantasie e delle mie passioni. E quando il circo l'ho vissuto, era tutto così reale. Tutti i miei anni più "veri" vanno via lentamente. Mentre i miei coetanei passeggiavano inerti per le vie del centro, io, sola nel mio mondo assaporavo le mie difficoltà come una sfida da portare avanti contro tutto e contro tutti. Contro tutti, ma mai contro me stessa. Così intenta a scoprire la poesia, le lacrime, le riflessioni, la solitudine e l'amarezza di sogni irraggiungibili. Gli occhi dolci e malinconici di quei miei mille volti inscatolati. Ciao attimi fuggenti, poeti estinti, che avete sbaragliato tutto ciò che non era vita, scoprendo forse, in punto di morte, di non aver vissuto.

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